SPAGNA: ALLARME ROSSO!

Scritto il alle 08:00 da icebergfinanza

Questa volta non vi parlerò delle difficoltà delle banche spagnole o dei bilanci falliti o sull’orlo del afallimento delle regioni spagnole, ne di cds o di rendimenti decennali che rischiano di involarsi sull’altare della speculazione internazionale.

Non c’è bisogno di ricordare la depressione immobiliare o la terribile recessione che sta facendo lievitare la disoccupazione, ne i bilanci falsificati, ne del deficit e dell’asta che caraterizzeranno la prossima settimana finanziaria spagnola. Inutile accennare inoltre  alle inutili opinioni di quattro gatti ormai screditati o alle inutili polemiche tra un professore e un mini napoleon e il governo spagnolo la cui economia è preseduta da un ex banchiere proveniente dalla fallita Lehman Brothers…

No l’allarme rosso riguarda l’incredibile dibattito che si sta svolgendo in seno al parlamento spagnolo, senza dimenticare che puzza di un revival nostalgico della dittatura franchista…

L’austerità fa sempre più male, l’ira della gente cresce e il governo di Mariano Rajoy, nel tentativo forse vano di ridurre le controindicazioni di una pillola amara, punta sulla severità. Solo restringendo gli spazi per la protesta e inasprendo le sanzioni, sembrano essersi detti i ministri del Partido popular, si potrà contenere l’indignazione del popolo spagnolo, asfissiato dalla più grave crisi economica dal ripristino della democrazia nel 1978.


FERMARE LA SPIRALE DI VIOLENZA. Un’indignazione che si è manifestata prima con la cosiddetta “Primavera valenciana” e poi con lo sciopero generale del 29 marzo: a quelle manifestazioni ha risposto il ministro dell’Interno Jorge Fernández Díaz, annunciando al Congresso una riforma «in profondità» del codice penale, con l’obiettivo di fermare quella che ha definito «una spirale di violenza praticata da collettivi antisistema inclini alla guerriglia urbana».
PERICOLOSA RESTRIZIONE DEI DIRITTI. Tuttavia le dure misure annunciate, al di là della persecuzione dei singoli atti violenti, fanno pensare a una «pericolosa restrizione dei diritti», come ha spiegato a Lettera43.it David Bondia, professore di Diritto internazionale pubblico all’Università di Barcellona e direttore dell’Institut de drets humans de Catalunya (Istituto per i diritti umani della Catalogna).  Un’accusa non da poco.
UN INASPRIMENTO DELLE SANZIONI. La riforma propone infatti in primisun inasprimento delle sanzioni per contenere la violenza di strada. Il governo vuole inserire la resistenza passiva tra i reati classificabili come «attentato all’autorità», in modo da poter considerare, ad esempio, un pacifico sit-in degli indignados alla stregua di un attacco violento a un membro della forza pubblica.

C’è poi l’intenzione di applicare ai disordini di piazza, «per motivi di ordine pubblico», alcune norme della legislazione antiterroristica promulgata negli Anni 90 per contenere il kale borroka, la lotta di strada dei manifestanti baschi vicini alla sinistra indipendentista abertzale. «Il governo ha perso il lume della ragione», ha commentato con severità Bondia, «e anche i giudici stanno subendo la pressione del momento, tant’è che ci sono già persone detenute in via preventiva per impedire loro di partecipare alle prossime manifestazioni. Oltre ai tagli di bilancio, in questo Paese si stanno tagliando i diritti civili, cosa ben più grave. Si stanno minando le basi della nostra democrazia, rischiando di tornare indietro di 50 anni».

 

L’ALLARME: DIRITTI CIVILI A RISCHIO. Tra le novità annunciate dal ministro Díaz c’è l’inserimento, tra le «modalità di attacco violento ai funzionari di pubblica sicurezza», anche delle minacce verbali e lancio di oggetti.
Una nuova blindatura al già forte potere della polizia, ricordano le associazioni per i diritti umani, in un Paese che ha gli indici di criminalità più bassi dell’Unione europea e al contempo il tasso di detenuti più alto (157 per ogni 100 mila abitanti).

 

LA RESTRIZIONE SI ESTENDE ANCHE AL WEB. Nella proposta del governo Rajoy anche un attacco diretto a Internet, che sia nel movimento degli Indignados sia nelle proteste delle ultime settimane si è rivelato uno straordinario strumento di aggregazione. Convocare via web e sui social network manifestazioni sospettate di «alterare gravemente l’ordine pubblico» sarebbe considerato reato di organizzazione criminale, punibile con pene fino a 4 anni di carcere.
«Norma eventualmente inapplicabile, oltre che ingiusta», ha precisato Bondia, «perché porterebbe all’arresto di centinaia di migliaia di giovani che usano la Rete come strumento di condivisione di idee e progetti. Nessuno nega che ci siano i violenti e che vadano perseguiti. Il problema, però, è un altro: la gente scende in piazza perché vive disagi enormi, mentre lo Stato è disposto a tutto pur di fornire all’esterno un’immagine di rigore e “pulizia”». Lettera43

Corre voce che persino la rassegna gratuita on line della Camera, dopo innumerevoli altre chiusure chiuderà bottega in seguito ad una richiesta degli editori che non riuscivano più a vendere un straccio di giornale, editori ovviamente tutti figli della libertà senza alcun padrone. Quanto tempo manca alla chiusura di Icebergfinanza?

Possiamo girarci intorno quanto si vuole, ma consiglio di non dimenticare quanto accadde alla Germania del trattato di Versailles e quanto è accaduto recentemente in Grecia!

Ognuno di noi inoltre farebbe bene a non dimenticare chi sono gli uomini che stanno amministrando il rigore e la sobrietà europea…chiunque dimentica il suo passato è destinato prima o poi a riviverlo!

1 commento Commenta
billbill
Scritto il 16 Aprile 2012 at 09:54

Il sequestro delle libertà fa a braccetto col sequestro delle democrazie, che sta accelerando in questi ultimi mesi. Tutti i dittatori finiscono male, ma prima fanno sopportare al popolo pene immense. Il blocco della libertà di espressione su internet sarà il segno tangibile della fine della libertà.

A proposito, avete visto come la Gabanelli (Report) si sia velocemente schierata con i finanzieri psicopatici?

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