SHOCK OIL 2013 ?

Scritto il alle 09:50 da icebergfinanza

Mentre in Cina i dati relativi al settore manifatturiero confermano la recessione globale, con l’undicesimo mese consecutivo di contrazione del settore economico principe e Fedex avverte che … Il rallentamento dell’attività manifatturiera a livello globale pesa sui conti di FedEx, che ha visto calare dell’1,1% l’utile del primo trimestre fiscale e ha tagliato le stime per l’intero anno fiscale 2013. Il colosso mondiale delle spedizioni, il cui andamento è più in generale considerato un termometro dell’economia, come ho scritto in settimana segnalando un possibile iceberg

A proposito carina la correlazione tra gli affari FED e un’eventuale recessione, sotto O due recessioni su due!

” Nel frattempo consiglio a tutti di dare un’occhiata a questo grafico e poi rileggersi il post dal titolo SHOCKOIL Recessione assicurata

E puntuale è arrivata la cavalleria, ovvero il protettorato americano nel mondo arabo, nipoti del destino manifesto, tra le prime vittime dei sicari dell’economia, ha comunicato che …

New York, 19 set. (TMNews) – Crolla il prezzo del petrolio dopo i dati sulle scorte e le ultime dichiarazioni dell’Arabia Saudita. I future sul Brent a novembre sono scesi a 109,21 dollari al barile, toccando il minimo da sei settimane. L’aumento delle scorte di petrolio, superiore alle attese degli analisti, ha causato una immediata la reazione del barile anche a New York: i future del Wti a ottobre cedono a metà giornata il 3,13 per cento, a quota 92,33 dollari.  Nella settimana terminata il 7 settembre, le scorte sono salite di 8,53 milioni di barili a quota 367,62, mentre gli analisti aspettavano un rialzo di 500.000. A fare calare il prezzo del greggio hanno pesato anche le ultime dichiarazioni dell’Arabia Saudita, il maggiore esportatore al mondo, che ha avvertito di essere pronta ad aumentare la produzione per abbassare i prezzi.  “E’ sempre più chiaro che l’Arabia Saudita potrebbe aumentare la produzione”, ha detto Christopher Bellew di Jefferies Bache a Fox News, spiegando che questo ha scatenato una pioggia di vendite tra gli investitori.

Ma andiamo ad ascoltare cosa ci racconta il professor Hamilton su Econbrowser

” By the second time gas threatened $4/gallon in the spring of 2011, the memory of 2008 had receded somewhat, and consumer sentiment fell sharply.  It was much more muted when the same thing happened again just one year later.  And right at the moment?  Consumers seem to be shrugging it off.  Nobody is surprised this time, having seen the same thing twice before over the last year and a half.  Many of the adjustments people are making today were in fact set in motion 4 years ago.

There is quite a bit of empirical support for the claim that the second or third time oil prices move back near a previous high, the economic disruption is significantly less than the first time; see for example the evidence and literature reviewed in my 2003 Journal of Econometrics paper (ungated version here) and two recent surveys [1], [2].

$4/gallon? Been there, done that.

In sintesi le condizioni economiche sono diverse e in questi anni sempre più macchine acquistate hanno ridotto i consumi e l’impatto degli aumenti del petrolio e della benzina.

Un’autorevole opinione anche se resta sullo sfondo, la questione geopolitica IRAN …Manovre navali nel Golfo, dagli Usa un avvertimento  all’Iran  La tensione nel Golfo Persico sale: da domenica gli Usa hanno iniziato qui  manovre navali. L’Iran minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz e bloccare il  suo immenso traffico, compreso il petrolio. Un pericolo concreto? Forse no, ma  si cercano nuove vie di trasporto del greggio. E gli Usa mandano  avvertimenti. LINKIESTA

Nei prossimi mesi osserveremo dove le scommesse della speculazione si dirigeranno probabilmente tutte verso lo stretto di Hormuz!

Nel frattempo è stata inviata a tutti coloro che hanno sostenuto liberamente o vorranno sostenere il nostro viaggio, l’ultima analisi  dal titolo ITALIA:…oltre l’ultima grande occasione! 

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15 commenti Commenta
john_ludd
Scritto il 21 Settembre 2012 at 12:50

Un comment lunghissimo, spero qualcuno lo legga…

PARTE 1

Tra i commenti del post del 20 febbraio cui rimandi uno è il mio, probabilmente tra i meno peggio che ho scritto. Probabilmente perchè il tema energia è stato ed è parte della mia attività professionale. Confermo quanto scritto ma è opportuno riprendere e approfondire. Il ruolo della speculazione non è quello di price maker, il prezzo medio è determinato unicamente dal costo marginale di produzione, dalla domanda, dall’offerta immediatamente disponibile e dall’offerta potenziale che può essere messa a disposizione nel caso in cui si verifichi uno di questi eventi 1) un boom economico con conseguente maggiore richiesta 2) un blocco della produzione determinato da un evento naturale o un grave incidente presso uno dei giacimenti principali 3) una guerra in una zona delicata.

La speculazione non guadagna sul prezzo ma sulla volatilità e quindi determina amplificazioni al ribasso o al rialzo che si innestano su un trend reale. I grandi speculatori conoscono perfettamente i dati di produzione, hanno accesso diretto ai dati riservati delle grandi compagnie internazionali che finanziano sebbene siano all’oscuro della reale entità delle riserve che sono un segreto noto solo ai governi proprietari, alla CIA e al KGB. Avendo accesso anche a ogni tipo di dato economico prima degli altri appena intravedono una possibilità di arbitraggio intervengono massivamente e una volta realizzato un guadagno liquidano le posizioni e si ritirano in attesa della prossima incursione piratesca. Eliminando la speculazione, si otterrebbe un prezzo medio più costante ma non mediamente più basso.

Purtroppo è ancora diffusa l’illusione che il prezzo del petrolio e quindi tutti gli altri che da esso più o meno dipendono, possano tornare indietro ai valori dell’epoca dell’abbondanza. L’epoca dell’abbondanza è finita per sempre. Gli operai di Pomigliano non torneranno a priodurre stabilmente Fiat Panda nè quelli dell’Alcoa torneranno stabilmente a produrre alluminio. La nostra società ha ormai da tempo sbattuto con i limiti termodinamici allo sviluppo, il futuro vedrà meno attività economica, meno PIL, meno produzione pro capite di quanto ne osserviamo oggi. Il peak oil di cui anche il più distratto ha sentito parlare è una realtà. Questo non significa che il petrolio (e il gas e il carbone e i fosfati etc…) finirà tra 20 anni ma che è finito il petrolio a buon mercato.

L’offerta è talmente inelastica che un modesta distruzione di produzione oppure una improvvisa maggiore richiesta non può essere servita se non aprezzi esorbitanti. Ciò che determina il prezzo di un bene non è il costo medio di quel bene ma il costo del decile che costa di più che trascina con sè tutto il resto. Se il costo marginale di produzione del petrolio OPEC è 50$ / barile, quello non OPEC è attorno a 90$. L’incidenza del petrolio OPEC è solo 43% del totale e ha oscillato tra 31 e 33 miliardi di barili dal 2005 a oggi. Il petrolio non OPEC è passato da 40 a 42 miliardi di barili nello stesso periodo grazie alle sabbie bituminose canadesi il cui costo di produzione è 90$. I giacimenti più economici si esauriranno tutti nei prossimi 10 anni tranne quelli OPEC la cui entità reale è un segreto e che sempre più verranno utilizzati dai produttori stessi riducendo l’offerta agli altri.

Le uniche riserve non sfruttate con un costo marginale di produzione presunto attorno a 50$ sono in IRAQ e in IRAN e in misura minore in LIBIA. Giacimenti ancora da sfruttare sono in Venezuela ma è olio pesante di pessima qualità che pone seri problemi e maggiori costi di raffinazione. Il mega giacimento del Mar Caspio è ancora inattivo, i costi sono triplicati rispetto i preventivi e non ci sono date e costi finali certi. Al largo delle coste del Brasile sono stati scoperti giacimenti immensi a 5 kn di profondità e posti sotto uno strato di sale di oltre 1 km. I costi per l’estrazione e lo sfruttamento sono nell’ordine dei trilioni di dollari e neanche una goccia verrà estratta prima del 2025 dato che ancora neppure esiste la tecnologia per il drilling su giacimenti così profondi. Le implicazioni sono estreme. Le autorità non raccontano la verità ai loro sudditi, la crescita in occidente è finita se la si intende come oggi in termini di mero aggregato economico.

john_ludd
Scritto il 21 Settembre 2012 at 12:51

PARTE 2

Questo non vuole dire che non ci saranno quadrimestri o anni con PIL in crescita ma che le recessioni saranno più lunghe e più profonde. Eserciti di economisti falliti parlano oggi di rilancio della crescita attraverso una maggiore produttività quando il problema sempre più manifesto è l’eccesso di produzione. Altri economisti ancora più falliti suggeriscono di rilanciare il PIL definendo obiettivi di crescita nominale e non reale ovvero attraverso l’inflazione che attecchisce eccome sulle materie prime ma che non genera più lavoro, non incrementa i redditi e anzi attraverso la retroazione negativa dell’inflazione sulle meterie prime le deprime.

Non appartengo alla categoria dei catastrofisti, pessimismo e ottimismo sono faccie della stessa medaglia ovvero l’incapacità di osservare la realtà per quello che è realmente. Un giorno avremo un mondo efficente a bassa intensità energetica, termodinamicamente più stabile non perchè va di moda affermarlo ma perchè ciò che guida e decide non è la volontà degli uomini ma le leggi della fisica e il secondo principio della termodinamica vale anche per i sistemi socio-economici: più un sistema è complesso, più energia utilizza per il proprio auto sostentamento, più rapido è il decadimento entropico e maggiore l’instabilità. Tutti i sistemi instabili, nessuno escluso, tendono a una maggiore stabilità che si ottiene con un passaggio di stato più o meno rapido.

Ovviamente il sistema finanziario mondiale attuale basato su uno schema Ponzi ha necessità assoluta di crescita economica nominale elevata necessaria a mantenere l’illusione della solvibilità attarverso la regolare liquidazione degli interessi sul debito accumulato. Quindi ecco perchè i rendimenti sono a zero e lì rimarrano finchè questo zombie si aggirerà sul pianeta terra. Poi un giorno le centinaia di milioni di Will Coyote guarderanno sotto e si accorgeranno di camminare nel vuoto. Allora cadranno insieme al sistema finanziario zombie.

Lascio alcuni link a documenti che toccano questi temi scritti da alcuni dei maggiori esperti (attenzione che in rete il 99% del materiale è puro guano e per ogni commentatore intelligente ci sono 99 cialtroni). Spero possano incuriosire i più attenti e attrarre la loro attenzione sul tema che maggiormente avrà effetto sulla loro vita, figli e nipoti. Chi resta ignorante è carne da cannone.

Gregor McDonal (celebre analista internazionale e blogger) sulla crudele matematica del costo marginale di produzione del petrolio:

http://www.peakprosperity.com/newsletter/martenson-report-cruel-math-marginal-barrel

Dr. Mingqi Li (scienziato cinese professore all’università dello Utah) dimostra che il prezzo crescente del petrolio impone un limite superiore alla crescita economica

http://www.energybulletin.net/stories/2012-03-14/has-global-economy-become-less-vulnerable-oil-price-shocks

Chris Nelder (analista e consulente internazionale sui temi dell’energia) sul fallimento della teoria economica e la grande contrazione che verrà:

http://www.smartplanet.com/blog/energy-futurist/economic-theory-and-the-real-great-contraction/116

David Korowitz (fisico irlandese) sui limiti fisici alla crescita

http://www.energybulletin.net/stories/2011-05-27/world-limits-growth

Tom Murphy (professore di fisica, università della California) sul perchè l’esaurimento delle risorse naturali sono una minaccia ancora più seria del cambiamento climatico:

http://www.321energy.com/editorials/oilprice/oilprice032412.html

Tom Murphy (professore di fisica, università della California) sul perchè l’auto elettrica è un sogno e tale resterà a lungo:

http://physics.ucsd.edu/do-the-math/2012/08/battery-performance-deficit-disorder/#more-1192

sturmer
Scritto il 21 Settembre 2012 at 14:44

john_ludd@finanza,

Ti ringrazio davvero, preferisco sapere invece che continuare a fare lo struzzo!!!!

ilcuculo
Scritto il 21 Settembre 2012 at 15:39

john_ludd@finanza,

Ciao John,
bentornato, per prima cosa complimenti per l’ottima argomentazione ed il sempre sano riferimento ai principi della fisica che se applicati ai sistemi macroeconomici forniscono risultati interessanti e sconcertanti.

Vorrei avere una tua opinione su due punti:

Il primo è che l’infrastruttura mondiale è chiaramente ancora estremamente sbilanciata sul petrolio e questo rendo la domanda estremamente inelastica. Ma le fonti energetice oggi complementari, dal gas al carbone, dal nucleare di III generazione alle biomasse fino alle rinnovabili possono essere sempre più sostenute creando una rete energetica dove si integrano grandi e piccoli produttori in grado di dare elasticità all’offerta.

Il socondo che contemporaneamente si può sviluppare la tecnologia per poter ridurre i consumi a parità di prestazioni: auto ibride, isolamento degli edifici, apparecchi a basso consumo, illuminazione a LED, riciclaggio dei materiali…

Io credo che il segreto della “crescita” stia nello stimolare , attività decisamente politica che definisce come e dove una società alloca le sue risorse migliori, in modo combinato questi due fronti.

Ho letto diversi studi che definivano la “grid parity” di molte fonti energetiche in diversi scenari ma complessivamente , con un costo marginale del petrolio sopra i 90$, preticamente tutte sono interessanti/convenienti.

Diventa un problema infrastrutturale e di investimenti.

L’unico enorme problema è distogliere le risorse che ancora , pesantemente, sovvenzionano in modo palese o occulto il consumo di petrolio e dirottarle sulla creazione delle infrastrutture necessarie per poter sfruttare in modo economico le numerose alternative.

Per fare un paio di esempi semplici:

Un’automobile ibrida di 1000kg (un’auto media) alimentata a metano potebbe tranquillamente fare 50km con un kg di metano

Una centrale a biomassa vergine che si basi su 100 ettari a Pioppeto a rotazione quinquennale (1km quadrato) può fornire energia elettrica e teleriscaldamento a un paese di 2000 abitanti a costi totali competitivi, a bassissimo impatto ambientale.

Mettere in campo le risorse e fare quello che serve per muoverci in queste direzioni è l’investimento miglior e sul futuro che ci darà la crescita, una crescita diversa da quella degli anni ’50 e ’60 della ricostruzione dei primi elettrodomestici e della prima motorizzazione di massa.
Oggi questo tipo di crescita c’è in Brasile, in India, in Angola
La nostra crescita deve esserci ma sarà diversa.

E personalmente penso che se si arrivasse ad avere una moneta associata ad un sottostante energetico tutto il sistema economico ne trarrebbe giovamento.

john_ludd
Scritto il 21 Settembre 2012 at 17:58

ilcuculo@finanza,

Il problema irrisolubile non è la generazione elettrica (dove esistono ampie riserve di carbone e gas naturale e dove solare, vento, nucleare e idroelettrico nel loro complesso contribuiscono a soddifare la domanda per decenni a costi compatibili con la crescita economica) ma il trasporto delle merci dove il ruolo del petrolio è insostituibile per le sue uniche caratteristiche chimico-fisiche: estrema densità energetica, forma liquida, stabilità, facilità di trasporto, facilità di stoccaggio.

Il ruolo del petrolio è destinato a crescere e non a diminuire, malgrado in occidente i consumi siano in calo per una maggior efficenza del parco automezzi, per la stabilizzazione della popolazione e per un cambiamento che ritengo positivamente irreversibile nelle attitudini di consumo da parte del cittadino medio. In occidente ci sono 800 milioni circa di persone, io per esempio. Immaginiamo che il mio consumo sia di 10 barili/anno. L’undicesimo barile non avrà un impatto decisivo sulla qualità della mia vita e difficilmente potrà contribuire a un significativo aumento di quanto produco. Al contrario sono molto sensibile al suo costo perchè la sua utilità è marginale. Un abitante di un paese emergente o che deve ancora emergere è al suo primo barile o al secondo. Per lui quel barile consentirebbe un incremento esplosivo della sua attività economica. Per estremizzare, potrebbe portare le sue merci direttamente al mercato principale con un furgoncino invece che al grossista più vicino su un carretto trainato da animali, quindi vendere molto di più a un prezzo migliore. Farà di tutto per avere quel barile e il suo governo farà di tutto per aiutarlo minimizzando le imposte o persino incentivando l’acquisto di gasolio (tipicamente con esiti disastrosi nel medio termine come in India). Loro però sono 7 miliardi, 10 per ogno di noi.

Dalle nostre parti è certo si venderanno più veicoli alimentati a metano ma contribuirà marginalmente. Infatti, la sostituzione totale richiederebbe la conversione di centinaia di linee di produzione nelle sole aziende di automobili e un numero innumerevole di stazioni di rifornimento e accessorie. Una operazione costosa che richiederbbe in ogni caso oltre un decennio ma che non sarebbe possibile neppure in teoria. Infatti, il metano a differenza del petrolio non è facilmente stoccabile e trasportabile e non è così stabile. Presuppone la presenza di gasdotti capillari che sono presenti solo in alcuni paesi occidentali di estensione piccola o media. Nei paesi emergenti non ci sono gasdotti tranne qualcosa in Cina. Costruirne uno costa decine di miliardi, anni di lavoro e pone problemi geopolitici formidabili. Il consumo di raffinati petroliferi aumenterà quindi costantemente e ineluttabilmente per i prossimi 25 anni a meno di guerre o altri eventi catastrofici. La competizione e la impossibilità di crescere la produzione al passo della domanda porterà in alto i prezzi sino al punto in cui anche nei paesi di più recente industrializzazione il consumo sarà tale per cui il vantaggio del disporre in un nuovo barile pro capite diviene minore del suo maggiore costo.

Quali altre possibilità ? Per gioco immaginiamo di avviare un massivo piano di sostituzione del parco auto nei nostri paesi perchè improvvisamente ci si rende conto che utilizzare un mezzo pesante 1 tonnellata per effettuare un percorso medio di 30 km/giorno a 25 km/ora è assurdo. Le nuove auto in lega di alluminio peseranno 2 quintali e percorreranno 80 km/litro. Quindi problema risolto ? Un certo tipo di problema si ridurrebbe certo di intensità ma al contempo avremmo sostituito un intera industria che produce 90 milioni di automezzi al costo medio di 20 mila euro con una che produce lo stesso numero di automezzi al costo medio di 4 mila euro. Essendo l’industria dell’auto la più importante al mondo e la più interconnessa con la seconda, terza, quarta tipologia di industria… l’impatto sulla crescita, sul PIL etc… avrebbe il segno più o il segno meno ? E naturalmente non risolverebbe il problema degli automezzi pesanti nè allevierebbe le pressioni dei paesi emergenti dove le auto che là si vendono sono di piccolissima cilindrata, roba che una Smart sembra una BMW.

Allora l’ibrido ? Le auto ibride in commercio costano al produttore il 50% in più dell’equivalente a benzina, vengono vendute sotto costo a un microscopico pubblico di amatori che può dire di viaggiare “ecologico”. Ci sarà un giorno un grande parco auto ibrido ? Nel lungo termine saremo tutti morti, diceva Keynes, e il problema è ora, non tra 30 anni e in ogni caso l’ibrido riduce i consumi in modo marginale. Dell’elettrico puro ho scritto nel precedente post e ne scrive assai meglio Tom Murphy cui rimando.

L’importanza del petrolio è persino sottovalutata anche da molti attenti studiosi. La nostra società moderna ha certamente ottenuto sul piano della produzione delle merci un successo strepitoso. Il mondo è percorso da supply chains di estrema complessità gestite da computers. Non esistono ormai più magazzini, nè di beni finiti, nè alimentari. La produzione è ovunque “just in time”, manca un pezzo ? Il sistema automatico lo prevede in anticipo e lancia un lotto di produzione in Cina, in Giappone, in Italia o in Germania. Sia esso un carico di giunti meccanici o di barattoli di caffè, viene caricato su un container e il giorno stabilito, all’ora stabilita giunge in fabbrica o sugli scaffali del supermarket.

Supponiamo allora che a causa di un evento improvviso e inaspettato il flusso di raffinati all’interno di un paese viene a mancare, non necessariamente una guerra, basta uno sciopero selvaggio dei camionisti. Un blocco di 3 giorni determina questo:

1) la scarsità di generi alimentari già evidente dopo le prime 48 ore diviene acuta con negozi presi d’assalto e panico
2) il carburante alle pompe di servizio è esaurito
3) tutte le linee di produzione di tutte le aziende si interrompono
4) gli ATM esauriscono il denaro in banconote
5) gli ospedali non sono più in grado di fornire cure tranne le emergenze

Un blocco di una settimana:

1) si esurisce del tutto il traffico merci
2) gli ospedali esauriscono le scorte di ossigeno e di medicinali

Un blocco di un mese:

1) l’acqua negli acquedotti non è più potabile e deve essere bollita. La mancanza di carburanti determina l’impossibilità di disporre di acqua potabile, problemi gastrointestrinali diventano talmente diffusi da portare al collasso il sistema di salute pubblica
2) l’economia è del tutto bloccata, di fatto si è tornati indietro 200 anni
3) vige il baratto

Fonte: R. Holcomb – When Trucks Stop, America Stops American Trucking Association

Tralasciando la guerra, il blocco del flusso di raffinati può avvenire anche per altre ragioni. Supponiamo che il collasso del sistema finanziario determinato dal fallimento di una grande banca internazionale determini lo stop del flusso di pagamenti, qualcosa che non è successo neppure nel 2008 ma cui si è arrivati molto vicini. Tra le conseguenze c’è lo stop delle supply chain internazionali e del flusso delle merci.

La nostra società è fragile, dipende al 100% da una sola risorsa naturale per la sua sopravvivenza, che non è scarsa ma che tutti vogliono e non è sufficente per assicurare il buon fine di nessuno dei piani di sviluppo di lungo periodo che periodicamente le organizzazioni economiche propinano.

Putroppo il messaggio che ogni giorno viene diffuso è: il prolema è transitorio, l’aereo atterrerà regolarmente, fate buon viaggio, siamo contenti di avervi tra i nostri passeggeri, pensiamo noi a voi.

Vedi per una discussione molto più estesa e più seria:

David Korowicz
Financial System Supply-Chain Cross-Contagion:
a study in global systemic collapse.
30th June (revised) , 2012, Metis Risk Consulting & Feasta
http://www.feasta.org

ilcuculo
Scritto il 21 Settembre 2012 at 18:21

john_ludd@finanza,

Ci sono molti scenari possibili , alcuni più probabili altri meno, è chiaro che la complessità del sistema è causa della sua fragilità.

E’ evidente che il rischio più grande della globalizzazione è proprio la caduta di quei firewall che permettevano di essere tolleranti a guai anche grossi che capitavano altrove.
Oggi uno tzunami sul porto di hongkong potrebbe avere serie ripercussioni su tutta l’economia mondiale .

Ovviamente non c’è UNA soluzione ma tante soluzioni piccole che messe insieme permettono di disaccoppiare almeno in parte un sistema che da orologio perfetto potrebbe trasformarsi in un inservibile rottame in un attimo.

Le aree su cui lavorare sono tante e tu ne conosci più di me , l’importante è avere l’energia , dall’energia elettrica poi con opportuni processi si possono derivare dei combustibili distillati anche da fonti diverse dal petrolio, si lavora molto sulle alghe per esempio.

Anche la delocalizzazione selvaggia in paesi lontani deve rientrare e le produzioni devono rientrare in una logica di mercato di sbocco .

Rispetto a 200 anni fa abbiamo dalla nostra parte una conoscnza scientifica e tecnologica che ci offre opportunità un tempo impensabili . Alla fine il petrolio finirà ma non lo avremo solo bruciato invano perchè l’eredità che ci avrà lasciato sarà il progresso scientifico cui l’uomo non sarebbe mai arrivato se non avesse potuto dirottare, grazie al petrolio , così tanta energia sulla ricerca.

john_ludd
Scritto il 21 Settembre 2012 at 20:58

ilcuculo@finanza,

Non sono un pessimista, come ho scritto, ma il tempo passa e l’entropia aumenta. Ci stiamo scontrando con i limiti fisici allo sviluppo ma per poter essere efficaci questo dovrebbe essere riconosciuto e posto al primo posto di ogni agenda politica ma così non è. Siamo ancora in una fase nella quale l’opinione dei detentori veri o supposti della possibilità di decidere e della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica condividono lo stesso errore di giudizio: ritengono che grazie all’avanzamento della tecnologia siamo comunque in tempo per risolvere ogni problema, è solo questione di tempo e certamente da qualche parte qualche genio scoprirà una fonte di energia pulita, economica e infinita che prontamente sarà adottata e aprirà la porta a un’era dell’abbondanza. Questo perché la cultura scientifica è meno che minoritaria. Ad avere una fiducia messianica nella scienza e nella tecnologia non sono gli scienziati e i tecnologi ma tutti gli altri. Chi ha lavorato nel settore sa che un avanzamento scientifico richiede decenni di studio e che le eventuali applicazioni tecnologiche richiedono studi di fattibilità, prove nelle condizioni più diverse, ingenti capitali a perdere: 10 tentativi affinché uno vada a buon segno. Anche qui ci vogliono anni se non decenni. La teoria che sta dietro alla tecnologia informatica è stata sviluppata in gran parte negli anni 30 e 40, il laser ha oltre mezzo secolo. E’ imperativo da un lato rassegnarsi che non ne usciremo con una magia ma solo in uno di questi due modi 1) con un graduale adattamento alle nuove condizioni, cambiando la struttura della nostra economia dalla base e costruendo un ambiente robusto anziché ottimo (in senso ingegneristico, Nassim Taleb ha divulgato il tema a un pubblico più ampio sfruttando la sua meritata notorietà). Non siamo neppure partiti perché siamo ancora in piena negazione come testimoniano le patetiche o meglio tragiche conferenze sul clima 2) lasciando fare alla natura, in tal caso tra 100 anni saremo tra 800 e 1200 milioni di abitanti come prima del boom iniziato due secoli fa. Non c’è solo il problema energetico, esso è solo il più immediato. Il rendimento agricolo è ormai stabile o in calo ovunque (e in forte calo laddove le richieste di cibo sono più pressanti) perché il terreno come sanno bene i contadini ma non i cittadini si consuma come tutto il resto, perde fosfati e altri nutrienti e lentamente perde la capacità di produrre piante. Malgrado siano oggi in vita più scienziati di quanti ne siano mai vissuti nel corso di tutta la storia, non c’è abbastanza scienza, non c’è abbastanza ricerca. Il denaro si continua a sprecarlo o in attività finanziarie contro producenti o in attività industriali ormai decotte. Il dibattito corrente sul tema dell’auto è un esempio avvilente, non ho letto da nessuna parte una nota alla possibilità che questo mercato sia saturo. E non parlo del caso FIAT è così in ogni paese. C’è sempre qualche ignorante che straparla di temi di cui è totalmente all’oscuro e magari è pure uno di quelli che “conta” e oggi o domani condizionerà le ennesime decisioni sbagliate.

Forse c’è una possibilità ma che non si tradurrà in benessere diffuso ma solo per quelli che sono partiti per tempo. Qua e là nel mondo ci sono isole che hanno adottato metodi nuovi saltando i meccanismi decisionali, senza aspettare che qualcuno in alto prenda una decisione, un piano globale o che arrivino i marziani. Laddove esistono ancora nello stesso luogo competenze scientifiche e tecniche, amministratori lungimiranti, sensibilità da parte della popolazione e mercati dei capitali dove sono ancora presenti veri imprenditori e finanziatori e non solo pagliacci e banchieri pirati qualcosa sta già accadendo. I luoghi però sono sempre quelli, più volte citati, con tutto il rispetto di chi ama l’Italia qui c’è troppo poco, qualche giovanotto di buona volontà che verrà presto risucchiato laddove è in grado di mettere a frutto il proprio talento, e una terribile ignoranza.

Ho pochi dubbi, andiamo verso una fase di de-globalizzazione con il ritorno di molte attività produttive nei luoghi di origine ma senza i posti di lavoro perché guidata dalla tecnologia. Meno commercio, auto-sufficienza energetica e alimentare. La tecnologia del 3D printing avrà nei prossimi 10 anni lo stesso impatto sul mondo della manifattura dei microchip nel mondo dell’elettronica. Nuove opportunità per ingegneri e chimici ma non per gli altri. La forbice si amplierà ancora, chi è stato capace di partire per tempo avrà la possibilità di intraprendere una nuova strada ad altissimo livello tecnologico, basso impatto ecologico e alta efficienza, per gli altri temo il futuro riservi un mondo molto più semplice e meno ricco. Potrebbe anche essere un luogo affascinante il mondo del 2080, ma non per tutti. Oppure un incubo ma bisognerebbe in ogni caso provarci e con tutte le forze.

icebergfinanza
Scritto il 21 Settembre 2012 at 21:43

john_ludd@finanza,

ilcuculo@finanza,

Grazie per il contributo Buona Notte Andrea

ilcuculo
Scritto il 21 Settembre 2012 at 23:40

john_ludd@finanza,

Un punto che mi “conforta” è che siamo andati talmente oltre al necessaaro che un ritracciamento verso configurazioni più robuste e che, ingegneristicamente parlando, incorporino un fattore di sicurezza rassicurante , potrebbe anche non avere un impatto drammatico sulla qualità di vita della maggior parte delle persone di buon senso.

Del resto i rischi più a breve termine per il nostro sistema non vengono dall’esaurimento delle sorgenti ma dalla saturazione dei pozzi. Produciamo e buttiamo molto di più di quanto il sistema permetta di smaltire.

Certo il popolo delle mele morsicate avrà più difficoltà di altri a ritrovare il livello di una ragionevole sostenibilità.

raffaele9
Scritto il 23 Settembre 2012 at 17:26

Interessantissimo l argomento e i”pronostici”: I Vostri commenti mi fanno venire la pelle d’oca ma mi spingono sempre piu’ a cercare un nuovo mercato produttivo su cui investire vita e risorse e da imprenditore Vi chiedo dalle Vostre esperienze se potreste approfondire l argomento”Nuovi Mercati” e o se john ludd sarebbe cosi’ gentile da postare le isole felici di cui accenna su’ e i settori dove poter valutare nuovi investimenti produttivi

Ringrazio tutti

Rafael
l

ilcuculo
Scritto il 23 Settembre 2012 at 17:50

Raffaele ,
imprenditore in che settore ?

raffaele9
Scritto il 23 Settembre 2012 at 19:46

Edile

raffaele9
Scritto il 23 Settembre 2012 at 20:00

te in quale settore?

ilcuculo
Scritto il 23 Settembre 2012 at 20:51

raffaele9@finanzaonline,

Componentistica industriale

ilcuculo
Scritto il 23 Settembre 2012 at 20:55

raffaele9@finanzaonline,

Però io non sono un imprenditore
anche se gestendo una business unit lavoro a stretto contatto con l’imprenditore
ma non è certo la stessa cosa, alla fine i soldi sono i suoi.

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