LA GRANDE ILLUSIONE DEI MERCATI! L'effetto al cardiopalma dell'Inflazione "core".

Scritto il alle 01:56 da icebergfinanza

http://www.flickr.com/photos/fabiovenni/58953498/

La tachicardia secondo la medicina consiste in una aritmia cardiaca determinata dalla stimolazione anomala  di un centro particolare che genera impulsi ed improvvisamente assume il comando del ritmo cardiaco per un tempo più o meno lungo.
 
Si dice che l’inizio della tachicardia non è mai improvviso, ma se non deriva da condizioni patologiche od assunzione di sostanze stupefacenti occorre prendere in considerazione che essa sia dovuta ad uno stato ansiogeno.

Accadde spesso in chi soffre di attacchi di panico, spaventando la persona, che la interpreta come un imminente attacco cardiaco, con conseguente attivazione del sistema ansiogeno.

Bene, quale migliore rappresentazione della realtà attuale dei mercati poteva essere applicata per descrivere un rituale che si compie ogni volta che il mercato è in attesa della diffusione dei dati relativi all’inflazione ed in maniera particolare a quella cosiddetta “core” ed ogni qualvolta i governatori delle banche centrali fanno qualche accenno alle prospettive inflazionistiche.
 
L’ultima scommessa dei mercati per giustificare nuovi record, l’ultima giocata è effettuata sulla roulette delle decisioni della Federal Reserve ed in particolare sul numero che rappresenta un’allentamento della politica monetaria.

Una delle tante illusioni, una pallina che gira all’infinito per giustificare le prospettive di breve termine dei mercati globali.
 
Illusione perché? Semplicemente perché ultimamente ogni qualvolta la FED lancia la sua pallina, dopo una serie infinita di giri che corrisponde alle attese del mercato, essa puntualmente tende a cadere  sulle aspettative di inflazione e non certamente sulla casella di quell’inflazione che i mercati si ostinano a seguire, l’inflazione “core” appunto!

Se leggiamo  le minute relative alle ultime riunioni del FOMC ovvero Federal Open Market Committee, scopriremo che dopo aver rilevato un miglioramento negli ultimi mesi nell’inflazione core ed una moderazione delle pressioni d’inflazione generale, il comitato spesso mette in risalto che “l’elevato livello di utilizzo delle risorse ha il potenziale di sostenere le pressioni inflazionistiche”, evidenziando e sottolineando quindi che i rischi sono tuttora esistenti e che tutto dipende dalle “prospettive” di inflazione future.

Un unico e preciso denominatore comune: “ LE PROSPETTIVE D’INFLAZIONE”

Nell’ultimo bollettino della BCE,e precisamente nell’ “editoriale”, si nota come l’enfasi della Banca Centrale è soprattutto sulle aspettative di inflazione di medio lungo periodo  che restano soggette a rischi al rialzo, con un riferimento costante ad una politica monetaria accomodante e la prospettiva di un intervento tempestivo e fermo per assicurare la stabilità dei prezzi a medio termine.

Rischi al ribasso per quanto riguarda l’analisi economica, prevalentemente di origine esterna, riconducibili ai timori di un aumento delle pressioni protezionistiche, rincari del petrolio e squilibri finanziari globali.

Ma per quanto riguarda l’inflazione i rischi sono evidentemente connessi ad un rialzo del petrolio, a nuovi incrementi dei prezzi amministrati e delle imposte indirette ed nelle sempre più vivaci dinamiche salariali, in considerazione della crescita del mercato del lavoro.
Il Consiglio direttivo ci tiene a far sapere che segue con particolare attenzione le trattative salariali nei paesi dell’area euro.
 
In sintesi, si rimarca l’importanza di guardare oltre la variabilità di breve termine dell’inflazione quindi entrano in ballo come sempre le “aspettative” rilevanti sul medio-lungo termine.

Aspettative e prospettive, nient’altro!

Nonostante la salita del costo del denaro al 4% con la decisione di ieri, la politica monetaria della BCE continua ad essere accomodante, in presenza di condizioni finanziarie favorevoli, di una crescita vigorosa del credito e della massa monetaria, unitamente ad un’ampia liquidità.

Più avanti in un prossimo post, cercheremo di prendere in considerazione ogni aspetto relativo all’espansione della massa monetaria per capire quali possono essere le conseguenze sull’inflazione.

Proviamo ora a conoscere più da vicino. in breve, le conseguenze dell’inflazione sull’economia.

C’è da dire innanzitutto che l’inflazione non comporta minore ricchezza nel suo complesso, ma una vera e propria redistribuzione dei redditi.

I percettori di redditi fissi perderanno potere di acquisto in quanto ad un aumento dei prezzi il loro reddito diminuisce, mentre ne beneficeranno i liberi professionisti, commercianti ed industriali i quali adegueranno i listini e compensi alle mutate condizioni economiche.

Forse sbaglio ma ho come l’impressione che questa sia un’inflazione di tipo creditizio dovuta al mare di liquidità che eccede il fabbisogno in quanto i costi di produzione sono silenziati dalle delocalizzazioni e non credo vi sia un eccesso di domanda rispetto all’offerta.

Perché tanta enfasi sulle prospettive inflazionistiche, perché questo incubo permanente?

Le ragioni stanno scritte nella memoria fossile della Storia, la quale  insegna che una politica monetaria accomodante è la principale responsabile della Grande Inflazione che caratterizzò gli anni a partire dal 1965 sino al 1984 e che quindi una politica monetaria di tipo restrittivo, abbinata ad un maggior prelievo fiscale ed a un contenimento della spesa pubblica sono una delle migliori medicine per contenere e combattere l’inflazione.

Ora frugando nei vari siti di internet ho trovato un interessante articolo che ripercorre in maniera analitica-storica alcuni momenti che caratterizzarono gli anni della Grande Inflazione, con l’aiuto delle minute dei vari FOMC attraverso gli anni ’50/’60/’70, scoprendo quelli  che sono stati gli atteggiamenti della Federal Reserve nel combattere l’inflazione.
 
Nel 1958 il presidente della Fed William Mc ChesneyMartin disse che se l’inflazione si fosse sviluppata in maniera continua e progressiva, ciò avrebbe comportato una temporanea riduzione nell’occupazione, ma nel lungo termine avrebbe potuto esservi  un considerevole incremento.(Minute FOMC 19.08.1958)

In quelli anni la Fed rispose all’inflazione con una contrazione seria e decisa del credito.

Negli anni ’60 invece i policymakers adottarono un modello differente che consisteva nella riduzione della valutazione di un obiettivo di disoccupazione normale "ragionevole e prudente".
Queste scelte hanno condotto a politiche monetari e fiscali altamente espansive con conseguente sviluppo reale dell’inflazione.

Circolò in seguito l’idea, secondo il presidente Arthur Burns, che l’inflazione fosse insensibile all’allentamento della politica monetaria, arrivando alla conclusione che potesse far ben poco contro un’inflazione sostenuta da salari e stipendi in tensione.

Se la politica monetaria restrittiva e la disoccupazione risultante fossero inefficaci non vi era alcun motivo per perseguirla.

Sotto  l’amministrazione Nixon, si pensò che una disoccupazione elevata prodotta dalla politica monetaria non avrebbe ridotto sensibilmente la pressione inflazionistica, quindi alta disoccupazione e politica restrittiva inefficaci significavano un via libera ad politiche espansive.

Prendiamo per un attimo fuori dal cassetto la “vecchia” teoria della curva di Phillips che costituisce una relazione inversa tra i fenomeni inflattivi e la disoccupazione.

Oggi in America ed Europa questa relazione inversa è ben presente nella realtà economica.
 
La teoria dell’inversa correlazione, fu oggetto di attacchi da parte di Milton Friedman ed un gruppo di altri economisti , che ricordavano le conseguenze degli anni 70 quando la stagflazione determinò contemporaneamente alta inflazione ed alta disoccupazione.

Ogni  teoria economica deve passare attraverso l’esperienza della realizzazione, ma la storia dimostra che i cicli economici e le loro conseguenze non sono sempre simili.

Ormai l’esperienza insegna che per i mercati non conta più di tanto la decisione corrente sui tassi di interesse, quanto le “aspettative”, il comunicato, le minute e l’eventuale conferenza stampa del governatore.

Ma l’accademico Bernanke, cosa ne pensa dell’inflazione, perché alcuni sostengono che preferirebbe mandare l’America in recessione, piuttosto che veder sfuggire di mano l’inflazione?!
 
Per conoscere l’orientamento del professor Bernanke basta prendere a riferimento un articolo pubblicato sulla Voce.info a firma Tommaso Monacelli.
Secondo Monacelli, Bernanke è stato uno dei primi accademici a sostenere le virtù dell’ inflation trageting, ovvero un regime di politica monetaria che specifichi un preciso obiettivo numerico di inflazione. Un altro tema caro a Bernanke è quello relativo al ruolo delle variabili finanziarie, nel guidare le fluttuazioni economiche, ovvero l’indebitamento privato, vincoli nell’acceso al credito e valore degli asset finanziari.

In questo contesto ci si domanda se la politica monetaria deve rispondere o meno alle variazioni di prezzo dei prezzi degli asset, case o azioni che siano. Bernanke a sempre sostenuto che ciò non deve avvenire se non nella misura che essi possano influenzare le previsioni di inflazione.

Apro ora una piccola parentesi relativa al pensiero di Bernanke chiedendo a Voi ragione del perchè, visto che secondo il governatore del FED il crollo del mercato immobiliare non sembra espandersi agli altri settori economici e considerando che un crollo delle quotazioni non può che riservare effetti sedativi sull’inflazione stessa, dicevo perchè la FED dovrebbe abbassare i tassi anche in un contesto di recessione immobiliare.

Nell’articolo ci si domanda se credere a Bernanke, quando dice che le fluttuazioni economiche, siano essenzialmente spiegabili con imperfezioni dei mercati finanziari, per cui il prezzo degli immobili, contano eccome per la capacità di spesa delle famiglie.

Sempre Monacelli in un altro articolo, riferendosi all’inflazione “core” rileva che se le fluttuazioni dei prezzi energetici sono essenzialmente temporanee, le banche centrali non dovrebbero mai rispondere con le politiche monetarie  alle fluttuazioni dei prezzi energetici, per non commettere l’errore commesso negli anni settanta.

Uno shock di tipo petrolifero tende a fare salire l’inflazione e a far scendere l’economia al di sotto del potenziale, quindi ogni aumento dei tassi può aggravare una seppur fragile crescita economica.
Quindi oggi esiste una strada più sofisticata che consiste nel riuscire ad incidere anche sulle aspettative di inflazione, lasciando trasparire che la stretta monetaria attuale, per quanto accomodante, è parte di un sentiero restrittivo che gradualmente si prolungherà nel tempo.

Tornando per un attimo alla massa monetaria, c’è da ricordare che, nonostante la frenata di aprile nel trend di crescita in Europa, la dinamica resta sostanzialmente su valori elevati, decretando un alto livello di liquidità presente sul mercato. Poco importa che siano scesi i crediti al settore privato o i finanziamenti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni.

Qualcuno si chiederà come mai una politica monetaria sostanzialmente accomodante, che ci ha permesso di ammortizzare shock petroliferi, shock azionari, crollo del dollaro, recessione immobiliare e sorregge da più di 4 anni questa crescita irripetibile, venga spesso osteggiata.

Inflazione, sempre e solo inflazione!

L’indice dei beni al consumo non è stato ancora interessato, in quanto la delocalizzazione delle imprese e il mercato del lavoro dei paesi emergenti ha attenuato questa dinamica di crescita, ma oggi, più di ieri le pressioni salariali sono in continua tensione, determinando una seria ipoteca sulle aspettative d’inflazione appunto.

Non posso fare a meno di ricordare che l’inflazione da materie prime, immobiliare, azionaria ed obbligazionaria, in parole semplici da asset  è direttamente correlata alla crescita della massa monetaria, e al livello dei tassi di interesse.

Ovviamente tutti questi discorsi lasciano il tempo che trovano in quanto basterà un qualsiasi shock macroeconomico per far tornare in gioco la famosa pallina, nella ruota della roulette, la grande illusione appunto di una politica accomodante che nessuna banca centrale avrà il coraggio di mettere in atto in un contesto di crescita economica mondiale irripetibile.

7 commenti Commenta
utente anonimo
Scritto il 7 Giugno 2007 at 10:27

hai letto il settimanale di Fugnoli di Abax Bank, cosa ne pensi?

utente anonimo
Scritto il 7 Giugno 2007 at 11:34

RIALZO DEI TASSI CURA ADEGUATA ?
Mi son riletto il suo interessante articolo 2 volte ed mi ha colpito il suo passaggio sui costi di produzione silenziati dalla delocalizzazione.
Ma allora a tal punto il rialzo dei tassi e’ una medicina adeguata di fronte all’avanzata dell’inflazione dovuta alle cause di cui sopra ?
Seguendo il il ragionamento:
1-Costi produzione “silenziati” dalla delocalizzazione;
2-Sperequazione distribuzione reddito con alti profitti alle majors;
3-Basso potere acquisto dei cittadini;
4-Ricorso al credito par mantenere inalterato il potere d’acquisto.
Se allora alziamo di nuovo i tassi chi risulta essere colpito e’ l’ultimo anello della catena, il “silenziato produttore” che risulta essere pure consumatore che ne risente maggiormente, pertanto gli effetti non sarebbero quelli sperati, della riduzione della liquidita’ ma aggraverebbero ulteriormente la situazione con un ulteriore indebitamento delle famiglie in generale?
Che fare dunque ?
Saluti
Massimo

Scritto il 7 Giugno 2007 at 12:09

Debbo in tutta sincerità dire che spesso mi sono ripromesso di non commentare le analisi emesse da altri analisti, commentatori, blog e cosi via. Allo stesso tempo debbo dire che talvolta il signor Fugnoli, quando esprime le sue opinioni tende spesso a usare quella sottile ironia che lo contraddistingue nei confronti di chi non percepisce il suo immutato ottimismo che tende a sfumare lasciando qua e la nelle sue lettere degli avvertimenti in prospettiva. Come dire che forse, chissà dopo il sereno viene la pioggia, prima o poi, ma intanto è meglio prendersi il sole.
Concordo con lui che le profezie più funeste tendono sempre ad autodistruggersi, e per questo nel mio blog cerco di trasmettere la mia infinità fiducia ed ottimismo nelle risorse nascoste dell’Umanità, ma quello che manca in questo tempo è la capacità o forse il tempo stesso di fermarsi a riflettere, a cercare di capire le conseguenze possibili e probabili di ogni eccesso, qualunque esso sia. L’ottimismo di maniera alle volte nasconde ingenuità o interesse, ma è indubbio che vivendo in un sistema dove ogni notizia, ogni comunicazione, ogni dato vengono puntualmente rivisti, revisionati forse un minimo di sano realismo non guasterebbe.
Dopo possiamo anche dire che i mercati saliranno ancora per due/tre anni che nel frattempo vi saranno turbolenze magistralmente indotte o consapevoli, seguire ognuno come li pare il mondo dell’analisi tecnica che altro non è che lo studio del comportamento umano e della sua psicologia trasferito su un grafico, ma di una cosa sono certo; questo è il tempo degli eccessi, delle bolle infinite ed anche un bambino sa che le bolle non si sgonfiano ma scoppiano, esplodono non necessariamente tutte insieme, con gli stessi tempi, ma prima o poi accadde.
Se poi il sistema improntato sulla massimizzazione a breve termine del profitto e dei rendimenti azionari, vuole conoscere il momento esatto di questo ritorno alla realtà, bene forse solo coloro che tengono le redini del mercato conoscono il momento opportuno, conoscono meglio di tutti i meccanismi intriganti che regolano la realtà.
Certo che se ognuno di noi avesse il tempo di leggersi ciò che la storia ricorda e che i comportamenti umani e specialmente quelli delle masse, sfuggono a qualsiasi realtà.
Concludo esprimendo un certo scetticismo sul fatto che restino ancora 6/12 mesi di zona cosiddetta franca in quanto se vale la regola che i mercati solitamente anticipano di circa 6 mesi i cicli economici solo un’ottimismo sfrenato può portare a dimenticare che ieri la revisione del livello di inflazione toglie anche la più tenue speranza riposta in una nuova politica monetari espansiva.
Ricordo per l’ennesima volta che la dinamica recessiva del mercato immobiliare è solo all’inizio e il peggio arriverà più avanti, forse chissà i mercati la sconteranno quando si accorgeranno come l’ultima volta che una recessione era già in atto, ma come sempre grazie alle revisioni di dati che lasciano il tempo che trovano.
La saluto Andrea.

Scritto il 7 Giugno 2007 at 12:25

Il problema è che come ho scritto nel post, le teorie economiche sono difficilmente applicabili ai vari contesti storici con una logica che le porti ad avere la soluzione perfetta per ogni ciclo economico.
Se Lei trova qualcuno disponibile a spiegarmi e convincermi che le politiche monetarie espansive, l’eccesso di liquidità in un sistema permettono un ampio accesso al credito senza possibilità di eccesso alcuno, credo che le dovrebbero fare un monumento. Il rialzo dei tassi serve a contenere questo mare di liquidità, con tutti i dubbi che ne conseguono.
Se ricordiamo il fatto che la BCE ha raddoppiato i tassi e considera tuttora la politica monetaria accomodante, la FED gli ha addirittura quintuplicati e continua con enfasi a rimarcare le prospettive di inflazione troviamo la risposta al perché la FED non pubblica più le statistiche relative alla massa monetaria.
Forse è completamente fuori controllo, figurarsi in una prospettiva mondiale dove le sorgenti della liquidità erogano capitali giorno e notte!
Il triste ricordo della Grande Inflazione degli anni ’70 credo porterà a considerare una recessione come il male minore rispetto ad un periodo di iperinflazione.
Ma dubito che si tratterà di una semplice e veloce recessione.
Andrea

utente anonimo
Scritto il 8 Giugno 2007 at 00:25

Gentile Andrea,
copio ed incollo l’articolo di Blondet da http://www.effedieffe.com:
Che cosa fanno con l’oro?
Maurizio Blondet
06/06/2007
«Siamo vicini al momento in cui, guardando indietro, diremo che abbiano fatto delle scemenze… occorre più sanità mentale in un periodo in cui ciascuno si sente invincibile e pensa che stavolta sarà diverso»: così Ken Lewis, capo esecutivo della Bank of America Corp, il 9 maggio scorso.
L’accenno era all’immensa bolla del credito, che alimenta la bolla di Wall Street e delle Borse mondiali, la bolla immobiliare nel mondo, la bolla dei derivati, la bolla cinese… ma non basta.
C’è qualcosa di più, di apparentemente folle.
In questo momento, i signori dello pseudo-capitale stanno acquistando a prezzi insensatamente alti qualunque «attivo» concreto, dai metalli all’antiquariato ai quadri di grandi autori.
In questo preciso momento, le Banche Centrali stanno vendendo oro a tonnellate.
Perché?
Chi, se fosse mentalmente sano, venderebbe «l’attivo degli attivi» per eccellenza, la moneta-merce usata da millenni come serbatoio di ricchezza reale?
Se i mercati si accaparrano a qualunque prezzo il rame e i Picasso, perché i banchieri centrali distribuiscono il più reale dei beni reali a mani private, che pagano con moneta-credito creata dal nulla?
Naturalmente alle banche non importa se comprate un Picasso o salumi, purchè voi (il mondo) compri a ritmo sempre accelerato, cosicchè il loro armeggiare e manipolare i «tassi di crescita» sia facilitato.
Ma questa svendita dell’oro a tonnellate può segnalare un’atmosfera da «fine di partita».
Le economie basate sullo pseudo-capitale (fiat-currency, moneta creata ex nihilo) sono destinate a sprofondare su se stesse di tanto in tanto, come nel ’29, e le banche lo sanno.

Il sistema funziona dapprima creando (col credito gonfiato) inflazione, che per definizione consiste nell’espansione della base monetaria.
Troppo «denaro» cerca di comprare troppo pochi beni, quando il tasso di crescita dell’inflazione supera il ritmo di distruzione del capitale naturale, il che provoca l’aumento generale dei prezzi.
La distruzione accelerata del capitale naturale finisce per provocare rallentamento economico con rincari (stagflation, stagnazione più inflazione); le Banche Centrali reagiscono accelerando la produzione di pseudo-capitale, e ciò provoca le infinite bolle speculative, perché la moneta creata dal nulla, e i profitti irreali, vanno alla caccia sempre più affannosa di «attivi» d’ogni genere, spesso dettati dalla moda.
Si cercano in particolare «attivi» i cui prezzi sono ancora «bassi» rispetto all’inflazione generale. Gran parte del trucco consiste infatti nel semplice fatto che tra la creazione di nuovo pseudo-capitale e il rincaro dei beni reali, c’è un certo divario temporale: prima che la gente si accorga dell’aumentata massa monetaria, chi sa e chi può approfitta comprando beni reali che sono ancora «bassi» e aumenteranno sicuramente domani.
Il guaio è che a forza di eccedere nel gioco di mettere in circolo moneta adulterata, di fatto cambiali e promesse di pagamento, il divario temporale diminuisce.
L’accelerazione ulteriore delle iniezioni di «denaro» nell’economia drogata diventa sempre meno efficace, anche perchè le cosiddette «industrie» create dalla disponibilità di credito e liquido non sono produttrici di ricchezza reale: sono le finanziarie speculative, gli hedge funds, le private equities companies, i «servizi finanziari» e non finanziari.
Entità incapaci di rigenerare una sana economia, che scremano profitto reale succhiando dal sistema produttivo gli interessi.
La resa dei conti s’avvicina quando – come ora – le economie occidentali giungono rapidamente allo stadio super-maturo, bloccate negli stadi ultimi del sistema di moneta ex-nihilo sopra descritto.
Una industria «matura» (non-innovativa, che produce sedie, mortadelle e ventilatori anziché computer e farmaci avanzatissimi) può campare e persino prosperare in un sistema economico «sano», perché sedie e ventilatori sono comunque richiesti dai consumatori.
Il fatto è che non producono gli altissimi profitti da cui le banche e il sistema pseudo-monetario possa continuare a scremare gli altissimi interessi di cui ha bisogno per continuare ad esistere.
La produzione di mortadelle, se ben fatta, può dare un profitto annuo, poniamo, del 10-12%: ottimo tasso, se l’imprenditore di mortadelle si auto-finanzia con capitale proprio, che non gli costa nulla.
Ma se ha aperto un fido con le banche, sono queste a volere il 12% d’interesse.
Così, dopo aver risucchiato il profitto del fabbricante di mortadelle fino all’osso, ecco che gli pseudo-capitalisti gettano i loro pseudo-capitali là dove i profitti promessi al prestito sono più alti.
In Cina, come caso esemplare.

L’effetto del sistema di fiat-money è dunque questo: che ha di fatto svuotato l’Occidente «maturo» di ogni industria reale, rigenerativa del capitale naturale, e l’ha mandata in Asia per sfruttare i benefici dei bassissimi salari.
Le economie asiatiche sono state risucchiate nel travolgente casinò «globale», sono diventate la componente industriale del vorticoso sistema finanziario globale, ad esso soggette.
In tal modo fra l’altro la crescita di una classe media cinese (o indiana) alimenta coi suoi pseudo-risparmi il famelico sistema bancario-finanziario occidentale, consentendo che la giostra continui a girare.
L’effetto netto è però l’accelerazione sempre più folle della crescita del credito.
Da qui l’esaltazione pubblicitaria degli straordinari tassi di crescita cinese, 12-13% annui, sostenuti per decenni: un fatto in sé preoccupante (surriscaldamento, sovrapproduzione, speculazione in Borsa) che viene additato come un enorme successo della globalizzazione, perché la finanza globale ha bisogno di pubblicità per continuare a vendere i suoi pseudo-prodotti finanziari.
Dicono in fondo le banche: non dubitate della nostra moneta, vedete che ha una base solida nella crescita cinese, perché noi abbiamo investito là…
Viene il momento però in cui questi tassi di crescita stupefacente l’Asia dovrà decelerare o magari bloccarsi per infarto speculativo.
La «crescita» non basta più ad alimentare il sistema bancario-finanziario occidentale (il solo settore che, in USA e in Europa, abbia guadagnato dalla globalizzazione): e allora il risultato può essere o l’iper-inflazione (come nella Germania anni ’20) o la deflazione più gelida, come negli anni ’30 in USA.
In questa fase finale, per perpetuare una così astronomica bolla creditizia, il sistema delle Banche Centrali deve togliere di mezzo qualunque mezzo di pagamento reale, alternativo alla moneta creata dal nulla.
Di qui la vendita semi-segreta di tonnellate d’oro, la «moneta primaria» di sempre, la sola che ha in sé il proprio «attivo» e non lo deve alla promessa di pagare di qualcuno, dall’altra parte del mondo, che è probabilmente insolvente (o certamente nel caso di Washington, immenso emettitore delle cambiali chiamate Buoni del Tesoro).
Il gioco è facilitato dalla cecità dei consumatori.

Intere civiltà sono state corrotte dal sistema del credito facile, che ha promesso e dato, per un certo tempo, una «bella vita» fatta di auto a rate, telefonini multicolori, gadget elettronici, jeans made in China fatti sentire, dalla pubblicità, come «necessari», «cose di cui non potete fare a meno» per non essere disprezzati dal vicino.
Il sistema della finanza creata dal nulla è infatti radicalmente corruttore dell’umanità, ha bisogno di una umanità corrotta da falsi desideri e da febbrili ricerche di godimenti per durare.
Le dosi di moneta cattiva, di moneta falsa, vengono continuamente aumentate e richieste dai popoli corrotti dal consumismo scemo, a sua volta eccitato dall’edonismo propagandistico.
«S
oddisfa la tua sete», «non rinunciare a nulla», invita incessantemente la pubblicità: tutto quello che vuoi e non puoi permetterti, lo puoi avere a credito.
Ma intanto, viene decretata la fine dell’abbondanza, con la scusa del riscaldamento climatico («troppe industrie, troppi viaggi di piacere, è ora di ridurre i consumi»).
Intanto, sotto gli occhi ciechi dei consumatori consumisti, i veri protagonisti del grande trucco finanziario si stanno ritirando dai mercati speculativi.
Crescono le «private equities», entità che comprano imprese quotate a mazzi, e le tolgono dalla quotazione di borsa: le azioni di queste imprese non sono più offerte al pubblico, ma in mano a pochi privati.
Di fatto, in questa tendenza va riconosciuto un enorme, silenzioso accaparramento di beni reali.
Sotto i nostri occhi, si intraprendono guerre insensate, che giustificheranno le future miserie che le mani forti ci stanno preparando.
Le mani forti non fanno che moltiplicare conflitti: da ultimo, con la Russia di Putin.
La speranza è in una deflagrazione: tanto, lorsignori, in guerra non ci vanno mai, e non ci hanno mai perso nulla.
E sotto i nostri occhi chiusi, le Banche Centrali vendono il nostro oro – oro dei cittadini contribuenti, la riserva della nazione, i suoi risparmi – di fatto sottocosto.
Ad un prezzo controllato, non troppo basso (manderebbe un segnale di deflazione), ma nemmeno troppo alto, perché ciò smaschererebbe la pseudo-moneta che vogliono teniamo in tasca.
Un prezzo manipolato.

E chi se ne avvantaggia?
Chi sono le mani private che accaparrano il bene-rifugio per eccellenza?
Quasi certamente le «private equities», che si liberano dei loro enormi pseudo-profitti da speculazione mettendo in cassaforte ricchezza reale…

Scritto il 8 Giugno 2007 at 14:29

La ringrazio della segnalazione!
Avevo già letto l’articolo in questione e prendo l’occasione per dire che alle volte il silenzio…….è d’ORO! Oro come la consapevolezza di coloro che riflettono su alcuni squilibri del nostro tempo!
Coloro che credono che questa è l’ennesima piccola correzione, che prima o poi il treno riparte, per una corsa senza fine, credono ancora che l’inflazione sia scomparsa da questo pianeta, che la globalizzazione tutto uniforma e tutto rende perfetto!
Ma anche se solo per un attimo è comparsa nei mercati globali la consapevolezza che con le pressioni inflazionistiche ci dovremo convivere, forse per alcuni anni nessuno, dico nessuno è in grado di prevedere ciò che il futuro ci riserva in quanto solo il tempo ci dirà se l’immenso castello di sabbia fondato sul debito è sostenibile o si tratta dell’ennesimo eccesso che le teorie economiche hanno applicato per combattere il rafreddore dell’ultima recessione!
Ha dimenticavo è quasi una strana coincidenza la sua segnalazione relativa all’argomento ORO talmente casuale che da sempre una maggiore inflazione fà decollare il bene rifugio per eccellenza ovvero il silenzio…..d’ORO!!!!
La saluto Andrea

utente anonimo
Scritto il 11 Giugno 2007 at 09:04

Gentile Andrea,
il problema ora è che il prezzo dell’oro è tenuto volutamente stabile per non allarmare il popolino e vendere le riserve statali indisturmbati…
Marco de Maria

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