TRUMP: LA FORZA DEL DOLLARO… DOLLAR FALLACY!

Scritto il alle 11:00 da icebergfinanza

ImmagineIn questi ormai dieci lunghi anni passati insieme ne abbiamo sentite tante sul dollaro, leggende metropolitane veicolate da masse di ignoranti, abbiamo visto volare gli asini, dalla fine dell’impero del dollaro a quella della mancanza di dollari in circolazione.

Ora è arrivato mister Trump a raccontarvi che la Cina approfitta del dollaro forte

Il dollaro è “troppo forte” e lo yuan sta scendendo a picco. Lo afferma il presidente eletto Donald Trump in un’intervista al Wall Street Journal, suggerendo che le recenti azioni di Pechino a sostegno della valuta cinese “sono solo perchè non vogliono farci arrabbiare”. Per Trump “le nostre aziende non possono competere” con quelle cinesi perchè la nostra valuta è troppo forte e questo ci sta uccidendo”.

Nella nostra intervista su Busuness Community vi spieghiamo per quale motivo quelle di trump sul dollaro per il momento sono solo illusioni.

Si certo, le enormi masse di lemmings che scorazzano giornalmente per il mercato valutario che trada oltre 4.000 miliardi di dollari al giorno si sono date da fare per svalutarlo ma nello spazio di un istante tutto è cambiato…

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Trump, un giocoliere intellettuale ha perfino criticato il piano fiscale dei repubblicani, corporate-tax plan, conosciuto come “border adjustment” Su Project Syndacate, l’economista Martin Feldstein, si quello che aveva previsto il rischio di una guerra in Europa con l’euro ha scritto che l’esonero delle imposte sul reddito sulle esportazioni non farebbe altro che rafforzare il dollaro e aumentare le entrate delle imprese.

Il resto lo vedremo insieme a Machiavelli a fine mese, tassare le importazioni e rendere le esportazioni esenti con l’illusione di creare maggiori posti di lavoro e aumentare la produzione ampiamente documentata in Trump e la mission impossible sembra all’improvviso diventato troppo complicato.

“Ogni volta che sento parlare di adeguamento alle frontiere, non mi piace moltissimo”, ha detto Trump in un’intervista con il Wall Street Journal

“Anytime I hear border adjustment, I don’t love it,” Mr. Trump said in an interview with The Wall Street Journal on Friday. “Because usually it means we’re going to get adjusted into a bad deal. That’s what happens.”

Già gli amici petrolieri si sono schirati contro il provvedimento, avvertendo che saranno costretti a riversare i maggiori costi sul consumatore, perchè al momento gli USA dipendono ancora in larga parte dall’energia importata.

Tanto più un’azienda è fondata sulle importazioni e il dollaro non è forte, tanto più diventa vulnerabile. L’opzione preferita da Trump a chiacchiere è quella di costringere le aziende che producono fuori dagli USA e importano a pagare una tassa del 35 %, quindi verrebbero interessate solo le importazioni.

Se vuoi tassare sensibilmente le importazioni non puoi fare a meno di ritrovarti un dollaro forte e non puoi fare a meno di colpire la classe media la quale subirà i rincari dei prezzi trasferiti dalle aziende, come suggerito nell’intervista di ieri Trump e la mission impossible

Siamo nel pieno di una deflazione da debiti, non è che la FED più che due rialzi dei tassi varerà un nuovo quantitative easing?

Mentre il mondo intero persegue una politica monetaria accomodante a dir poco, la Fed insiste in maniera poco convinta nell’inasprimento della sua politica. Questo non può che portare ad un continuo rafforzamento del dollaro che non è affatto positivo per la politica economica che Trump vuole portare avanti.
Nella prima metà degli anni 80 a seguito dei continui rialzi dei tassi da parte della Federal Reserve, il dollaro si apprezzò di quasi il 45% rispetto alle principali valute. Come risultato, gli Stati Uniti persero competitività e la bilancia commerciale collassò ai minimi nel 1985. Solo l’accordo del Plaza Hotel del 22 settembre del 1985 riuscì ad invertire la tendenza.
Ad oggi dal 2011 siamo vicini al 35% di apprezzamento, ma a differenza degli anni ottanta, visti i proclami del nuovo presidente e alla sua intenzione di scatenare una guerra commerciale, nessuno aiuterà gli USA a bloccare l’apprezzamento del dollaro, anzi ci sarà una corsa alla svalutazione da parte delle altre economie. A quel punto la Fed non potrà fare altro che invertire la sua politica monetaria.

Quindi Trump si rilassi, per buona parte di tempo ancora, il dollaro resterà forte, lo dice la storia, lo suggeriscono le politiche economiche dell’era Reagan e lo urla l’analisi tecnica ed empirica.

E ora un pò di storia tanto per cambiare, benedetta storia ma chi ti legge più…

Negli ultimi tre anni i mercati internazionali dei cambi sono stati dominati dalla forza del dollaro. Fra il quarto trimestre del 1980 e il quarto trimestre del 1983, il dollaro si è rivalutato del 46 per cento nei confronti della media ponderata delle valute dei maggiori Paesi industriali. Nei confronti del marco l’apprezzamento é stato del 40 per cento, sulla sterlina del 59 per cento, sul franco francese dell’83 per cento, sullo yen del 13 per cento. Dal gennaio 1983 al gennaio dell’anno in corso la rivalutazione ha sfiorato il 12 per cento, a dispetto delle valutazioni degli osservatori, che annunciavano una caduta del cambio in riferimento all’atteso e poi confermato deficit del commercio estero.

No, non è il 2017, ma i primi anni ’80, ma questa è un’altra storia e noi ve la racconteremo in ” Trump illusion” insieme a tutti coloro che hanno sostenuto il nostro lungo viaggio, in attesa di festeggiare insieme il nostro decennale!

Contribuisci anche tu LIBERAMENTE a tenere in vita un’isola di condivisione quotidiana nell’oceano infinito di questa tempesta perfetta, l’informazione indipendente…

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2 commenti Commenta
stanziale
Scritto il 19 Gennaio 2017 at 19:33

Io la butto li’. Se Trump -la sua amministrazione-fosse furba dovrebbe subito denunciare la verita’ sui conti, sugli occupati e disoccupati, le statistiche taroccate. Ovviamente cio’ causerebbe una tempesta perfetta , un crollo borsistico, penso anche del dollaro e delle altre valute perlomeno quelle piu’ compromesse. Ma e’ arrivato il momento di dirla la verita’, essere onesti. Anche perche’ senno’ non ci sara’ mai ripresa. Inoltre tra pochissimo la tempesta perfetta arriverebbe ugualmente (perche’ inevitabile e perche’ wall street e’ in mano ai globalisti)ed a lui darebbero la colpa. Gli conviene anticipare gli eventi, appunto dire la verita’. L’onesta’ paga sempre.

aorlansky60
Scritto il 20 Gennaio 2017 at 11:31

@ Stanziale

John LENNON aveva deciso di abbandonare i BEATLES [con conseguenza immediata ed irreversibile di scioglimento del gruppo]

già nel Settembre del 1969 (quando nel corso di una burrascosa riunione ne informò gli altri tre, più il loro nuovo manager americano Allen Klein, che però gli consigliò -meglio dire lo scongiurò- di NON RIVELARE AL MONDO esterno questa sua decisione, anche perchè aveva appena strappato alla Capitol Records un rinnovo di contratto MOLTO vantaggioso per la band… la notizia ufficiale dello scioglimento dei BEATLES sarà resa nota solo il 10 APRILE 1970… con qualche mese di posticipo, piccoli particolari che a volte possono contare MOLTO più di quello che si possa immaginare, negli affari…)

allo stesso modo, spostando il concetto con ENORMI INTERESSI in gioco decicamente superiori al caso precedente,

anche se donald trump avesse intenzione di “tell the truth” – “dire la verità” (cosa tutta da assodare) al mondo intero (per come è messo realmente lo stato delle cose nell’economia reale e nella finanza mondiale)

credo che il suo stato maggiore (come fece il manager dei Beatles con Lennon) gli sconsiglierebbe fortemente questa mossa,

per pericolo che l’ENORME BARACCONE DELLA SALA DA GIOCO VENGA GIU’ TUTTO REPENTINAMENTE IN UNA VOLTA (anche se tutti gli addetti ai lavori sanno bene che è solo questione di tempo, non di se…) con il rischio che il mondo intero si ritroverebbe a far fronte non più ad un caso LEHMAN Bros. isolato (che comunque qualche noia l’ha causata…) ma a qualcosa di infinitamente più GIGANTESCO…
😆
per convincerlo definitivamente a non farlo, il suo stato maggiore potrebbe suggerirgli “non vorrai mica essere ricordato nei libri di storia come il Pres. degli Stati Uniti d’America sotto il cui mandato e per sua palese presa di posizione, diede il via ad un CRACK e ad una RECESSIONE che farà ricordare come una bolla di sapone la Grande Recessione americana degli anni ’30?????…

una cosa se a dire che “prima o poi crolla tutto” siamo noi, Stanziale; tutta un altra faccenda -con ben altra eco rivolta al mondo intero- se a dire quello che diciamo e leggiamo su questo blog da alcuni anni, è l’uomo messo a capo del Paese più potente sulla faccia della Terra… considerando anche come sono suscettibili gli operatori finanziari di tutto il mondo…

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