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AUMENTO UNICREDIT E GERMANIA: BUND LA MANO INVISIBILE DELLA BUNDESBANK!
Per quanto riguarda Unicredit credo che non ci sia poi molto da aggiungere, la situazione è chiara, illuminante, ma sentiamo cosa a da dirci il suo amministratore delegato…
(ASCA) – Roma, 5 dic – ”Con l’aumento di capitale da 7,5 miliardi mettiamo a posto definitivamente i ratios patrimonialio e otteniamo un contributo importante in termini di liquidita’ che va ad aggiungersi a quella iniettata nel sistema bancario dalla Bce”. Lo ha detto l’a.d. di UniCredit, Federico Ghizzoni, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore all’indomani dell’annuncio del prezzo del maxi-aumento di capitale della banca di Piazza Cordusio.
Ghizzoni e’ fiducioso che l’operazione si concludera’ bene e non e’ sorpreso dalla caduta del titolo in Borsa perche’ ”e’ una reazione tecnica che ci si poteva aspettare”.
Ghizzoni si dice convinto che Unicredit possa essere tra i primi grandi gruppi bancari europei a vedere la luce in fondo al tunnel. La crisi dell’euro e dei debiti sovrani e’ lungi dall’essere risolta ma, a giudizio di Ghizzoni, per la prima volta sono state prese decisioni che possono invertire la tendenza negativa. La decisione della Bce di iniettare liquidita’ ”servira’ in via prioritaria a riattivare in misura sensibile il credito a imprese e famiglie”.
Ma certo tutta liquidità che servirà per sostenere l’economia e le famiglie…
Se l’Eba non cambierà le rigide regole sul capitale (e difficilmente le cambierà), entro giugno alle banche europee serviranno 106 miliardi. L’unica alternativa reale è la riduzione del credito a imprese e famiglie. Con coraggio, UniCredit fa da apripista con un’operazione che è certamente un test per l’Italia. Ma anche per tutti gli istituti dell’eurozona.In queste condizioni non è facile andare sul mercato a chiedere 7,5 miliardi di nuovo capitale. Ed è quindi il primo grande test per tutte quelle grandi e medie banche europee che, un po’ per necessità un po’ per le richieste dell’Eba, dovranno rafforzare il patrimonio nei prossimi mesi. Ci sarà capitale per tutti? A dubitarne è la stessa Eba nel momento in cui prevede che, in caso di non sottoscrizione da parte del mercato, i capitali siano forniti dagli Stati e, in subordine, dal fondo Efsf. di Alessandro Graziani – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/WoMN2
Ci sarà capitale per tutti in questo oceano di sfiducia…meditate gente meditate!
Su INFORMARMY troviamo un’interessante panoramica della mano invisibile che saltuariamento fuoriesce dalla scatola della famiglia Bundesbank, una mano che accarezza e sostiene il debito pubblico tedesco, un debito pubblico molto di moda tra gli investitori internazionali, che mensilmente ambiscono all’onore di sottoscrivere il presunto virtuosismo tedesco, i cui armadi sono spesso pieni di scheletri!
L’eccezione tedesca nel collocamento dei titoli di stato.
L’esito della recente asta dei titoli pubblici tedeschi ha sollevato un interessante dibattito intorno alle specificità del meccanismo di collocamento dei titoli pubblici che sembrano distinguere la Germania dagli altri paesi dell’eurozona.
Il dibattito prende spunto dai dettagli presenti nel resoconto ufficiale della procedura d’asta, laddove si comunica che sono stati emessi tutti i 6 miliardi di euro di titoli inizialmente previsti dal governo, ma al contempo si afferma che – di questi – solamente 3,6 sono stati collocati presso investitori privati.
Si tratta dunque di capire esattamente cosa è successo a quei 2,4 miliardi di euro di titoli residui, che sono stati dichiarati emessi, ma non sono stati sottoscritti dai partecipanti all’asta.
Il resoconto ufficiale dell’asta definisce quella particolare quota dell’emissione come “Ammontare messo da parte per operazioni sul mercato secondario”. Dunque il 40% dei titoli emessi è stato trattenuto con lo scopo di essere successivamente venduto sul mercato secondario: una quota consistente dei titoli è stata, in altri termini, emessa ma non collocata presso gli investitori privati.
Una simile operazione sembra possibile solamente qualora si ammetta l’intervento della Bundesbank, che avrebbe sottoscritto una parte della nuova emissione – come suggeriscono numerosi commentatori [1]. Ciò significherebbe che la Germania opera al di fuori delle regole comuni dell’eurozona [2], ossia in deroga a quegli stessi principi che hanno impedito, ad esempio, alla Banca Centrale Greca di intervenire a sostegno dei titoli pubblici ellenici tra il Dicembre 2009 ed il Maggio 2010, quando la spirale nei tassi di interesse pretesi dai mercati finanziari internazionali in sede d’asta ha di fatto costretto Atene a ricorrere ad un prestito istituzionale, vincolato all’adozione delle cosiddette misure di austerità.
L’“eccezione tedesca” alle regole europee sull’emissione di titoli del debito pubblico appare ancora più significativa se si considera che la pratica di trattenere una quota (anche consistente) dell’emissione “per operazioni sul mercato secondario” non costituisce affatto un’anomalia nelle ordinarie operazioni di collocamento dei bund, ma ne rappresenta piuttosto il regolare funzionamento: come illustrato dal seguente grafico, la Germania trattiene regolarmente una quota delle emissioni, esattamente come accaduto in quest’ultima, discussa, asta di bund decennali.
Cercheremo di dimostrare che la Bundesbank sostiene attivamente il collocamento dei titoli pubblici tedeschi, esercitando un’influenza dominante sul prezzo dei titoli di nuova emissione, senza però ricorrere alla sottoscrizione degli stessi sul mercato primario, ma articolando il proprio intervento in modo tale da aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e praticare di fatto il finanziamento diretto del debito pubblico tedesco.
2. Iniziamo col dire che il dibattito sull’asta dei titoli tedeschi ha il grande pregio di restituire il meccanismo di emissione dei titoli pubblici – fatto di regolamenti, prassi e rapporti di forza tra governi, banche private nazionali e internazionali – ad un contesto istituzionale più complesso di quella ‘forma di mercato’ che gli viene attribuita dalle istituzioni europee, e che giustifica il divieto di acquisto dei titoli pubblici imposto alle banche centrali, chiamate appunto a non interferire con il regolare funzionamento del mercato del credito.
Vogliamo capire come sia possibile che un titolo pubblico venga emesso, ma non collocato. Precisiamo innanzitutto cosa si intende per collocamento: un titolo si definisce collocato quando viene sottoscritto per la prima volta.
L’ufficio governativo responsabile dell’emissione dei titoli del debito pubblico tedesco è l’Agenzia per il debito (Finanzagentur), la quale gestisce le procedure d’asta e poi trattiene i titoli non collocati presso quella platea di investitori privati che hanno l’accesso riservato al mercato primario, platea costituita da una quarantina di banche e società finanziarie tedesche ed internazionali.
L’idea, suggerita da molti commentatori, che i titoli non collocati vengano di fatto sottoscritti dalla banca centrale tedesca è stata immediatamente contestata, poiché sembra scaturire da una errata interpretazione del particolare ruolo svolto da quest’ultima all’interno del processo di emissione dei titoli. Come vedremo, sebbene sia effettivamente possibile confutare la tesi secondo cui la Bundesbank sottoscrive i titoli pubblici tedeschi direttamente sul mercato primario, la banca centrale tedesca può contare su altri e diversi canali per intervenire sui titoli di nuova emissione, con risultati assolutamente equivalenti all’azione diretta sul mercato primario.
La Bundesbank agisce per conto dell’Agenzia per il debito tedesca in qualità di “banca custode e non di prestatore di ultima istanza”, come sostiene Isabella Bufacchi sul Sole 24 Ore del 26 Novembre 2011: i titoli trattenuti risultano in sostanza congelati presso la banca centrale tedesca, senza che questa corrisponda al governo alcuna somma di denaro in cambio, ossia senza che quei titoli risultino effettivamente sottoscritti.
Spiega ancora la Bufacchi: “L`agenzia del debito tedesco riprende poi quei titoli invenduti e li ricolloca in tranche sul secondario, nell`arco di qualche giorno o in casi di mercati ostici di qualche settimana.
” Dunque sembra, a prima vista, che la Germania non stia procedendo alla cosiddetta ‘monetizzazione’ del debito pubblico. A confermare questa interpretazione interviene anche la prestigiosa rivista The Economist, pubblicando sul proprio sito l’articolo Fun with bunds in cui, “per evitare che i bloggers passino molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, si affida la soluzione al dilemma alle parole di un rappresentate della PIMCO, una delle più importanti società private di investimento a livello internazionale:
“La Finanzagentur ha emesso solamente 3,6 miliardi in cambio di liquidità. Loro hanno collocato 3,6 miliardi sul mercato ed hanno trattenuto 2,4 miliardi sui loro libri contabili. In futuro potranno vendere l’ammontare trattenuto sul mercato secondario, ottenendo la corrispondente liquidità. Potreste aver letto che la Bundesbank ha acquistato la quota dell’emissione che non è stata collocata in asta; ciò non è corretto.
La Bundesbank non sta finanziando la Germania; opera semplicemente come un’agenzia per la Finanzagentur.” La pratica dell’Agenzia tedesca per il debito, consistente nel trattenere una quota dell’emissione, viene dunque presentata, molto semplicemente, come un metodo per procrastinare il collocamento di quei titoli, in attesa di più favorevoli condizioni sui mercati finanziari: una mera questione di tempo, poiché i titoli emessi ma non anche collocati saranno, prima o poi, effettivamente collocati.
3. Dopo aver “passato molto tempo immersi nei meccanismi d’asta delle obbligazioni europee”, è forse possibile mettere in discussione la validità di questa lettura del problema, ed incentrare l’interpretazione del particolare meccanismo di emissione dei titoli pubblici tedeschi non tanto sul ‘quando’ i titoli trattenuti verranno sottoscritti, quanto piuttosto sul ‘dove’ quei titoli verranno poi, effettivamente, collocati.
La struttura istituzionale conferita generalmente agli odierni processi di emissione dei titoli del debito pubblico si fonda su una netta distinzione tra il mercato primario, dove i governi collocano i titoli di nuova emissione, ed il mercato secondario, dove i titoli già emessi possono essere liberamente scambiati.
Tale distinzione è rilevante, all’interno della cornice istituzionale dell’eurozona, poiché il Trattato di Maastricht (comma 1 art. 101[2]) vieta esplicitamente alle banche centrali dell’eurozona l’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi membri solamente sul mercato primario: la BCE e le banche centrali dei paesi membri sono dunque lasciate libere di acquistare titoli del debito pubblico dei paesimembri dell’eurozona sul mercato secondario, e siamo certi che stiano operando in questo senso quantomeno a partire dal Maggio 2010, nel contesto del Securities Markets Programme[4].
Si noti come la chiara distinzione tra mercato primario e mercato secondario, ovvero la regola per cui sul mercato secondario possono essere scambiati solamente titoli già emessi sul mercato primario, sia il presupposto della logica seguita dalle istituzioni europee, le quali prevedono contemporaneamente il divieto imposto da Maastricht, che si riferisce al mercato primario, ed il Securities Markets Programme, che limita al mercato secondario la libertà di intervento delle banche centrali. Nelle parole dell’allora Governatore della BCE Trichet: “le nostre azioni sono pienamente conformi al divieto di finanziamento monetario [del debito pubblico] e dunque alla nostra indipendenza finanziaria.
Il Trattato vieta l’acquisto diretto, da parte della BCE, dei titoli del debito emessi dai governi. Noi stiamo acquistando quei titoli solamente sul mercato secondario, e dunque restiamo ancorati ai principi del Trattato”.[5]
Alla luce di quanto detto circa la pratica – operata negli anni dalla Germania – di destinare una quota rilevante delle emissione ad operazioni sul mercato secondario, risulta evidente che, quando consideriamo il mercato dei titoli pubblici tedeschi, la distinzione tra mercato primario e mercato secondario si fa quantomeno labile: tramite la quota di titoli di nuova emissione regolarmente trattenuta dall’Agenzia del debito, infatti, la Germania è in grado di collocare i propri titoli del debito pubblico direttamente sul mercato secondario.
Ciò è rilevante perché se il mercato primario dei titoli pubblici è esplicitamente riservato, in tutti i paesi dell’eurozona, ad un gruppo di investitori privati, sul mercato secondario operano – accanto agli investitori privati – anche le banche centrali dei paesi membri. Questo significa che il tasso di interesse che si determina sul mercato primario può essere spinto al rialzo da una carenza di domanda di titoli che non ha ragione di esistere sul mercato secondario, laddove l’azione della banca centrale implica una domanda potenzialmente infinita per i titoli pubblici: sul mercato primario, dove non operano le banche centrali, può sussistere una situazione di eccesso di offerta di titoli che conduce ad un rialzo nei tassi di interesse, quale quello osservato in Grecia nei primi mesi del 2010, ed in Italia a partire dall’Agosto 2011, mentre sul mercato secondario l’intervento della banca centrale ha il potere di creare tutta la domanda necessaria a spingere al ribasso il rendimento dei titoli pubblici.
Pertanto, il semplice fatto che il collocamento dei bund di nuova emissione avvenga, in parte, direttamente sul mercato secondario ha un impatto significativo sul tasso di interesse dei titoli pubblici tedeschi, garantendo alla Germania un minor costo dell’indebitamento pubblico, a prescindere dalla possibilità (pure presente) che i titoli di nuova emissione collocati sul mercato secondario vengano sottoscritti direttamente dalla Bundesbank.
La particolare struttura istituzionale del processo di emissione dei titoli pubblici tedeschi sopprime di fatto la distinzione tra mercato primario e mercato secondario, aprendo lo spazio per il finanziamento del debito pubblico tramite la banca centrale – spazio negato agli altri paesi membri dell’eurozona. Il complesso meccanismo di emissione dei titoli pubblici appena descritto consente alla Germania di proporre, in asta, un tasso dell’interesse molto basso, come avvenuto il 23 Novembre: se gli investitori privati si rifiutano di sottoscrivere i titoli del debito pubblico tedeschi a quei tassi, giudicati poco remunerativi, lo Stato trattiene la quota dell’emissione non collocata e procede, successivamente, al collocamento di quei titoli sul mercato secondario, dove l’azione della banca centrale è in grado di orientare i livelli del tasso dell’interesse vigente, o addirittura di tradursi in un intervento diretto, con la Bundesbank che sottoscrive i titoli del debito non collocati sul mercato primario. In assenza di un simile meccanismo, i governi sono costretti ad accettare il tasso di interesse che gli investitori privati pretendono sul mercato primario, laddove la loro disponibilità a sottoscrivere i titoli pubblici rappresenta l’unica possibilità che lo stato ha di finanziare il proprio debito.
L’“eccezione tedesca” può essere concepita come un metodo che permette di aggirare i divieti imposti dal Trattato di Maastricht, e viene da chiedersi per quale motivo gli altri paesi dell’eurozona non si siano dotati di un simile dispositivo, capace di arginare le pretese dei mercati finanziari internazionali sui rendimenti dei propri titoli pubblici.
Meditate, gente meditate, il gioco delle tre carte tedesche continua.
Ieri sembra che la tenera manina della Bundesbank abbia riposato, in fondo i rendimenti hanno sfiorato l’iperbolica cifra del 2 % sul decennale, scadenze tranquille..”La Germania ha piazzato 4,057 miliardi di bund, leggermente sotto il massimo previsto di 5 miliardi. Ma la domanda degli investitori si è dimostrata sostenuta raggiungendo i 5,14 miliardi.
Si leggermente sotto il massimo previsto di 5 miliardi. Ne ha piazzati solo 4 virgola e chissà forse quell’innocente miliarduccio rimasto è finito in un cassetto per essere collocato. successivamente sul secondario…
Ma di questo ed altro ne parleremo nel post in preparazione la prossima settimana, per tutti gli amici e sostenitori di Icebergfinanza, per coloro che lo vogliono sostenere anche economicamente, osserveremo da vicino probabili iceberg e stelle polari del 2012, un anno che passerà alla storia in una maniera o nell’altra, un anno decisivo per la futura intensità della tempesta perfetta, una tempesta che ci accompagnerà ancora per qualche anno, al di là dell’immaginazione dei mercati finanziari e della gente comune. ORIZZONTE 2012…SENZA DIMENTICARE LA STORIA!
non si potrebbe passare attraverso la cassa depositi e prestiti per collocare i btp sul mercato secondario come fanno i crucchi?
Io personalmente tenterò di aderire all’AdC di unicredit per disperazione, se non lo faccio non rivedrò mai piu i soldi investiti in questa bancaccia marcia (ho un carico attuale di 20,28 Euro…), recuperando liquidità a destra e manca perchè ora ne sono a corto.
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Alla lettera di adesione allegherò naturalemte copia della raccomandata che spedirò al CdA di piazza Cordusio con la quale chiedo formalmente le dimissioni di Ghizzoni (spero lo facciano in molti).
Purtroppo il Ghizzoni, vero “prodotto interno” della banca visto che 20 anni fà era uno impiegato allo sportello a Parma, si sta rivelando decisamente non adatto al ruolo.
Ecco un video (e qui si entra nel mio campo professionale) che è una pistolettata nelle palle, una Tafazzata autolesionista di livello incredibile per una banca internazionale in cui il Ghizzoni si rende ridicolo con un discorso in inglese (corretto, ci mancherebbe visto che legge un “gobbo”) con una pronuncia che non convincerebbe del tutto nemmeno la classica casalinga di Castelnovo di Sotto.
http://www.unicreditgroup.eu/en/About_us/About_us.htm?intcid=video_ghizzoni
Ottimo articolo. Poi per chiarire:
Aderire a un adc e/o mediare uno strumento finanziario è solo un “escamotage psicologico”. Di fatto si apportano nuove risorse che non è detto forniscano quel fuel in più che farà tornare vincente un’operazione. Per esempio invece di aver immobilizzato 50.000 euro ci si ritroverà a averne immobilizzati 70.000 senza alcuna garanzia di averne un ritorno.
E’ anche possibile che in futuro, come già è accaduto, il titolo possa decuplicare ma: a) deve esaurirsi il bear market b) le economie devono entrare in una nuova fase espansiva c) nel frattempo l’azienda non deve essere fallita o inglobata in altre realtà a prezzi stracciati.
A tale proposito ricordo l’acquisizione a prezzi da saldo tramite scambio azionario fatto da Capitalia su Bipopcarire (Fineco). Cpitalia arrivò poi nel 2003 a valere 0,70 euro per poi essere integrata da Unicredit dopo qualche anno a 7 euro. Chi ha comprato Capitalia a 0,70 (Ricucci ad esempio) ha fatto i soldi. Chi ha comprato sui max e visto poi la conversione delle Bipop, anche ad avere tenuto le Capitalia fino a 7 euro, tutti questi soldi non li ha visti.
Faccio notare che Unipol e altre aziende post aumento di capitale hanno visto le proprie quotazioni ridursi fortemente…
Ciao Andrea,
mi trovo in vacanza in Spagna ma non posso fare a meno di leggere i tuoi post, sempre di grande qualita’…come non posso fare a meno di deprimermi per quello che vedo in giro nella blogsfera come nelle testate ufficiali, troppo poco l’amore per la verita’ e per il proprio Paese.
Questo di oggi e’ uno scoop notevole. Facciano lo stesso anche gli altri Stati e termini presto questa buffonata degli spreads che non nascono dai fondamentali ma dalla speculazione e da tecnicismi ingegnosi.
Quanto all’aumento di capitale di Unicredit io sento parecchia puzza di zolfo….aspettiamo di vedere come sara’ la compagine sociale dopo l’aumento per vederci piu’ chiaro. Io so soltanto che quando Intesa fece l’aumento Unicredit nego’ in tutti i modi di averne bisogno o di esserne interessata….qualche mese dopo se ne escono con una conversione apparentemente senza senso di 10 vecchie azioni per 1 nuova seguita da un enorme aumento di capitale con uno sconto pazzesco…e conseguente ovvio crollo del corso del titolo.
Boh….che brutti tempi che stiamo vivendo!!
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E’ vero, viene da chiederselo. Qualcuno immagina perché?
Grandissimo articolo . Siamo stufi di questi giochini della Bundesbank, dell’Eba…. Ma possibile che nessuno (Napolitano, Monti, Berlusconi, Bersani) abbia le p.lle per alzarsi e dire tre semplici parole: FATECI IL CONTO. Usciamo da questa porcata, svalutiamo del 30% e ripartiamo a palla.
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ma il sig Ghizzoni non è quello che mesi fa ha detto che non serviva nessun aumento di capitale?cosi mentendo agli investitori?per me va licenziato in tronco,scuse non ce ne sono ,l’azienda dove lavoravo dopo un anno in negativo di bilancio mi ha licenziato.
mi aspetto che vengano licenziati i signori che lavorano in unicredit