ARTICOLO 18: MALEDETTA FLESSIBILITA’ !

Scritto il alle 07:32 da icebergfinanza

 

Non ho nessuna intenzione di entrare nella polemica in corso sulla modifica dell’articolo 18, ma voglio solo condividere alcune considerazioni sulla base della mia sensibilità all’argomento lasciandovi solo la parte dell’intervista al Corriere della Sera che ha scatenato il vespaio della politica italiana… CorrieredellaSera

La trattativa sul mercato del lavoro comincerà entro il 31 dicembre?
«Forse non ce la faremo, perché vorrei presentarmi alle parti con delle analisi approfondite sulle diverse questioni».

Sicuramente, tra queste, c’è quella giovanile, come ci ha ricordato ieri l’Istat: il 40% dei disoccupati ha meno di 30 anni e chi lavora, ha quasi sempre contratti precari.
«Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti. Sono rimasta molto colpita nel sentire i pensionati che si lamentano perché devono mantenere anche i nipoti. Questo è un ciclo perverso. Non è possibile che la pensione di un nonno debba mantenere dei giovani né che questi si adagino su una prospettiva di vita bassa».

Come se ne esce?
«Penso che un ciclo di vita che funzioni è quello che permetta ai giovani di entrare nel mercato del lavoro con un contratto vero, non precario. Ma un contratto che riconosca che sei all’inizio della vita lavorativa e quindi hai bisogno di formazione, e dove parti con una retribuzione bassa che poi salirà in relazione alla produttività. Insomma, io vedrei bene un contratto unico, che includa le persone oggi escluse e che però forse non tuteli più al 100% il solito segmento iperprotetto».

I sindacati non ci stanno a toccare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
«Sono abbastanza anziana per ricordare quello che disse una volta il leader della Cgil, Luciano Lama: “Non voglio vincere contro mia figlia”. Noi, purtroppo, in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli. Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte».

Monti ha detto che le nuove regole si applicheranno solo ai futuri assunti.
«Certamente penso ci voglia maggiore gradualità nell’introduzione delle nuove regole rispetto a quanto abbiamo fatto sulle pensioni».

In questi giorni ho sentito troppi politici e troppi sindacalisti riempirsi la bocca del nulla, gente che in questi anni ha assecondato nei rispettivi compiti il fallimento di questo sistema!

Recentemente in un incontro nella mia città Trento, il filosofo Bauman ha definito la flessibilità ….Maledetta, perchè i giovani hanno bisogno di certezze e non di fantasia!

(…) Il  quadro di Bauman, anche sollecitato dalle domande degli studenti del Liceo scientifico Da Vinci invitati a leggere il libro in anteprima, non è roseo  per le nuove generazioni, a cui viene chiesta flessibilità: «Un termine non solo in contrasto con quello che dovrebbe essere apprendimento ed  educazione, che invece chiede perseveranza, concretezza e fedeltà, ma che  è pure moralmente sbagliato», ha detto Bauman.

Bauman ha scritto nel suo libro “La moderna liquidità” …l’analisi parte dagli albori della modernità, quando il lavoro fu scisso dall’attività dello scambio, trasformando così il lavoro (ed il lavoratore) in una merce come le altre nelle mani del capitale, ed arriva ad oggi in cui lo storico rapporto tra lavoro e capitale si è modificato con “l’avvento del capitalismo leggero e fluttuante, caratterizzato dal disimpegno e dall’allentamento dei legami che uniscono capitale e lavoro.” (p. 172) Allentamento e disimpegno stanno a significare che il capitale ha rotto definitivamente il suo magico rapporto con il lavoro, non volendo più essere incatenato con esso al suolo; chiara indicazione di ciò è la crescente flessibilità (precarietà) che investe il mondo del lavoro, concetto questo che sta traformando milioni di lavoratori in liberi professionisti della flessibilità; (…)

Il lavoro oggi si acquista, al pari di altre merci, in negozi appositi, acuendo in questo modo la precarietà e l’instabilità della vita di ogni individuo..

“Tuttavia, ciò che appare come flessibilità dal lato della domanda ricade come un destino duro, crudele, insuperabile e ineluttabile su tutti coloro che si trovano sul versante dell’offerta:…il lavoro viene e va, scompare subito dopo essere apparso, viene spezzettato o sottratto senza preavviso, mentre le regole del gioco per le assunzioni e i licenziamenti cambiano senza appello e chi ha o cerca un lavoro poco può fare per frenare il processo”. Questa è la descrizione della flessibilità del sociologo polacco Zygmunt Bauman.

Ma un incredibile assist arriva da un insospettabile Mario Draghi…

Premesso che le raccomandazioni della Commissione Ue hanno alto valore politico ma non vincolano gli Stati membri, senza un eccessivo sforzo di immaginazione, la parola chiave dovrebbe essere, ancora una volta, “flessibilità”.

Anche di questo ha parlato ieri il presidente della Bce Mario Draghi, in un ampio intervento 2 davanti alla Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. In particolare, invitando a riflettere sulle dinamiche del mercato del lavoro americano. Dove, secondo Draghi, “il mercato del lavoro è anche troppo flessibile”, e “la flessibilità crea incertezza”. (Repubblica)

Tornando a Bauman…

L’immagine che più di ogni altra esemplifica questa prima fase della modernità è, secondo l’autore, il Panopticon, questo luogo inventato da J. Bentham e ripreso da M.Foucault,c nel quale le persone vivono costantemente controllate e sorvegliate dal potere, potere che poteva contare sulla sua velocità e facilità di spostamento per tenere sotto controllo i propri sudditi: ” Il dominio del tempo era l’arma segreta del potere dei leader” (p. XVI). Un’altra immagine può chiarire, tra le tante, cosa abbia significato il potere di controllo sul tempo: la fabbrica fordista con la sua standardizzazione del tempo di lavoro nella catena di montaggio. Questo modello di relazione tra controllori e controllati comportava il reciproco coinvolgimento tra gli attori in campo e di fatto inchiodava il potere allo stesso suolo dove i controllati svolgevano le proprie attività. Nella nostra fase di modernità, che l’autore definisce liquida, il modello panottico e tutte le strutture sociali ad esso collegate è definitivamente entrato in crisi e, liquefacendosi, ha aperto una nuova fase della storia umana che da molti è stata interpretata come fine della storia o come fine della modernità, ma che l’autore definisce preliminarmente come post-panottica; essa tuttavia esibisce ancora il tratto caratteristico della modernità, ossia la sempre inarrestabile spinta alla modernizzazione. Questa fase di liquidità attraversa aspetti importanti della nostra vita sociale come ad esempio il lavoro, la comunità, l’individuo, il rapporto tra lo spazio ed il tempo, ed infine, ma non ultimo in ordine di importanza, l’idea di libertà e quella ad essa collegata di emancipazione. Lo scopo di questa testo è mostrarci come siano divenuti più liquidi e dunque inafferrabili questi concetti che, fino a poco tempo fa, rappresentavano il cardine portante delle nostre società e del nostro vivere in comune. Passiamo dunque ad analizzare questi aspetti della modernità liquida. KAINOS

Come ho scritto recentemente … Ho passato gran parte della mia vita insieme ai giovani, tra le future generazioni per non credere in loro, per non vedere in loro i semi di speranza del futuro, troppo tempo per non provare ancora oggi un brivido…

Non è più tempo solo di resistere, ma di passare all’azione, un’azione comune, perché ormai si è infranta l’illusione della salvezza individuale. Per raccontare chi siamo e non essere raccontati, per vivere e non sopravvivere, per stare insieme e non da soli.

C’è tutto e molto di più in queste quattro righe, espresse dal comitato
ILNOSTROTEMPOE’ADESSO!, giovani che vogliono tornare ad essere protagonisti della loro vita. I giovani sono tra coloro che stanno pagando il prezzo più alto di questa immensa crisi, un futuro sequestrato da un gruppo di esaltati che quotidianamente giocano con l’economia reale, creando un’illusione di carta.

Che nessuno si azzardi a farne una questione politica!

C’è il rischio di perdere intere generazioni, uomini e donne senza dignità, senza serenità, c’è il rischio di disintegrare le fondamenta della società, la FAMIGLIA, quella FAMIGLIA per la quale nessun governo ha fatto nulla, nulla di nulla, quando nella FAMIGLIA c’è il potenziale della crescita umana, culturale, spirituale ed economica di un Paese!

Ma ci sono anche mille opportunità da cogliere e che spesso non si vuole cogliere. Ci vuole maggiore rispetto e responsabilità nel dialogo tra le diverse generazioni, i giovani sono il presente ora ed adesso, altro che futuro!

Siamo ostaggi della finanza intesa come ricchezza prodotta dal nulla, una finanza demenziale, speculativa che scaccia la finanza responsabile. Siamo ostaggi del concetto di valore materiale  rispetto all’identità.

Siamo la grande risorsa di questo paese. Eppure questo paese ci tiene ai margini. Senza di noi decine di migliaia di imprese ed enti pubblici, università e studi professionali non saprebbero più a chi chiedere braccia e cervello e su chi scaricare i costi della crisi. Così il nostro paese ci spreme e ci spreca allo stesso tempo.

Siamo una generazione precaria: senza lavoro, sottopagati o costretti al lavoro invisibile e gratuito, condannati a una lunghissima dipendenza dai genitori. La precarietà per noi si fa vita, assenza quotidiana di diritti: dal diritto allo studio al diritto alla casa, dal reddito alla salute, alla possibilità di realizzare la propria felicità affettiva. Soprattutto per le giovani donne, su cui pesa il ricatto di una contrapposizione tra lavoro e vita.

Non siamo più disposti a vivere in un paese così profondamente ingiusto. Lo spettacolo delle nostre vite inutilmente faticose, delle aspettative tradite, delle fughe all’estero per cercare opportunità e garanzie che in Italia non esistono, non è più tollerabile. Come non sono più tollerabili i privilegi e le disuguaglianze che rendono impossibile la liberazione delle tante potenzialità represse.

Non è più tempo solo di resistere, ma di passare all’azione, un’azione comune, perché ormai si è infranta l’illusione della salvezza individuale. Per raccontare chi siamo e non essere raccontati, per vivere e non sopravvivere, per stare insieme e non da soli.

Vogliamo tutto un altro paese. Non più schiavo di rendite, raccomandazioni e clientele. Pretendiamo un paese che permetta a tutti di studiare, di lavorare, di inventare. Che investa sulla ricerca, che valorizzi i nostri talenti e la nostra motivazione, che sostenga economicamente chi perde il lavoro, chi lo cerca e chi non lo trova, chi vuole scommettere su idee nuove e ambiziose, chi vuole formarsi in autonomia. Vogliamo un paese che entri davvero in Europa.

Siamo stanchi di questa vita insostenibile, ma scegliamo di restare. Questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza: a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la “pagano” ai loro figli. Lo chiediamo a tutti quelli che hanno intenzione di riprendersi questo tempo, di scommettere sul presente ancor prima che sul futuro, e che hanno intenzione di farlo adesso.

Si il Vostro tempo è adesso, il tempo della consapevolezza, la vita non aspetta! In giornata esploreremo la nuova dimensione di questa ripresa fantasma!

Era solo un semplice invito a considerare la questione lavoro da un altro lato, quello della moderna liquidità, quello che in pochi Vi raccontano, quello che in molti hanno paura di raccontare!

 

4 commenti Commenta
ilcuculo
Scritto il 21 Dicembre 2011 at 10:06

Il popolo dei precari è oramai tanto numeroso da poter avere voce VOCE.

Dovrebbe essere una fetta piccola e marginale del mercato del lavoro utile a coprire situazioni specifiche, a queste condizioni non creerebbe problemi, invece in certe realtà è diventato la norma.

Quindi se oggi, con uno sforzo titanico, il popolo dei precari mandasse tutto il paese affanculo e si mettesse in SCIOPERO AD OLTRANZA finchè non venisse varata una seria riforma del mondo del lavoro e degli amortizzatori sociali, potrebbero finalmente FERMARE L’ITALIA e farla riflettere.

john_ludd
Scritto il 21 Dicembre 2011 at 11:32

Ricordo quanto già sapete. Il miglior sistema di welfare al mondo è quello scandinavo. Il sistema danese in particolare gestisce il mercato del lavoro in modo brillante tutelando il lavoratore cioè il cittadino cioè LA PERSONA e non il posto di lavoro, la fabbrica o il capitalista. In estrema sintesi, il lavoratore può essere licenziato per ragioni economiche ma lo stato gli garantisce 2 anni a pieno salario e lo riqualifica per un nuovo posto di lavoro. Non esistono contratti precari e non esiste una guerra tra generazioni. Ricordo infine che la quasi totalità degli iscritto al sindacato è oltre i 50 anni e/o già in pensione. Che razza di sindacato è questo ?

nicolsson
Scritto il 21 Dicembre 2011 at 18:14

io applaudo a Libero invece 8e non avrei mi pensato di dire una cosa del genere)!
solo che l’hanno tagliat con l’accetta e rischiano di bruciare la notizia! lo si capisce dai commenti! se solo avessero citato il blog….

paolocogorno
Scritto il 22 Dicembre 2011 at 00:15

Io mi permetto di aggiungere un’altra demenzailità di questa manovra, sulla penalizzazione effettiva degli affiitti … leggete qui.

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-12-16/affitti-penalizzati-comuni-perdono-225156.shtml?uuid=AaHPp2UE&fromSearch

Paolo C.

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