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PETROLIO 20 DOLLARI: OK IL PREZZO E’ GIUSTO!
Non ci interessa in questa sede discutere di dove andrà il prezzo del petrolio, chi ci segue sa che se non usiamo l’analisi empirica ci affidiamo all’analisi tecnica e soprattutto al nostro Leonardo. L’obiettivo dei 33 dollari è stato raggiunto, quello successivo lo abbiamo visto insieme al nostro Machiavelli, ora arrivano anche loro…
Riad: «Possiamo convivere con il barile a 20 dollari»
Riad gela le attese di un possibile intervento per arrestare la rovinosa caduta delle quotazioni petrolifere. Il ministro del Petrolio saudita Ali al-Naimi ha detto durante un convegno a Houston che l’Arabia Saudita può convivere con un prezzo del petrolio ancora in calo fino a 20 dollari. L’Arabia Saudita si affida anche alle forze del mercato, ha aggiunto Ali al-Naimi, per il quale l’offerta e la domanda riusciranno a equilibrare il mercato. Il ministro ha anche indicato che i bassi prezzi del petrolio spingeranno fuori dal mercato i produttori con prezzi di estrazione più alti. «Produttori che non sono efficienti e con problemi di redditività dovranno lasciare il mercato. È difficile dirlo, ma è una realtà. Noi possiamo convivere con un prezzo del petrolio a 20 dollari. Non lo vogliamo, ma se dobbiamo lo faremo«. Al-Naimi ha anche escluso una inziativa coordinata per ridurre le estrazioni tra i Paesi membri dell’Opec al di fuori del cartello. Attualmente l’offerta di petrolio supera la domanda di circa un milione di barili al giorno.
«Produttori che non sono efficienti e con problemi di redditività dovranno lasciare il mercato. È difficile dirlo, ma è una realtà… Detto questo, mentre quotidianamente aumentano i fallimenti di coloro che devono lasciare il mercato, diamo un’occhiata dell’esposizione delle banche americane al settore energy che non dimentichiamolo è il nuovo fenomeno SUBPRIME americano, dopo quello immobiliare e quello del settore automobilistico…
A $123 Billion Chunk of Energy Debt – Bloomberg Gadfly
Everyone knows the energy patch is suffering, but it’s difficult to reliably quantify the pain.
Here’s a start: $123 billion.
That’s the estimated amount of outstanding loans and lending commitments to the energy industry that big U.S. banks have on their books, gleaned from reports by analysts at RBC Capital Markets, Janney Montgomery Scott and Susquehanna International Group published this month. That number, previously hard to come by, is important because oil prices have plunged to less than one-third of what they were two years ago, and investors and regulators would like to have a sense of how much pain could spread if the energy industry could not pay back its obligations. If banks suffered severe losses tied to energy-related debt, it could magnify the damage to the broader economy.
Questa invece l’esposizione del settore finanziario europeo anche alle commodity…
Attenzione si tratta solo di supposizioni, ormai è chiaro che i dati in generale non rispecchiano la realtà, tra frodi e manipolazioni, truccare un bilancio ci vuole poco!
Sull’argomento in questione e sulla visione vi consiglio di dare un’occhiata a questo signore, Art Berman | Energy specialist & Keynote speaker suggerito dal nostro John non un ciarlatano o menestrello di sistema qualunque…
Come sempre quelli che dicevano che il prezzo del petrolio non poteva scendere oltre un certo livello, oggi suggeriscono che resterà basso per lungo tempo addirittura c’è chi lo vede a 10 dollari e via dicendo. In realtà…
Chris Martenson’s Interview with Art Berman: Why The Price Of Oil Must Rise
Arthur Berman: Why The Price Of Oil Must Rise Why a supply shock is inevitable This interview and podcast were recorded on December 15, 2015 and are posted courtesy of Chris Martensons’s Peak Prosperity website.
Buona lettura e buona consapevolezza, c’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo, l’importante è esserne consapevoli.
@ IcebergFinanza :
“diamo un’occhiata dell’esposizione delle banche americane al settore energy che non dimentichiamolo
è il nuovo fenomeno SUBPRIME americano”
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vero, Andrea, e puoi dirlo forte.
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Produttori che non sono efficienti e con problemi di redditività dovranno lasciare il mercato. È difficile dirlo, ma è una realtà. Noi possiamo convivere con un prezzo del petrolio a 20 dollari. Non lo vogliamo, ma se dobbiamo lo faremo.
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quella a cui stiamo assitendo è una interessantissima “evoluzione/turning point” della storia.
Il mondo è stato governato per [molti]decenni sotto il dominio del binomio USA/SAUDI Arabia, per via di un patto sottoscritto tra i due che garantiva mutuo interesse ad entrambi;
agli imperialisti yankees il petrolio dei sauditi (e il petrolio si è sempre scambiato in US $ – dettaglio non insignificante…)
ai sauditi la protezione militare degli imperialisti yankees
(di questo il mondo -se non ne era consapevole- se n’è potuto rendere conto facilmente all’epoca della prima guerra del golfo, quando saddam si era illuso di poter fare la voce grossa contro gli emirati : gli yankees ci hanno messo 12 ore -o anche meno- a mettere in moto e muovere la loro macchina da guerra per proteggere i propri interessi nella penisola araba…)
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Ora improvvisamente i sauditi adottano una strategia a proteggere i loro interessi, ma che va anche [fortemente ] a cozzare contro gli interessi yankees e relativamente giovane nuova industria dello shale oil in territorio nord americano, che per i volumi che si prefiguravano era di fatto diventato il nuovo Eldorado per gli avventurieri della finanza locale…
mmmhhhh…. davvero interessante…
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quello che afferma il rappresentante Saudi è corretto e corrisponde a verità : grazie alla qualità del loro greggio e grazie alla efficienza di tutta la loro catena estrattiva/produttiva, i saudi arabians possono tranquillamente vivacchiare con il petrolio a 20$ al barile (*), guardando nel frattempo diversi Stati -opec e non- saltare letteralmente in aria, se non riescono a reggere il colpo; in nord america -che pur da quando il prezzo è iniziato a calare hanno fatto di tutto per riguadagnare competitività cercando di migliorare l’efficienza della propria catena estrattiva- si prefigura un bagno di sangue.
Del Venezuela è meglio non parlare… e il Brasile è li a un passo da diventare un secondo Venezuela…
a parte gli improperi che gli pioveranno da tutto il mondo, credo [spero per loro] che i saudi siano coscienti di questo -del pericolo destabilizzante in varie parti del mondo che comporta un perdurare del costo del greggio a livello così basso per periodi prolungati di tempo, come hanno voluto e come pubblicamente confermano…
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(*) ho letto da varie parti che con un costo così basso del greggio, è messa seriamente in pericolo la stabilità dei loro conti e dei loro bilanci;
per me sono balle;
ho da qualche parte un grafico storico del greggio, che parla chiaro :
prima della fiammata 1973 coincidente per l’occidente con la prima crisi del petrolio,
i sauditi vendevano il loro petrolio stabilmente a $20/barile, E FACEVANO SOLDI A PALATE
dopo l’impennata di quella crisi, per 15anni il petrolio ha subito un rialzo sensibile con picco a $ 100/ barile (1980-1981),
e i sauditi [con i loro vicini emirati] continuavano A FAR SOLDI A VAGONATE
dalla seconda metà anni 80, per tutto il decennio anni 90 e per i primi anni del 2000 (fino al 2003 prima che iniziasse di nuovo a crescere) , il costo del greggio si è calmierato ed ha veleggiato mediamente stabile sui $ 30/barile (con oscillazioni massime a $ 40/barile),
e sauditi [e amigos emirati] continuavano A FAR SOLDI A VAGONATE,
tanto che il loro unico problema era diventato (non dal 2000, ma da molto prima) “DOVE METTERE TUTTI QUESTI SOLDI”
(fondi sovrani arabi, e quote di partecipazioni nelle principali società multinazionali americane e japan, presto detto…)
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Particolare importante : non si deve dimenticare una caratteristica di quegli Stati (non è la prima volta che lo scrivo) :
quelli non sono paesi come i nostri, retti da politica democratica, cui a 60 milioni o 80 milioni di cittadini, a seconda del caso, i rispettivi governi devono rendere conto;
NO,
a parte l’Arabia Saudita composta da 30 milioni di sudditi (non cittadini) cui la familia reale reggente (NON) deve rendere conto di nulla (caso mai è la famiglia reggente che ORDINA -non dice- ai propri sudditi che NON DEVONO ROMPERE LE SCATOLE, pena la perdita della testa), gli altri emirati dell’area sono assai più piccoli come popolazione e retti dallo stesso sistema politico ( = monarchia assoluta priva di parlamento; decide in tutto e per tutto l’emiro di turno che possiede il 99% della ricchezza dell’intero paese grazie al petrolio… chiaro? -detto ai pochi sudditi-)
Credo con convinzione che loro siano i meno preoccupati nel mondo, attualmente.
Fossi in loro, l’unico dubbio che mi verrebbe alla mente è :
“ma non darà troppo fastidio ai ns amici imperialisti yankees, che tanto bene ci vogliono tanto da averci sempre difeso da attacchi e/o minacce portati dall’esterno, il fatto che una delle conseguenze dirette della ns strategia è COLARE A PICCO LA LORO GIOVANE INDUSTRIA SHALE ???”
Grazie John, sempre preciso e illuminante sul tema, essenziale. Sarebbe interessante anche mettere a fuoco il fatto che la rivoluzione verde degli anni ’70 non sta in piedi senza petrolio a disponibile a basso costo e l’intera filiera distributiva che consente di parlare di globalizzazione.
Per l’oro blu, poi, occorrerebbe fare un discorso ancora più importante, mettendo a fuoco ciclo lento e ciclo veloce dell’acqua, l’impoverimento delle riserve millenarie (es. Ogalalla aquifer). Insomma: un futuro davvero pericolante più che pericoloso…
aorlansky60,
Le fabbriche che producono pannelli solari sono alimentate dalle centrali a carbone e in minor misura a gas (dato che gran parte della produzione è cinese), idem per quelle che producono le turbine a vento. I pannelli vengono poi trasportati su autocarri al più vicino porto e caricati su navi trasporto a nafta. Una volta arrivati e venduti l’installatore utilizza un autocarro sino a destinazione. I mulini a vento data la mole delle torri richiedono un utilizzo estensivo di carburanti fossili per il trasporto, navi ed elicotteri per i campi in mare. Analisi a tutta vita, che tentano di calcolare l’impronta energetica delle rinnovabili dimostrano che questi impianti richiedono lustri per produrre l’equivalente energetico verde dell’energia fossile utilizzata per l’intero ciclo di produzione, trasporto e installazione. Per ora la rivoluzione verde è in gran parte un sogno il cui esito principale è stato l’arricchimento di agenti finanziari che potendo contare su vaste campagne di sussidi hanno realizzato investimenti con ritorni a doppia cifra a rischio zero. Nel frattempo che si sprecavano miliardi, l’intensità della ricerca tecnico scientifica unica via in grado di produrre soluzioni, non è aumentata, anzi in Europa è in calo sensibile.
L’Arabia Saudita non può convivere con il petrolio a 20 $ e neppure con quello a 50 $ se non per breve periodo, durante il quale oltre a dover comprimere la spesa sociale che tiene assieme un paese privo di tutto, deve ridurre gli investimenti necessari a mantenere e se possibile espandere la produzione futura. Deve pure ridurre i mirabolanti investimenti più volte annunciati e mai attuati per la costruzione di mega centrali solari etc… aventi lo scopo di ridurre il crescente consumo interno di petrolio per liberare spazio alle esportazioni. E’ curioso che gli analisti da strapazzo si concentrino sul dato aggregato di produzione senza comprendere che quel conta è la quantità di petrolio disponibile all’export e la sua probabile sfavorevole evoluzione nel tempo considerando la dinamica demografica esplosiva in tutti i paesi produttori OPEC. I maggiori giacimenti sauditi sono molto antichi (il solo Gawhar attivo dal 1951 produce il 50% di tutto il petrolio saudita e oltre il 6% di quello mondiale); l’entità delle riserve residue è uno dei grandi segreti dei nostri tempi, ma alcune informazioni sono ben note. I giacimenti maggiori sono tutti pressurizzati, tecnica che consente di aumentare la quantità di petrolio estraibile. Per aumentarla ulteriormente vengono già applicate tecnologie simili a quelle utilizzate dai frackers nord americani ma che aumentano notevolmente (ma nessuno sa quanto) il costo del petrolio saudita il quale ERA di pochi dollari al barile ma ora è più alto (ripeto nessuno sa quanto ad esclusione dei servizi delle due potenze maggiori che certo non lo raccontano in giro). La quantità di petrolio estraibile residua dunque non è solo una funziona della geologia come erroneamente assunto dai peak oilers più grezzi ma anche del prezzo. Esistono quindi tanti peak oil, tanto minore il prezzo tanto più rapida la fine. Quello dei sauditi è un bluff, o chicken game, come quello dei frackers. L’esito ogni giorno più probabile è che se il petrolio non torna a 60$, prezzo gestibile per i sauditi che metterebbe comunque fuori gioco 1/3 dei frackers, ENTRAMBI si romperanno le ossa con le conseguenze del caso. In generale, fossi in te, scriverei meno, non serve invocare scenari complicati con richiami a questa o quella potenza militare etc… formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie per spiegare un fenomeno è pura perdita di tempo. La lezione di William of Ockham resta un pilastro del pensiero scientifico moderno. I dati necessari per formulare ipotesi consistenti sono tutti pubblici, personaggi come Art Bermann o Rune Likvern, remuneratissimi consulenti della major internazionali e dei loro governi, rendono questo prezioso servizio aggratis et amore dei a noi altri peones.
Mi stavo scordando che sei un peak oiler scafato, John, tutto vero quello che dici, compreso quella cosina che da tanto viene detta dal famoso Export Land Model, sarebbe a dire che quello che conta e’ con che velocita’ cala il petrolio esportabile, non tutto il petrolio prodotto…
E che questo cala a tasso doppio o triplo di quello del totale, perche’ viene smangiato da un lato dal calo produttivo naturale, e dall’altro dalla crescita dei consumi interni delle nazioni produttrici. Non a caso, si ritiene che tutte queste missioni atte a “ristabilire l’odine mondiale” e “combattere il terrorismo” portato da USA e altre nazioni, abbia il semplice intento di demolire i consumi interni delle nazioni produttrici in modo da avere un differenziale piu’ alto ( e gestito direttamente) di esportazione.
Giusto anche tutto quello che dici sulle rinnovabili, se quello che si vuole e’ continuare con il “BAU con altri mezzi”.
La mia personale visione, e’ che ala fine , tra residuo di fossili e rinnovabili a basso costo, ci si potrebbe livellare attorno ad un 20% del tenore di vita attuale, con un 20% di popolazione residua attuale.
Si, lo so che quadro di inferno comporta questo scenario di stabilita’, specie lungo il corso del riassestamento, ma non si e’ realisti se non si cerca di guardare oggettivamente alle conseguenze delle nostre azioni, e da questo scenario temo di aver pesantemente sottostimato l’effetto del dissesto climatico.
In ogni caso, mi sono riorientato piu’ verso una visione simile a quella di Greer su come procederemo verso questo scenario: neiente piu’ stabilita’ ne’ sicurezza, ma nemmeno apocalisse. Un ruvido percorso a gradini e gradoni in discesa, che prendera’ decine di anni.
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Se il petrolio da scisto è anti economico e una pura creazione della politica monetaria di FED e BCE con break even lontanissimi da quelli che la stampa mainstream suggerisce, che dire del petrolio da tar sands che fa sembrare il petrolio americano un oasi di profittabilità ? Il fatto tuttavia che dovrebbe preoccupare e non poco è questo: se si toglie il petrolio addizionale prodotto da USA e Canada dal 2005 a oggi il RESTO della produzione odierna è inferiore a quella del 2005. Matt Mushalik è un analista indipendente che altro non fa che prendere i dati ufficiali storico (quindi del passato, ergo veri) e aggregarli in modo che anche la zia Maria possa leggerli, dedica il suo ultimo post a questo tema:
http://crudeoilpeak.info/world-outside-us-and-canada-doesnt-produce-more-crude-oil-than-in-2005
Preciso che quando leggete patetici articoli di giornalisti che non conoscono la materia, questi considerano un valore di produzione aggregato dallo scarso valore informativo che comprende tutti i carburanti liquidi (petrolio, condensati, NGL, biocarburanti, guadagni volumetrici in raffineria etc…) La materia è complessa ma eserciti di commentatori beceri non fanno alcuno sforzo per comprenderla. Questo vuole dire che domani il prezzo andrà a 150 $ ? Manco per idea ma vuole dire con certezza assoluta che avremo meno petrolio, quindi meno attività economica che metterà fuori produzione altro petrolio e così via in un feedback distruttivo del quale analisti come Bermann e Likvern scrivono da anni. Il professor Tad Padzek massima autorità planetaria in materia è ancora più categorico. Singolare la storia di Padzek: ex ricercatore della Shell, professore emerito a Berkeley e poi al Petroleum and Geosystems Engineering Department, University of Texas se ne sta ora in Arabia Saudita, perchè orripilato dal modo in cui gli Stati Uniti trattano la materia energetica. Padzek è stato coautore di un report che di recente fa piena luce sul reale stato delle riserve energetiche USA molto inferiori a quanto strombazzato e con costi di produzione tali da renderle in buona parte non estraibili. Alla fine della strada troveranno una gran brutta sorpresa. Chi poteva prevederlo ?
Per i sognatori dell’ultima ora, quelli che sognano macchine elettriche, rammento che le batterie vanno CARICATE e solo con una crescita molto elevata dell’utilizzo di gas, carbone e energia nucleare sarebbe teoricamente possibile soddisfare il sogno dell’automobilina elettrica. Per solare ed eolico è davvero frustrante: sono utili, sono indispensabili, sono ragionevolmente economiche ma nè ora nè nei prossimi 30 anni saranno in grado di sostituire anche solo parzialmente i combustibili fossili. Anche di questo si sa tutto ma si preferisce ascoltare il giornalista da strapazzo di turno o l’economista di quarto livello di turno invece che i titolari delle cattedre di energetica delle più rispettate università del mondo. La potenza installata è una cosa, la densità di potenza ovvero il flusso energetico nell’unità di tempo è un’altra e alla civiltà moderna servono densità di potenza estremamente concentrate richiamabili con certezza che le rinnovabili per ragioni FISICHE non possono produrre. Qui un testo appena pubblicato che fa luce sulla questione (Smil è una tra le massime autorità planetarie in tema di energia):
http://www.vaclavsmil.com/power-density-a-key-to-understanding-energy-sources-and-uses/
E questo e quanto. Nulla di nuovo da quando Francis Bacon pubblicò il suo ammonimento nel lontano 1620, qui un commento del Prof. Patzek:
http://patzek-lifeitself.blogspot.it/2012/11/bacons-warnings.html