Pur in presenza di prezzi al consumo invariati, é bastato un rialzo del dato core legato all’inflazione in America per agitare i soliti fantasmi …
I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono rimasti invariati in gennaio, ma sono cresciuti nell’ultimo anno al passo più veloce da ottobre 2014, segno che l’inflazione potrebbe rimanere stabile nonostante il dollaro forte e il continuo ribasso dei prezzi dell’energia. Sono aspetti che saranno tenuti in considerazione dalla Federal Reserve nel determinare la propria strategia monetaria.Secondo quanto reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, l’indice dei prezzi al consumo è rimasto fermo, dopo il calo dello 0,1% di dicembre (invariato rispetto alla prima stima). Gli analisti attendevano un ribasso dello 0,1%. Il dato “core”, ovvero quello depurato dalla componente dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, è cresciuto dello 0,3%, l’incremento mensile maggiore da agosto 2011, mentre gli analisti attendevano un rialzo dello 0,2%. America 24
In sintesi non è successo nulla o quasi come potete vedere qui sotto…
Come abbiamo evidenziato tempo fa in mezzo ad un solido trend deflattivo non è raro che ogni tanto si ripresentino le solite illusioni inflative.
Come scrivono gli analisti di Goldman Sachs…
Negli ultimi anni, le previsioni economiche sono stati troppo ottimiste sulla crescita del PIL, ma troppo pessimistiche circa l’occupazione in molte economie avanzate. Per capire meglio questo puzzle, abbiamo costruiamo un nuovo modello dal lato dell’offerta per gli Stati Uniti, la zona euro, Giappone e Regno Unito. … I nostri risultati hanno due possibili implicazioni per i mercati obbligazionari. In primo luogo, con la produzione e l’occupazione già vicino al potenziale negli Stati Uniti e nel Regno Unito, l’inflazione è destinata ad aumentare più di quanto i mercati obbligazionari attualmente scontino. In secondo luogo, supponendo che il colpo potenziale è veramente una tantum, la crescita potenziale dovrebbe salire modestamente nei prossimi anni, e quindi sfidare la visione del mercato preannunciando che siamo entrati in un’era di stagnazione secolare e tassi di interesse reali in modo permanente depressi.
Lascio a Voi il compito di capire quale delle due visioni preferiamo nel lungo termine.
Comunque sia come più volte ricordate si tratta sempre di nuove ed irripetibili occasioni.
Affascinante notare che nonostante il dato di ieri siamo ancora ad una probabilità di aumento dei tassi nel mese di marzo di appena il 2 % ….
Stando ai future sui Fed-fund – usati dagli investitori per fare scommesse sulle mosse di politica monetaria della Federal Reserve – sono cresciute al 43% le probabilità di un rialzo dei tassi entro fine anno.La percentuale era al 32% prima della diffusione dell’indice odierno dei prezzi al consumo di gennaio. (…) T-Bond: andamenti a due velocità, le pressioni inflative iniziano ad accelerare.
Dopo avere toccato i massimi intraday successivamente alla diffusione dell’indice odierno dei prezzi al consumo di gennaio, i rendimenti dei Treasury mostrano andamenti a due velocità.
Sono i titoli di stato a breve scadenza – quelli più sensibili a un cambio delle attese sulle mosse della Federal Reserve – ad essere maggiormente sotto pressione.(…) La Fed ha dunque un motivo in più per mantenere le sue intenzioni di alzare i tassi a meno che le prospettive economiche peggiorino. D’altra parte il petrolio continua a calare, facendo calare le aspettive sull’inflazione (che restano sotto il tasso di crescita annuale del 2%).
Il decennale vede i rendimenti – che si muovono inversamente ai prezzi – in calo all’1,7587% dall’1,762% di ieri ma la settimana scorsa si era spinto fino all’1,53%. Il titolo a tre mesi viaggia allo 0,295%.
Questo l’andamento delle altre scadenze:
Titoli a 2 anni, rendimenti in rialzo allo 0,75%.
Titoli a 5 anni, rendimenti in aumento all’1,2359%.
Titolo a 30 anni, rendimenti in ribasso al 2,6148%.
In settimana si attendono oltre a nuovi dati negativi in arrivo dal mercato immobiliare americano,anche la revisione negativa del pil USA dell’ultimo trimestre dello scorso anno vista in riduzione dal 0,7 % al 0,4 %.
L’antipasto della settimana non è certo dei migliori con il sentiment degli affari in Cina visto in deciso peggioramento e l’indice manifatturiero giapponese che di avvicina velocemente alla soglia della contrazione.
Attesi in gornata gli indici manifatturieri di Francia e Germania e l’andamento dell’inflazione in Italia.
Nulla di nuovo quindi mentre i future sono positivi in attesa dell’ultima zampata dell’orso.
Ormai i commenti sull’inflazione sono di una noia stucchevole e sono pure altamente disinformativi. E’ un paniere costruito secondo un certo schema, differente da paese a paese, che viene rivisto di tanto in tanto, offuscando la possibilità di confronti tra paese e paese e tra epoche diverse. I metodi statistici sono stati raffinati nel tempo, il dato odierno è più attendibile (statisticamente parlando) di quello di 20 anni fa, il dato prodotto in un paese OCSE è molto più affidabile di quello di un paese emergente o già emerso come la Cina. A volte commentatori producono grafici con l’inflazione (o il PIL) degli ultimi 200 anni senza scrivere che i metodi statistici per la loro misura sono stati introdotti in USA solo negli anni 30 e in Europa solo negli anni 50. Anche oggi il dato generale dell’inflazione è puro non senso sul quale anche gli analisti più intelligenti consumano in modo insano il loro tempo abusando di quello dei loro lettori. Ogni persona ha la sua inflazione, dipende da ciò che acquista; il paniere di spesa può naturalmente essere raggruppato in modo utile per categorie o gruppi sociali ma richiede più tempo, l’analista è pigro perché i suoi potenziali lettori lo sono molto di più e non hanno alcuna intenzione di spendere più di 10 secondi a rifletter. Si scoprirebbe che negli ultimi due anni in USA l’inflazione è andata al galoppo per chi ha elevate spese sanitarie mentre è andata pesantemente sotto zero per i commessi viaggiatori (purché in ottima salute !!!) … solo come esempio (il più banale che mi viene in mente). Ma anche ammettendo che il dato generale sia effettivamente così utile da perderci tutto questo tempo, andrebbe sempre affiancato il dato sul potere di acquisto, almeno sui nuovi entranti: se l’inflazione è -1% e le nuove retribuzioni sono -5% che cosa informa il dato sull’inflazione da solo ? E così via, sono tutte ovvietà, ma oggi è il regno dell’ovvio, del trito e ritrito, della convenzione, del parlare a ripetizione sullo stesso tema senza dire nulla che non sia stranoto a chi ci ha riflettuto il minimo ma ignoto e senza speranza alle decine di milioni dal cervello condizionato irrimediabilmente. E’ un epoca vuota, priva di immaginazione, dove si consuma il tempo su dati troppo riassuntivi per rappresentare qualcosa di utile, dove si preferisce annegare nella semplificazione per non pensare alla complessità che ci avvolge e travolge senza che nessuno abbia una straccio di consapevolezza su dove il problema realmente stia, preferendo auto consolarsi con terapie senza sbocco, sogni che non costano nulla, un delirio onirico che spiega meglio di ogni altra cosa la cupezza dei tempi.