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SHOCK ECONOMY! ATTACCO ALLO STATO SOCIALE!
Abbiamo visto insieme in queste anni e mesi come un manipolo di falliti sta gestendo il più imponente fallimento della storia economica e finanziaria, come il neo liberismo o il liberismo estremo sta cercando di insinuarsi attraverso le crepe del suo stesso fallimento, proponendo attraverso uno shock economico, modelli di crescita che partono dal presupposto che lo Stato sociale ha fallito e che solo il libero mercato è il bene assoluto!
Quando sento parlare della superiorità del libero mercato o della perfezione della pianificazione economica statale alzo gli occhi al cielo e sorrido! Purtroppo gli esaltati estremisti anche nella scienza economica abbondano e spesso e volentieri sono i più pericolosi.
Nell’epoca del socialismo finanziario, della socializzazione delle perdite e della privatizzazione dei guadagni, del troppo grandi per fallire, la menzogna e la falsità sono di moda, il fascismo delle oligarchie finanziarie sta amministrando lo schock attuale… quando la crisi colpisce è fondamentale agire in fretta, imporre un mutamento rapido e irreversibile prima che la società tormentata dalla crisi torni a rifugiarsi nella tirannia dello status quo!
Il fallimento di questo sistema è evidente, “Avendo conquistato posizioni nelle quali sono destinati a fallire – sostiene Sutton – cominciano a usare un arsenale di tattiche per dissimulare la loro incompetenza. Distraggono l’attenzione dai loro errori spostando sistematicamente la colpa su altri. L’inganno diventa lo strumento per creare l’illusione di un progresso. Oggi noi siamo sommersi da una marea di imposture, create da quel modo di pensare e di agire”.
Blind Faith, si fede cieca, abbi fede in noi, noi sappiamo quello che è bene per te!
Ricordate?
«In uno dei suoi saggi più influenti, Friedman formulò la panacea tattica che costituisce il nucleo del capitalismo contemporaneo, e che io definisco “dottrina dello shock”. Osservava che “soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalleidee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa il politicamente inevitabile”. Alcune persone accumulano cibo in scatola e acqua in previsione di grandi disastri; i friedmaniani accumulano idee per il libero mercato. E quando la crisi colpisce – ne era convinto il professore dell’università di Chicago – è fondamentale agire in fretta, imporre un mutamento rapido e irreversibile prima che la società tormentata dalla crisi torni a rifugiarsi nella tirannia dello status quo» (Naomi Klein).
Il panorama del web è pieno di siti e blog che inneggiano al libero mercato senza se e senza ma e le università e le accademie dei manager sono infarcite di un unico credo, spesso e volentieri estremo, assoluto!
Premetto che la verità non sta mai ai due estremi e che in realtà il sottoscritto è a favore di un economia sociale di mercato che come spiega Wikipedia è un modello di sviluppo dell’economia che si propone di garantire sia la libertà di mercato che la giustizia sociale, armonizzandole tra di loro. L’idea di base è che la piena realizzazione dell’individuo non può avere luogo se non vengono garantite la libera iniziativa, la libertà di impresa, la libertà di mercato e la proprietà privata, ma che queste condizioni, da sole, non garantiscono la realizzazione della totalità degli individui (la cosiddetta giustizia sociale) e la loro integrità psicofisica, per cui lo Stato deve intervenire laddove esse presentano i loro limiti.
Pietro Barcellona sul Sussidiario fa un’analisi fiume della quale vi riporto solo alcuni passi…
” Mario Draghi ha annunciato che lo Stato sociale è morto. Sembrerebbe trattarsi di una pura presa d’atto di un evento già accaduto giacché sulla stampa ufficiale, italiana e straniera, si susseguono i commenti alla crisi che affermano con varie argomentazioni che il rilancio dell’economia può realizzarsi soltanto eliminando tutte le tradizionali tutele dei lavoratori e dei soggetti più deboli delle società nazionali. (…) Anche a prescindere tuttavia da questi dati obiettivi che dovrebbero essere onestamente portati a conoscenza dell’opinione pubblica in modo serio e comprensibile, intendo riflettere sul significato più profondo che la dichiarazione di morte dello Stato sociale assume nella nostra vita collettiva. Lo Stato sociale non è stato un lusso delle società opulente che estendevano il benessere anche agli strati popolari, ma il vero collante sociale che ha istituzionalizzato il valore della solidarietà tra gli appartenenti ad uno stesso Paese. Il senso dello Stato sociale, o come è stato chiamato del “compromesso socialdemocratico”, è stato fondato su due principi che adesso sono totalmente dimenticati: il principio che il movimento operaio e i suoi strumenti organizzativi, politici e sindacali, rinunciavano a mettere in discussione la proprietà privata dei mezzi di produzione e il principio correlato in base al quale gli imprenditori accettavano di trasformare una parte della ricchezza prodotta in tutele e garanzie per i lavoratori e le loro famiglie.
Gli istituti dello Stato sociale erano perciò il principale strumento di redistribuzione della ricchezza prodotta, di modo che il risultato del lavoro andasse in forme diverse dal salario a beneficio dei lavoratori e dei soggetti più deboli. Insomma, lo Stato sociale realizzava una solidarietà compensativa attraverso un compromesso fra Stato e mercato, tra impresa e lavoro, che legittimava il funzionamento complessivo del sistema Paese in un quadro di compatibilità condivise. La fine dello Stato sociale, che viene così insistentemente proclamata e auspicata, è quindi prima di tutto la rottura del patto di coesione che sta alla base della comune cittadinanza. Lo spazio della conflittualità veniva limitato alla sfera distributiva e non consentiva a nessuna delle parti in gioco di affermare la propria supremazia nei confronti dell’altra.
(…) si sta realizzando attraverso una vera e propria offensiva culturale che tende a ridurre il lavoro ad una pura merce che ciascun lavoratore produce ponendosi alle dipendenze di un padrone. (…) Il rapporto tra impresa e lavoratore si è parcellizzato in un faccia a faccia in cui il lavoratore non ha più alcun potere contrattuale e nessuna tutela collettiva e pubblica. Gli atteggiamenti diffusi che stanno accompagnando questa fase certamente involutiva della nostra civiltà sono non solo quelli che proclamano flessibilità e precarietà come necessità ineluttabili, ma anche l’umiliazione del mondo del lavoro verso il quale non esiste più alcun obbligo di garanzia collettivo.
Ciò che si sta infatti perseguendo anche nell’attuale dibattito italiano è l’umiliazione della persona del lavoratore e il suo isolamento individuale che, oltre ad eliminare le garanzie giuridiche conquistate (…) Ciò che colpisce delle politiche provocatorie di Marchionne è proprio il fatto di considerare il lavoratore occupato allo stesso livello di una componente meccanica del prodotto finale. L’operaio è diventato meno di una cosa, un semplice numero in una contabilità che non tiene affatto conto della sua esistenza come persona e come membro di una comunità.
Nessuno sta denunziando il fatto gravissimo che umiliando e svalorizzando il lavoro si colpisce la stessa idea di persona, intesa come totalità di vita e di relazioni, che in passato è stata l’idea guida di ogni vero progresso umano. Se si guarda alla scena mondiale è infatti assai facile cogliere questo aspetto comune alle diverse economie mondiali e cioè la tendenza a creare condizioni di competizione soltanto abbassando i salari e rendendo sempre meno garantito il diritto al lavoro e all’assistenza pubblica (privatizzazione della salute, della scuola, dei servizi, primato del mercato come unico strumento per soddisfare ogni bisogno umano).
(…) Si assiste cioè ad una vera e propria catastrofe culturale in cui la realizzazione dell’uguaglianza è affidata unicamente al mercato e non già allo statuto umano delle persone che costituiscono una comunità di cultura e di destino.
All’oggettivazione cosale della persona del lavoratore corrisponde sempre più l’arroganza dei poteri economici che intervengono persino nei dettagli della produzione legislativa, degradando ogni principio di sovranità nazionale a pura esecuzione di comandi esterni prodotti da organismi sopranazionali senza alcuna legittimazione democratica.
Il Parlamento europeo è una pura pantomima, mentre gli organismi prodotti dalle intese intergovernative fanno e disfano secondo criteri difficilmente comprensibili dall’opinione pubblica. Tutta la campagna europea di austerità e di sacrifici è argomentata ignobilmente con la necessità di non fare la fine della Grecia che appare il Paese reprobo da immolare sull’altare della finanza.
È singolare come tutto ciò accada nascondendo all’opinione pubblica la verità che è in atto in tutto il mondo occidentale, e non solo in esso: una gravissima crisi di efficienza del sistema capitalistico che in questi ultimi anni ha non solo determinato aumenti vertiginosi delle disuguaglianze, ma ha alimentato guerre, stermini, truffe mondiali a danno dei risparmiatori dei vari Paesi, depauperamento dei ceti medi di tutte le nazioni.
(…) È persino banale ripetere quanto è stato scritto e detto sul pensiero unico che è penetrato nella vita intima delle persone rendendo le nuove generazioni prive di memorie e di speranza e spesso incapaci di costruire rapporti personali significativi. L’effetto devastante del pensiero unico del primato dell’economia sulla vita è stato quello di sopprimere lo spazio della politica che per tutti i secoli passati ha costituito il luogo di formazione del senso comune e di interpretazione del proprio stare al mondo.
Gli individui contemporanei sembrano accettare con rassegnazione, talvolta con disperazione, il dato obiettivo che nessun paese è padrone del proprio destino e che la maggior parte dei comandi che vengono imposti alle proprie azioni provengono dall’esterno, da autorità prive di legittimazione democratica.
Il governo dei tecnici, in Italia come in Europa, è certamente un governo politico, nel senso che esprime una visione del mondo, ma è allo stesso tempo portatore di una politica che paradossalmente nega la libertà di scegliere tra alternative possibili e che trasforma gli imperativi economici in programmi politici.
(…) È sintomatico della vittoria della cultura e della politica neoliberista il dato riscontrabile dovunque che nessun partito riesca a proporre il tema del lavoro e dell’occupazione come questione centrale del livello di civiltà di un Paese. (…)
Ciò che ha distrutto il senso etico è stata, a mio modo di vedere, l’esaltazione della competizione spietata tra gli egoismi individuali e la penetrazione molecolare della logica del successo e del godimento personali, la destrutturazione di ogni forma di solidarietà sociale e l’indicazione dello stesso Stato sociale come un peso insostenibile per il pieno sviluppo dell’economia di mercato.
l capitalismo non è un concetto metafisico ma una realtà storico-sociale che oggi, abbandonato alle sue logiche interne, produce soltanto disperazione ed emarginazione. Al di là dei critici accademici il problema di rappresentare un progetto inclusivo di società in cui non ci sono più soltanto pochi ricchi e molti poveri è un compito che riguarda tutti gli intellettuali che vogliono stimolare la consapevolezza critica e la ricerca di alternative migliori dell’attuale stato di cose esistenti.
Meditate gente meditate, ma soprattutto ascoltate la Vostra Consapevolezza, dimenticate la fiducia cieca, cercate di uscire dal gregge, cercando l’Alternativa!
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MAZZALAI andiamo avanti con le SOLUZIONI ! LASCIA PERDERE LE CRONOSTORIE SERVONO SOLO A RIEMPIRE LE PAGINE DI CHIACCHIERE ! LE SOLUZIONI EFFICACI E CONCRETE , IL RESTO LASCIALO A QUESTI MENTECATTI DI POLITICI E PROFESSORI !
Fai un salto alle mie conferenze se non ti piacciono i racconti! Andrea
Da un pò di post si respira un’aria surreale. Chi si lamenta perchè i post sono lunghi, chi vuole soluzioni pratiche e concrete, chi si mette a fare il controllo ortografico…..uno lavora, c’ha famiglia, tiene aggiornati i lettori con interventi di qualità, il tutto gratuitamente e deve accollarsi le smanie di un pubblico noioso? Boh, meglio chiuderla qui. Qualcuno ha una chiave di lettura per il sell-off generale (azionario/obbligazionario) di oggi? Sempre timori per lo swap greco o c’è dell’altro?
coraggio Andrea, si vede che cogli nel segno e quindi aumentano i dissensi strumentali per il tuo ottimo lavoro.
Caro Mannoz in fondo sono tutti bravi ragazzi presi singolarmente e’ che vsnno in ferie a Chicago o o in ‘Austria.,.;- D
Beh, ma non si tratta di quello che ha scritto Marx, sull’alienazione del plusvalore? siamo all’apoteosi di questa dinamica
Che i conti della Spagna non sono buoni si sapeva, cosa cambia da un giorno all’altro? Forse il Governo spagnolo è poco incline ad assecondare i piani di austerità imposti dall’egemonica politica tedesca….
tirlusa@finanza, Non cambia nulla solo che le rane non si accorgono della temperatura … Tiepida
Tante critiche tanto onore, anche se tu Andrea non mi sembri la persona che va in cerca di onore e a dir il vero le critiche dovrebbero essere di tutt’altro spessore e credo bisognerebbe anche saperle formulare. Mi spiace vedere aumentare i commenti maleducati a quelle persone chiedo di andare ad inizio pagina e cleccare su ” il perchè di un contributo” dove troverete il commento di una persona che vi può assomigliare. Scusa Andrea se mi sono permesso, creda che la buona educazione ci insegni il rispetto. C’e un motivo particolare per cui il mercato si sia accorto della Spagna solo adesso, personalmente prima non riuscivo a capire perchè il loro spread era sempre inferiore rispetto al nostro. Grazie per il tuo tenerci sempre aggiornati. ( P.S. io scriverei Chande Gemania suona meglio sembra più tedesco e ironico).
Pensare diversamente, credo che il problema sia a livello mentale, oggi nessuno puo´ concepire un sistema diverso dal cosidetto capitalismo, tutti continuano a pensare che sia il solo e unico sistema economico basato sull´avidita´…dovrebbe darci uno stile di vita migliore ? Non credo proprio.
Oggi siamo tutti sicuri che questo sia l´unico modello economico possibile (quello occidentale) poi strabicamente ci dimentichiamo che e´ proprio un´economia pianificata, comunista e dittatoriale ad essere quela che piu´accumula…tralascio i costi sociali, inquinamento, suicidi veri o falsi, campi di lavoro…proviamo a fare un salto oltre ? Possiamo pensare un modo diverso di vivere ? Tutti mi direte di no..arroccati nelle vostre certezze..in fondo prima tutti erano convinti che il sole girasse intorno alla terra…oppure erano tutti convinti che la terra fosse piatta…ma non era cosi´ed allora non credete a chi vi dice che questo e´l´unico modello economico possibile….saluti !
Secondo me LI64 e 7voice hanno molte ragioni, anche se espresse bruscamente . Dopo aver letto tutta quest’analisi, molto giusta e teorica, viene da dire quello che hanno scritto loro. A me è venuto da pensare a Vendola e a Checco Zalone che ne fa la parodia con enorme successo.
Il pregio del nostro Capitano è saper parlare all’equipaggio con parole semplici e dirette, ma qui si discosta molto, per cui ecco le critiche. Costruttive.
Anche perché è molto vero quello che dice LI64: sono i fatti, così è successo.
Per cui, stabilita la teoria per cui l’economia sociale di mercato è una bella cosa, a metterla in pratica con tutti i difetti umani si creeranno distorsioni, come sempre. E allora per questo 7voice chiede delle soluzioni pratiche.
Ti rispondo io, 7voice: abbiamo degli esempi. Il più recente è l’Islanda, ma anche l’Argentina non è male. Fatti una bella ricerca su Internet. Oppure chissà, stimolato così, il Capitano ci porterà altri esempi pratici di soluzioni reali in atto….
Alla via così, pendagli da forca!!!!!
Non credo che limitarsi ai fatti o chiedere soluzioni sia sufficiente in un commento,penso che per essere costruttivi come dici,e come hai fatto, si deva aggiungere un proprio pensiero,una propria idea, una possibile soluzione(questo negli interventi che stiamo discutendo io non l’ho letto). Sullo stato sociale se lo intendiamo come lo vedo parassitario, mi sento di dar ragione a Draghi ma al momento non mi sembra che sia morto e sepolto anzi in Italia siamo talmente grandi che saremo in grado di farlo resuscitare.
Andrea, come fai a tollerare certi commenti grossolani (perché “la fanno facile”, quando invece la realtà è moooolto complessa), irrispettosi (perché non tengono conto della gratutità di tutto quello che tu dai a chi ti legge) o infantili (perché mi sembrano come i bambini capricciosi che pretendono, vogliono e non si accontentano mai), come quelli di Li64 o 7voice? Hai veramente una pazienza grande come la tua tenacia e il tuo acume…
Continua così.
Andrea (ci siamo conosciuti qualche tempo fa a Povo), m fa piacere leggere di una soluzione “che si propone di garantire sia la libertà di mercato che la giustizia sociale, armonizzandole tra di loro” perche’ e’ esattamente il mio pensiero, ed anche perche’ vedo che non demonizzi il libero mercato, di cui peraltro siamo orfani … Mi sembra pero’ (sto pensando alle teorie austriache a cui mi pare tu ti riferisci (tra le altre), ed in particolare al blog http://www.usemlab.com) che sia un po’ unfair catalogarle come teorie che si insinuano tra le crepe del fallimento del sistema attuale. In fondo, che cosa hanno in comune con il sistema attuale, tenendo conto che il sistema attuale di libero ha ben poco (quante manipolazioni …), che loro vedono come fumo negli occhi le teorie che vengono insegnate nelle universita, inclusi Friedman, Keynes, e quant’altro, e che auspicano il ritorno alla parita’ aurea (che di sicuro non ha nessun sostenitore nell’attuale establishment). Neppure io sono d’accordo che il solo libero mercato, e le decisioni spontanee degli agenti economici, da sole siano in grado di garantire benessere e giustizia sociale, pero’ dall’altro lato mi sento di condivere alcune delle loro analisi (per la parte che riguarda il libero mercato, che anche tu assumi come un pilastro – non l’unico – di un sistema economico equo).
io alle confernze verrò, ma il problema non è questo ! ripeto io mi augurerei di vedere anche scritto le soluzioni , punto. lascio ad altri le critiche o fumi a me interessa chiudere e ripartire dalla crisi ! per esempio sto lavorando a un sistema di energia a basso costo 🙄 poi vediamo se nella mia regione non si mette in pratica ! inshallah
Stai prendendo spunto da Tesla? Mi auguro possa ottenere risultati soddisfacenti incontrando gente onestà che non ti sia d’ostacolo.
l’ostacolo è nella nostra mente illustre amico. tu porta dei benefici alla massa ? poi vediamo chi sarebbe questo MONNEZZARO CHE OSTACOLA !
Il pilasto di una società libera e democratica è l’esistenza di una robusta e numerosa classe media.
Ma il problema è che la classe media non si sente classe sociale e non lotta per mantenere il suo status.
L’esistenza di una robusta classe media è stupidamente avversato dalle classi più deboli per pura invidia sociale… istigata. E chi segue questa strada non si rende conto di chiudere la possibilità dell’esistenza di un ascensore sociale.
Una società fatta da pochi richhi e molti poveri non offre alcuna dinamica sociale e quindi alcuna speranza.
L’esistenza di una robusta classe media è avversata dalle oligarchie che non vedono di buon occhi l’esistenza di una percentuale rilevante di individui liberi in grado di pensare e di determinare liberamente le proprie azioni in quanto non vincolati da un pressante bisogno economico immediato.
Chi può rappresentare politicamente la classe media ?
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ma quanto la fai lunga…
la cosa è più semplice: un gruppo di partitocrati ha sottratto a più on posso la ricchezza a chi la produceva per ladrare e comprare consensi elettorali (pensionifici, poltronifici, stipendifici) e il cassone di debiti è stato chiamato “stato sociale” (perchè oltre a ladrare si sono pure indebitato alla C@zz0!)
. . . adesso sono saltati per aria e il libero mercato conta come il 2 di briscola con l’asso in tavola