in caricamento ...
CREDIT CRUNCH 2012… BOSTON CONSULTING GROUP!
Nelle ultime ore si stanno facendo sempre più insistenti le voci di un probabile CREDIT CRUNCH nel 2012, dove per credit crunch si intende un calo significativo dell’offerta del credito da parte delle banche alle famiglie e alle imprese, all’economia reale in genere, in grado di accentuare la fase deflattiva e recessiva e trasformarla in depressione.
Ne abbiamo già accennato più volte, in questi mesi mentre per coloro che hanno sostenuto o vorranno sostenere liberamente il nostro lavoro è in preparazione per fine anno un’analisi dettagliata sui rischi relativi al mondo dei derivati e della leva finanziaria, del sistema bancario ombra e della loro interconnessione con un possibile CREDIT CRUNCH globale nel 2012.
Sarà probabilmente una delle analisi più incisive e complete che Icebergfinanza abbia mai prodotto in cinque anni di navigazione, un’analisi che testimonia i rischi evidenti che il sistema finanziario mondiale correrà nel 2012 e di conseguenza l’intera economia.
Nel frattempo sabato è stata inviata l’analisi sulle prospettive future dei mercati obbligazionari dal titolo ” ITALY: Wanted dead or …BOND! ”
La scorsa settimana a molti probabilmente è sfuggito un articolo pubblicato dal Financial Times, che prendeva in considerazione il rischio di estinzione del mercato dei titoli di debito garantiti da un portafoglio di attività costituito da prestiti bancari, ovvero i CLO collateralized loan obligation Europe’s CLO market in danger of extinction – FT Alphaville
Questa è una sintesi in inglese…
Risk for €250bn of leveraged loans – FT.com European credit markets are bracing for more defaults as a vital cog in the region’s deal-making and corporate lending machinery begins winding down next year. Bankers are worried about how a wall of corporate debt set to mature in 2012 will be refinanced as the bulk of outstanding collateralised loan obligations – structured investment vehicles that buy loans made to private equity firms to finance acquisitions – goes into run-down mode. Such CLOs have a finite life span after which they are not allowed to trade new loans for existing ones, or reinvest money received from repayments or interest on existing loans they hold. By the end of next year, the majority of CLOs will have gone “static”. By 2014, more than 98 per cent of European CLOs will have have a reached the same point, according to a report by Standard & Poor’s.This is expected to hurt the market’s ability to refinance an estimated €250bn of leveraged loans maturing in Europe between now and 2017, and removing a source of credit to the wider economy.
I mercati europei del credito si stanno reparando a maggiori inadempienze in un
ingranaggio vitale come il settore dei prestiti alle imprese..
Entro la fine del prossimo anno, la maggior parte dei CLO andrà a scadenza e entro il 2014 oltre il 98 % di questi strumenti finanziari avrà raggiunto lo stesso punto secondo un rapporto di Standard & Poor. Una crisi che sarà particolarmente acuta per le piccole e medie imprese a livello mondiale.
Se qualche ottimista crede che l’America o l’Inghilterra possano restare indenni da questo probabile ma non inevitabile Credit Crunch allora dia un’occhiata ai seguenti dati.
L’ Europa acquista circa il 20 % dell’esportazioni americane più o meno 246 miliardi di dollari nel 2010 e oltre il 30 % dei servizi pari a 170 miliardi di dollari. Investimenti diretti per oltre 1,5 trilioni di dollari in America pari al 56 % degli investimenti europei del 2010, con conseguenze devastanti per l’occupazione di alcuni Stati americani fondati sulle esportazioni.
Tornando a noi, questo dovrebbe minare la capacità del mercato di rifinanziare circa € 250 miliardi di prestiti leveraged in scadenza Europa da qui al 2017, e sottrarre una fonte di credito all’economia.
Ma andiamo oltre e diamo un’occhiata ad uno dei maggiori gruppi di consulenza globale, la Boston Consulting Group, quella simpatica azienda che parlando dell’Italia alcune settimane fa scrisse un post sul probabile ritorno alla Mesopotamia, uno dei tanti post interessati a creare panico nel nostro Paese per favorire la speculazione.
Diamo un’occhiata ora a cosa scrive Morya Longo sul Sole24Ore
Cinquemila miliardi di euro: questa cifra, questo numero quasi impronunciabile con 12 zeri, rischia di essere il conto finale che imprese e famiglie di tutto il mondo potrebbero essere chiamate a pagare per la crisi delle banche. Quando si parla di credit crunch, di “stretta” al credito, è di questo che si parla: le banche di tutto il mondo, per raggiungere gli obiettivi patrimoniali imposti dalle nuove regole di Basilea 3 o simili, potrebbero essere costrette a ridurre le loro attività per 5mila miliardi di euro.
Insomma: potrebbero essere indotte a tagliare il credito a imprese e famiglie per una cifra pari al 20% dei loro attivi. O, per capirci meglio, per una cifra pari al 10% del Prodotto interno lordo del mondo intero. Per evitarlo, dovranno aumentare il capitale per una cifra totale di 350 miliardi di euro.
È questa la stima di Boston Consulting Group, calcolata in uno studio nuovo di zecca elaborato sulle 145 maggiori banche mondiali. Ecco come il mix di recessione, sfiducia, eccessi finanziari e crisi degli Stati rischia di ripercuotersi sul mondo reale.
Il «buco» delle banche
L’analisi di Bcg parte da un dato di fatto storico: la crisi finanziaria, da fine 2007 al 2010, ha già “bruciato” 588 miliardi di euro dalle banche di tutto il mondo. A tanto ammonta infatti la cosiddetta «distruzione di valore»: cioè la perdita complessiva del sistema bancario globale, tenendo conto del costo del capitale. Il calcolo, effettuato da Bcg, è semplice: si prendono i ricavi totali delle banche e si sottraggono i costi di rifinanziamento, i costi operativi, le perdite sui crediti e il costo del capitale.
Ebbene: «Solo nel 2010 il “buco” finale, a livello mondiale, è di 164 miliardi di euro – osserva Gennaro Casale, partner di Bcg –. Buco, tra l’altro, in gran parte tutto prodotto in Europa: le banche del Vecchio continente nel solo 2010 hanno bruciato 106 miliardi, mentre quelle americane 80. Le banche asiatiche, invece, hanno creato valore per 22 miliardi».
Tutto questo ha due conseguenze. Uno: gli aumenti di capitale effettuati fino ad oggi (73 miliardi solo in Europa a giugno 2011) sono già stati abbondantemente inghiottiti dal buco nero della crisi. Due: le banche dovranno, d’ora in avanti, aumentare ulteriormente il capitale (secondo Bcg servono nel mondo 350 miliardi di euro) oppure “tagliare” il credito a imprese e famiglie (almeno 5mila miliardi di euro).
Ed è proprio questa la strada indicata dalle riforme regolamentari più recenti, a partire da quella di Basilea 3. L’aspetto triste di tutto ciò è che entrambe le strade rischiano di non risolvere il problema, ma anzi di aggravarlo: il nuovo capitale che viene gettato nelle banche rischia di venire a sua volta bruciato nel rogo della grande crisi.
L’avvitamento dell’economia «A causa dell’andamento economico avverso e della nuova regolamentazione – osserva Gennaro Casale – nei prossimi anni la distruzione di valore in banca potrebbe aumentare ancora. E se il trend non si inverte, il valore si distruggerà non solo per le banche, ma per tutta l’economia reale». E questo è il punto: le banche sono, nell’economia mondiale attuale, l’ingranaggio fondamentale per la crescita economica e per il benessere collettivo.La crisi degli istituti di credito, volenti o nolenti, diventa dunque la crisi di tutti.
Qual è la strada giusta per bloccare questo fenomeno? C’è chi sostiene che sia prima necessario arginare la crisi degli Stati, fonte di turbolenza per le banche. O chi, come Mattia Nocera, managing director di Belgrave Capital Management, ritiene comunque fondamentale ricapitalizzare le banche per ridare fiducia al mercato.
Ma, secondo Nocera, l’operazione va fatta con il paracadute: «L’Europa dovrebbe seguire l’esempio degli Stati Uniti con il Tarp – osserva –. Cioè dovrebbe imporre un forte rafforzamento patrimoniale a tutte le banche, anche oltre i 114 miliardi di euro chiesti dall’Eba, facendo in modo che il fondo Efsf garantisca l’ipotato. Questo permetterebbe alle banche di rafforzarsi, sapendo che se il mercato non dovesse sottoscrivere i loro aumenti di capitale c’è il fondo Efsf a farlo al posto suo».
Nulla di più errato, gli Stati dovevano nazionalizzare buona parte del proprio sistema finanziario, mettere azionisti ed obbligazionisti di fronte alle loro responsabilità e salvare il risparmio , depositanti e risparmiatori.
Ho più volte scritto che purtroppo la via empirica che molto probabilmente seguirà questa crisi è quella di default multipli, di fallimenti multipli, all’interno di una ormai consolidata dinamica che prende il nome di “debt deflation” o “deleveraging” o ancora ” recessione di bilancio” cancellando tutte le idiozie scritte in questi anni e mesi da coloro che parlavano di iperinflazione o inflazione, ma questa è un’altra storia e la vedremo insieme in giornata.
UPDATE: Come abbiamo visto nel fine settimana nell’analisi dedicata il mercato incomincia ad accorgersi del muro di liquidità che il prossimo anno la BCE immetterà nel mercato e noi nel nostro pragmatismo ne terremo conto, senza dimenticare che le difficoltà strutturali restano tutte sul tappeto o meglio sotto…
MILANO (MF-DJ)–Solo le norme dell’authority europea si frappongono tra i crediti concessi da Draghi alle banche e i loro acquisti di titoli di Stato. Pero’ il muro di Bruxelles potrebbe cadere presto, perche’ l’Abi potrebbe essere affiancata dalla Bce.
L’Eba, spiega Milano Finanza, infatti imponendo alle banche un livello di core tire 1 pari al 9%, che al di la’ dei 115 mld di euro che le banche europee dovranno reperire, impedisce agli istituti di credito il cui debito pubblico e’ stato bersagliato dalla speculazione, in primis all’Italia, di sottoscrivere i titoli di nuova emissione. A meno di non dover effettuare ulteriori aumenti di capitale, quasi impossibili con l’attuale intonazione delle borse azionarie.
Ma e’ davvero cosi’ insormontabile l’ostacolo dell’Eba? Sui mercati cominciano a serpeggiare i primi dubbi. Tanto che gli spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi su varie scadenze venerdi’ 16 dicembre si sono ristretti proprio a seguito delle voci secondo le quali la Bce avrebbe cominciato a fare pressioni sull’authority diretta da Andrea Enria perche’ ammorbidisse le sue posizioni. Se la cosa fosse confermata, sarebbe la dimostrazione che dietro la facciata di granitica inflessibilita’ sinora mostrata dagli Stati piu’ “virtuosi” dell’Eurozona, l’atteggiamento a Berlino e dintorni sta cominciando a cambiare. red/vit …e ancora…
MILANO (MF-DJ)–Grazie ai finanziamenti illimitati della Bce e alle garanzie di Stato, gli istituti di credito italiani possono tirare un sospiro di sollievo sulla raccolta 2012.
Si tratta, spiega Milano Finanza, di una ricetta che ricorda quella adottata dagli Stati Uniti nel 2009 dopo il fallimento Lehman. La Bce da’ liquidita’ illimitata alle banche, queste comprano titoli di Stato e cosi’ le tensioni si allentano e la politica avra’ il tempo di procedere sulla strada della revisione dei trattati e dell’Unione fiscale. Per ora la strategia trova un solo forte ostacolo: l’Eba. Authority nata per stabilizzare il sistema creditizio europeo, che pero’ al momento sta raggiungendo il risultato opposto con la scelta di obbligare le banche a contabilizzare le posizioni in titoli di Stato al valore di mercato e non a quello nominale.
-
In sostanza, secondo analisti e gestori, la concessione da parte della Banca centrale europea di liquidita’ fino a 3 anni all’1% con due aste illimitate parallelamente all’introduzione di un sistema di garanzia statali molto conveniente, rappresentano il punto di svolta per le banche italiane. Non a caso Intermonte titola il suo studio La fine del tunnel. “Il minor costo della raccolta potra’ compensare l’effetto negativo della riduzione dell’Euribor e il rialzo dello spread tra Btp e Bund”. A questo si aggiunge il tassello della manovra Monti che prevede che il ministero dell’Economia possa concedere fino al 30 giugno la garanzia dello Stato sulle passivita’ delle banche, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite. red/vit
Se volete contribuire a diffondere le nostre analisi e il nostro lavoro ricordatevi di utilizzare i tasti in cima all’articolo o sul fondo, esprimendo la Vostra opinione! Semplicemente Grazie! Appuntamento ai primi giorni del prossimo anno con ” CREDIT CRUNCH 2012: datemi una leva e vi distruggerò il mondo!”
MILANO (MF-DJ)–Grazie ai finanziamenti illimitati della Bce e alle garanzie di Stato, gli istituti di credito italiani possono tirare un sospiro di sollievo sulla raccolta 2012.
Si tratta, spiega Milano Finanza, di una ricetta che ricorda quella adottata dagli Stati Uniti nel 2009 dopo il fallimento Lehman. La Bce da’ liquidita’ illimitata alle banche, queste comprano titoli di Stato e cosi’ le tensioni si allentano e la politica avra’ il tempo di procedere sulla strada della revisione dei trattati e dell’Unione fiscale. Per ora la strategia trova un solo forte ostacolo: l’Eba. Authority nata per stabilizzare il sistema creditizio europeo, che pero’ al momento sta raggiungendo il risultato opposto con la scelta di obbligare le banche a contabilizzare le posizioni in titoli di Stato al valore di mercato e non a quello nominale.
In sostanza, secondo analisti e gestori, la concessione da parte della Banca centrale europea di liquidita’ fino a 3 anni all’1% con due aste illimitate parallelamente all’introduzione di un sistema di garanzia statali molto conveniente, rappresentano il punto di svolta per le banche italiane. Non a caso Intermonte titola il suo studio La fine del tunnel. “Il minor costo della raccolta potra’ compensare l’effetto negativo della riduzione dell’Euribor e il rialzo dello spread tra Btp e Bund”. A questo si aggiunge il tassello della manovra Monti che prevede che il ministero dell’Economia possa concedere fino al 30 giugno la garanzia dello Stato sulle passivita’ delle banche, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni, o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite. red/vit
Ad una mia amica, imprenditrice con attività commerciale di proprietà del valore immobiliare di 400.000, euro mai in ritardo con i pagamenti ai fornitori, con casa di proprietà ma bassi guadagni a causa della crisi hanno ieri rifiutato un finanziamento dell’iperbolica cifra di 8.000 per acquistare una scadentissima f.i.a.t. che le serviva per lavorare. Non è un grande problema continuerà ad usare la sua vecchia scadente auto probabilmente in futuro liquiderà la sua attività commerciale provando ad affittare l’immobile così eviterà di vivere “al di sopra delle sue possibilità” perchè vivere al di sopra delle proprie possibilità significa, a fronte di un patrimonio netto superiore a 1mln di euro senza debiti e spezzandosi letteralmente la schiena tutto il giorno senza giorno di pausa infrasettimanale non ritardando nemmeno di un giorno nei pagamenti non potersi permettere nemmeno una “fetentissima” auto per lavorare perché non ha più la possibilità di accantonare i soldi per comprare senza rate.
Giuseppe
@icebergfinanza,
ricapitoliamo ancora una volta i termini del problema su cui, mi sembra, siamo d’accordo: tutte queste misure servono a procrastinare il giorno della resa dei conti, ad aggirare le vere questioni sul tappeto e ad aggravare sul lungo periodo gli effetti dell’inevitabile implosione del sistema. Si tratta di un mix esplosivo tra creazione di altro debito per tamponare il debito precedente, incentivi pazzeschi al moral hazard, nessuna attenzione ma anzi il pervicace attacco contro una domanda aggregata stabile (leggi redditi da lavoro), accentuazione della sperequazione e delle disuguaglianze (basti considerare il fatto che per le banche viene abolito il mark to market per i loro asset e ai cittadini viene imposta una tassazione fondata sulla rivalutazione dei beni immobili ai prezzi di un mercato che, tra l’altro, è in rilevante discesa!!!). Il tutto in funzione di qualche altra bomba proveniente dal caos della Finanza-ombra, perchè, come è successo in questi anni, tutti i soldi recuperati verranno inghiottiti dal buco nero della turbofinanza. Un dato su tutti: secondo una fonte attendibile (la BIS), l’ammontare dei derivati in circolazione alla fine di giugno 2011 era di 708 trilioni di dollari, con un + 18% rispetto al semestre precedente…
Monti e Draghi stanno facendo di tutto per dare ossigeno, anzi, “dopare” quanto più possibile le banche. La scusa è proprio lo scongiuro del credit crunch, ma in realtà è il solito lavoro sporco di favorimento dei loro “datori di lavoro”. Quanto la cosa possa funzionare l’abbiamo già visto con il lavoro di Paulson negli Usa all’indomani dei crac Lehman ed Aig…
Piccola analisi dei provvedimenti pro-banche:
http://lemieconsiderazioniinutili.blogspot.com/2011/12/monti-draghi-le-banche-nel-cuore.html
Ciao Capitano.
Esatto derivati pari ad oltre 11/12 volte l’economia reale anche se si tratta di nozionale…stiamo rimandando solo il momento della verità!
Come da manuale…lo storia insegna ben poco! Andrea
Un azienda privata quando lavora male o fa scelte sbagliate FALLISCE. Ora non capisco perchè non deve essere così per le banche, non concordo che si debbano mettere azionisti e obbligazionisti magari di minoranza di fronte alle proprie responsabilità, se deve fallire è bene che fallisca i manager e dirigenti a casa. Si rischia che le banche restino in piedi e continuino a lavorare come se nulla sia successo e nessuno paga per scelte sbagliate. Poi vorrei capire se la BCE garantirà le banche in che modo,tutte per tutto, in percentuale al loro bilancio, in percentuale al paese di appartenenza o chi prima richiede prima verrà accontentato. Non si corre il rischio che il sistema finanziario di un paese non virtuoso continui spensierato a far danni?
E’ questo l’azzardo morale del socialcapitalismo, della socializzazione delle perdite, del subdolo trasferimento di ricchezza di questi anni, questo idiozia, questa opera criminale deve finire!
Il capitalismo è agonizzante! Andrea
Ci sono stati anni di abbondanza, ma la storia insegna che vi saranno anni di carestia.
Tutti lo sappiamo. Ma chissà perché tutti rilegano questo fatto sempre agli “ALTRI”, quasi fossero essi stessi esclusi.
Si vede come queste 2-3 generazioni odierne, non si adattino tanto facilmente alla carestia, da commenti e ragionamenti
Che ne scaturiscono.
Se poi aggiungiamo che in Italia, gli Italiani parlano, parlano e sparlano, anziché costruire, demoliscono, la dice molto lunga.
Quando una azienda fallisce, non fallisce solo l’imprenditore, ma purtroppo anche tutti gli operai o dipendenti che vi lavorono in essa.
Molto spesso sono moltissime le persone che vi lavoro all’interno, molte da famiglie che perdendo il lavoro perdono la possibilità di sostentamento.
Molte volte non si può relegare tutto a questo concetto estremo, ma bisogna ragionare, mediare, trovare strade
Percorribili, alternative, che tendano a ristabilire al meglio una situazione anche difficile.
Non si tratta di procranistare nel tempo o rimandare l’evento fatale al domani, ma si tratta di cercare alternative
O cure adatte qualora ve ne fossero a conoscenza, anche sperimentale
Una famiglia , normale con concetti normali, avente dieci figli, quando uno sta male, soffrono tutti i componenti
Della famiglia.
Non è sempre vero il ragionamento, che cancellato dalla mente e dall’esistenza colui che soffre, si elimina tutto Il male ed il dolore ai restanti nove.
D’innanzi alle difficoltà, c’è bisogno di interagire in modo costruttivo, con soluzioni percorribili.
Chi è malato di tumore, cerca sempre una cura per riprinistrare la sua salute mancante.
I suoi conoscenti (responsabili), gli danno un certo sostegno anche solo morale a volte.
Gli irresponsabili, vorrebbero la sua morte immediatamente, non sapendo che possono essere trascinati a loro volta Nella medesima condizione.
Se si vuole che le banche falliscono, vuol dire in poche parole, che si desidera la morte dei singoli correntisti, Sia privati, che aziende, con il fallimento e la chiusura di moltissime attività di lavoro e di sostentamente del genere umano nelle varie parti del mondo.
Vuol anche dire, che le baionette entrano in scena dopo qualche giorno, essendo un problema “SISTEMICO”.
Qual è il male minore?
Una guerra? Il fronte? Anni di carestia forzata, epidemie dovute all’uso di armi ordinate da comandanti militari balordi sparsi nel mondo?
Una decimazione della popolazione, perché in esubero, soprattutto perché è anche anziana?
Non credo che questa sia una soluzione da intrapprendere ora, magari un domani qualora dopo numerosi tentativi di
Possibili idee per risolvere i problemi non risultassero efficaci.
2 idee servono a mio avviso:
la prima è quella di identificare i colpevoli di questa crisi (già si conosce dove ha avuto origine), l’embargo deve essere fatto contro queste nazioni, affinchè non prendano e condannino i responsabili che loro conoscono.
La seconda è comunque sia, visto il problema europeo, o italiano, visto nel nostro piccolo, deve trovare una sua stabilità
Verso i conti statali e un rilancio dove possibile delle attività aziendale piccole e grandi, che permettino a milioni di persone, anche in affanno e in continui sacrifici a gestire una vita attiva e positiva.
facendo riferimento all’identificazione dei colpevoli RubinoPietro…Incredibile qualcuno si è svegliato dopo che da oltre un anno ICEBERGFINANZA chiede l’istituzione di una NORIMBERGA della finanza…
Wall Street Italia apre una petizione popolare che parta dall’Italia e si diffonda ovunque nel mondo e che chieda a Governi e Comitato di Basilea di costituire una commissione straordinaria di sorveglianza sulle operazioni in derivati all’origine di questa crisi. L’idea e’ di Marina Imberti, analista bancaria e collaboratrice di WSI. Crediamo sia giusto aderire massicciamente e far circolare sul web questa proposta perche’ e’ ora di ribellarsi ai giochi di potere che privilegiano poche migliaia di persone e impoveriscono centinaia di milioni di donne e uomini. Per favore invia questo articolo a piu’ persone possibile, amici e conoscenti, anche traducendolo in altre lingue; per aderire manda un’email col tuo nome e cognome a posta@wallstreetitalia.com con il soggetto “I colpevoli della crisi vanno individuati e puniti”. Questa crisi NON è il prodotto di una discrasia economica, di un temporaneo disallineamento di fattori, questa è una crisi che è stata voluta fortemente, per questioni di concentrazione di potere economico e di controllo delle masse. Ci vuole una Task Force che inquisisca e metta ordine, una Corte Internazionale come organo giudicante. Non servono manifestazioni di piazza, qui bisogna agire diversamente e farlo in fretta, prima che ci tappino per sempre la bocca.
Intanto i miliardi per il finanziamento pubblico ai partiti rimane intonso li dove è.
Stesso discorso per il finanziamento pubblico ai giornali, per le missioni di guerra all’estero, e per tutte le migliaia di porcherie della casta che tutti bene conoscono.
Liberalizzazioni? Notai, avvocati & C. possono dormire sonni tranquilli.
Altro che guerra.
Se un privato fallisce lo fanno fallire stesso discorso deve valere per le banche che devono essere nazionalizzate solo per salvare i clienti che sono delle vittime di delinquenti.
Invece qui si danno buoni uscita milionari a falliti come Profumo e Passera. Quest’ultimo, dopo aver fatto patteggiare la sua banca una condanna per evasione fiscale di centinaia di milioni di euro (elettronici…non in contanti), dopo aver scudato decine di miliardi di lire messi in un paradiso fiscale, si permette di andare in televisione a parlare di lotta all’evasione e, senza essere stato eletto, di governare un paese colluso che gli permette di salvaguardare i suoi interessi a scapito di alcune famiglie e di alcuni lavoratori.
Solo delle persone ributtanti fuori e dentro ,in una situazione del genere, usano il ricatto della guerra per spaventare le gente.
Devono stare attenti a non tirare troppo la corda…se non la corda tirerà prima o poi il loro collo!
In effetti stanno rischiando di andare ben oltre le brioches di maria antonietta.
Giuseppe
Uh..Oh… dopo 16 mesi il Belgio ha trovato finalmente il suo governo e puntuale…
Agenzie di rating scatenate in questo avvio di mattinata. Protagonista della mattinata è il Belgio che, data la situazione politica ed economica interna, vede il downgrade del suo debito da parte di Moody’s che porta il rating da AA1 ad AA3, un downgrade pari a 2 notches (gradini). Anche Fitch è pronta a declassare: l’agenzia di rating ha messo sotto osservazione (creditwacth) negativa Spagna e Belgio sulle qualu pesano, ovviamente, la recessione dell’eurozona, la conseguente disoccupazione e le situazioni interne riguardo i bilanci pubblici.
La reazione delle borse è teorica: listini in guadagno, obbligazioni vendute e spread in salita. Flight to quality rispettato appieno vista la vendita di obbligazioni, considerate momentaneamente rischiose dal mercato, e acquisto di asset azionari come titoli bancari. Venduto anche il Bund future, gli spread corrono a velocità doppia con spread Btp-Bund a 500bps e spread Oat-Bund a 126bps.
Notizie Economiche
Draghi: più pericoloso di Kim Jong il?
Pubblicato il 19 12 2011 alle 14:09 da Nadia Fusar Poli
DRAGHI – Il dittatore nordcoreano Kim Jong è morto Sabato, ma secondo Daniel Knowles del Telegraph, un altro è ancora vivo: Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea (BCE). Il giornalista britannico si riferisce all’intervista che il numero uno della BCE ha accordato all Financial Times, in cui il numero dell’Istituto di Francoforte insiste che la risoluzione della crisi del debito spetta ai leader dei paesi della zona euro, e che questa dipende dalla loro capacità di attuare riforme e adottare una disciplina fiscale.
Draghi, essenzialmente, non deve rendere conto a nessuno – ma, come Kim Jong-il, ha “un potere enorme di energia per renderci la vita difficile. Come? Rifiutando di fare qualsiasi cosa. Anche se i rendimenti dei titoli sovrani sono saliti ulteriormente, il presidente della BCE si aggrappa alla logica che la banca deve proteggere la sua ’credibilità’”, scrive Knowles. Draghi ha respinto la possibilità per la BCE di perseguire una politica di creazione di moneta, con un acquisto massiccio di obbligazioni sovrane come fa la Banca d’Inghilterra, credendo che il quantitative easing avrebbe come effetto quello di “distruggere la credibilità della BCE”.
Nell’intervista al Financial times Draghi afferma che “la cosa importante è ripristinare la fiducia delle persone – cittadini e investitori – nel nostro continente Non otterremo che distruggendo la credibilità della BCE”. Per Knowles, Draghi si rifiuta di capire la portata della crisi in Europa, e se l’Italia fallisse, non sarebbe perché il Paese è insolvente, ma piuttosto perché una combinazione di stretta monetaria e politica fiscale, “sta distruggendo l’economia”. “Parlare di riforma adesso è come dire a un uomo che ha una crisi cardiaca di mangiare meno hamburger”, ha detto il giornalista. Le riforme sono auspicabili, ma i loro benefici non si faranno sentire il prossimo anno, o addirittura nemmeno tra cinque anni, e inevitabilmente, uno dei loro primi effetti sarà quello di produrre una recessione.
Quello che gli eurocrati europei rischiano, è la rivoluzione. La situazione politica appare sempre più simile a quella del 1930. “In tempi normali, il controllo riservato di Draghi, quasi prussiano potrebbe sembrare ammirevole. Ma in questo momento, è follia. Certo, Kim Jong-il ci lascia una Corea del Nord instabile, e dotata della bomba atomica. Ma Draghi è molto più pericoloso di un’arma nucleare: rischia di mettere l’Europa a ferro e fuoco con una rivoluzione” conclude Daniel Knowles.
Fonte: The Telegraph
Devi essere connesso per inviare un commento.
MILANO (MF-DJ)–Solo le norme dell’authority europea si frappongono tra i crediti concessi da Draghi alle banche e i loro acquisti di titoli di Stato. Pero’ il muro di Bruxelles potrebbe cadere presto, perche’ l’Abi potrebbe essere affiancata dalla Bce.
L’Eba, spiega Milano Finanza, infatti imponendo alle banche un livello di core tire 1 pari al 9%, che al di la’ dei 115 mld di euro che le banche europee dovranno reperire, impedisce agli istituti di credito il cui debito pubblico e’ stato bersagliato dalla speculazione, in primis all’Italia, di sottoscrivere i titoli di nuova emissione. A meno di non dover effettuare ulteriori aumenti di capitale, quasi impossibili con l’attuale intonazione delle borse azionarie.
Ma e’ davvero cosi’ insormontabile l’ostacolo dell’Eba? Sui mercati cominciano a serpeggiare i primi dubbi. Tanto che gli spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi su varie scadenze venerdi’ 16 dicembre si sono ristretti proprio a seguito delle voci secondo le quali la Bce avrebbe cominciato a fare pressioni sull’authority diretta da Andrea Enria perche’ ammorbidisse le sue posizioni. Se la cosa fosse confermata, sarebbe la dimostrazione che dietro la facciata di granitica inflessibilita’ sinora mostrata dagli Stati piu’ “virtuosi” dell’Eurozona, l’atteggiamento a Berlino e dintorni sta cominciando a cambiare. red/vit