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IL LAVORO STATISTICAMENTE VIRTUALE

Scritto il alle 07:32 da icebergfinanza

Confesso che prima di cominciare a scrivere questo post ho riflettuto non dieci ma cento volte sulla validità di esporre dei concetti che in fondo sono ben noti ai lettori di questo blog e assolutamente evanescenti nella miriade di analisti e pseudo economistio delle case di investimento che naturalmente abbisognano di cieli limpidi ed infiniti ad ogni costo.

Urlare ai quattro venti che l’economia americana è in salute per la sua capacità di presentare un PIL in prima lettura al 3,9 % decantando il miglior risultato da un anno e mezzo a questa parte e usare maggiore enfasi per la creazione di 166.000 nuovi posti di lavoro fà ormai parte di quel mondo che interessatamente o ingenuamente crede nelle favole infinite.

Che  il deflattore sia uscito ad un irrealistico 0,8 % figlio di quel pensiero un "pò core" e quindi lontano dal consenso che lo avrebbe fatto scendere il PIL  sino al 2,7 % e che la crescita dell’occupazione americana sia figlia di un sistema obsoleto CES NET BIRTH/DEATH MODEL come lo stesso Bureau Labour of Statistics ammette che crea lavori su base più statistica che reale  non interessa a nessuno tantomeno a coloro che analizzano il nulla. 

Oggi non farò alcuna considerazione, anche perchè i miei precedenti post ne sono pieni e scendono in profondità da mesi nell’anomalia occupazionale americana ma voglio proporvi alcune considerazioni da parte di coloro che ben conoscono la realtà americana.

Cominciando da Floyd Norris, autorevole editorialista economico-finanziario americano del NewYorkTimes sorge il sospetto che dei 130.000 nuovi posti di lavoro del settore privato, ben 103.000 siano imputabili ad aggiunte statistiche piuttosto che da segnalazioni dei datori di lavoro. Di questi nuovi lavori 14.000 erano nel settore edilizio e 25.000 in quello finanziario.

Una nuova magia, la creazione di posti di lavoro virtuali in due dei settori più colpiti dalla crisi subprime e negli ultimi 12 mesi ben l’80 % di questi posti di lavoro creati nel settore privato provengono dalle registrazioni statistiche.

Ogni buon analista si chiederebbe come sia possibile che sistematicamente ormai quasi l’80 % dei nuovi lavori americani siano virtuali a tal punto da essere costantemente rivisti sensibilmente al ribasso dalle revisioni.

La HOUSEHOLD SURVEY  altra indagine governativa non trova mai corrispondenza nei dati ufficiali registrando solo una media di 50.000 nuovi lavori negli ultimi 12 mesi e una perdita di 250.000 questo mese.

Interessa a qualcuno…..forse chissà…….ma proseguiamo con Nouriel Roubini un economista,tra i pochi ad aver previsto tutta la debacle immobiliare che riassume in sette punti la sua visione:

a) più 166.000 come dice il BLS o meno 250.000 come prevede la HOUSEHOLD SURVEY che secondo Roubini nelle fasi di rallentamento economico è più attendibile. 

 unemployment_jan_06.png

b) torna alla ribalta il mio vecchio cavallo di battaglia ovvero il CES NET BIRTH/DEATH MODEL con l’irrazionale revisione al ribasso dai 500.000 posti di lavoro privati creati nel terzo trimestre 2006 ai soli 27.000 e ai meno 300.000 nella revisione annuale al marzo 2007.
c) tasso di disoccupazione che resta al 4,7 % grazie a 211.000 "lavoratori scoraggiati" che non riescono a trovare lavoro e che quindi non vengono contati nelle liste dei disoccupati
d) costante e progressiva perdita di lavoro nel settore edilizio, nel manifatturiero, nella vendita al dettaglio e stabilizzazione…..nel settore finanziario. Si ricorda che circa il 30 % dei lavoratori edili sono irregolari e che dal 2000 al 2006 la metà degli assunti nel settore edilizio erano stranieri.
e) circa l’80 % dei nuovi lavori proviene dal settore istruzione, sanità e hotels/hospitality paragonabile al turismo credo  e il resto dal settore governativo a testimoniare il tramonto dell’economia manifatturiera.
f) salari reali che crescono molto lentamente e l’indicatore occupazionale che testimonia in ritardo il ciclo economico in quanto secondo Nouriel quando l’economia rallenta  e diminuisce la domanda le imprese non sanno se il calo è temporaneo o destinato a durare nel tempo quindi sono portate a non tagliare la produzione ma accumulano inventari di merce invenduta. Se la domanda rallenta tagliano la produzione ma non procedono ai licenziamenti e solo quando questo rallentamento è persistente incominciano a licenziare quando ormai l’economia stà avviandosi verso una recessione.

Alcune considerazioni degne di nota ma in fondo relegate nelle pieghe di un’economia pur sempre virtuale, come la finanza dei nostri giorni e ora pure l’occupazione.

Vi lascio infine con queste ulteriori considerazioni tratte dal sito Economistsview , considerazioni o meglio riflessioni che esplorano il mondo del lavoro americano, forse analisi ormai relegate nei corridoi dell’analisi pura che esplora ogni piccola variabile di questa economia troppo spesso virtuale.

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