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GERMANIA: LE BUGIE DI NONNA MERKEL!
In questi mesi e settimane ci siamo divertiti a smascherare il presunto virtuosismo di una Germania che nella sua elite politica da il peggio di se, un Paese dove ho molti amici, un Paese che stimo per l’attenzione all’ Ambiente e alla Famiglia, spesso assente in Italia, capace di una disciplina che talvolta servirebbe anche nel nostro Paese-
Marco un caro amico di Icebergfinanza, che ci ha ospitati a Taranto venerdi per un bella serata di Consapevolezza, mi ha fatto notare che il dato recentemente pubblicato sull’occupazione tedesca è un dato pieno di ombre.
Si tratta di ombre e bugie spesso ricorrenti nelle statistiche che riguardano il mercato del lavoro come noi di Icebergfinanza ben sappiamo avendo esplorato per anni la dinamica americana, ombre che TAZ autorevole quotidiano tedesco indipendente di orientamento politico di sinistra fondato da una cooperativa di lavoratori oltre 30 anni fa, sempre molto attento alle questioni sociali e ambientali mette in rislato in un suo recente articolo.
Su ALTRAMENTE Paola Giaculli da Berlino scrive…
L’anno comincia, in teoria, bene per il paese che vuole dettare al resto dell’Europa la disciplina della stabilità: i dati ufficiali sull’occupazione in Germania sembrano a prima vista incoraggianti, con 41,7 milioni di persone con un lavoro, mai un numero così alto, e “neanche” tre milioni di disoccupate/i (circa 2,9).
Ma il dato è ingannevole, perché nel conteggio della disoccupazione non compaiono svariate “categorie” di persone come i disoccupati di età maggiore a 58 anni (ca. 360.000), quanti e quante lavorano meno di 15 ore a settimana, i lavoratori sociali saltuari, chi frequenta corsi di formazione (in attesa di rioccupazione), chi si avvale di agenzie del lavoro private (ca. 143.000) e non viene riportato nella statistica dell’agenzia del lavoro pubblica (Bundesagentur für Arbeit) e altri e altre, il che porterebbe il totale dei disoccupati a 3,8 milioni di unità, come si evince dal resoconto di dicembre 2011 dell’agenzia del lavoro.
Anche a esaminare la cifra degli occupati si scopre che l’aumento è dovuto all’incremento senza precedenti del lavoro a tempo parziale e in affitto: come rivela un interessante articolo della Taz, quotidiano autorevole di Berlino (Le bugie dei tedeschi, 3 gennaio), in realtà a lavorare sono sì più persone, ma in media per meno ore (57,7 miliardi nel 2000 contro i 57,43 del 2010). Si scopre così secondo l’Ufficio statistico (Statistische Bundesamt) che 8,4 milioni di persone sono “sottooccupate”, cioè vorrebbero lavorare di più (probabilmente per guadagnare di più), una tendenza che si registra in modo preoccupante anche tra quanti lavorano a tempo pieno (2,1 milioni). Circa 1,2 milioni di persone è la cifra stimata della cosiddetta “riserva silenziosa”, cioè di disoccupati non registrati presso l’agenzia del lavoro.
A inficiare l’ottimismo della situazione del mercato del lavoro contribuiscono i circa 1,7 milioni di lavoratori che devono farsi integrare la misera busta paga con un sussidio statale. Secondo la Taz, non è vero che è stata creata nuova occupazione: “è stata una decisione ingannevole pensare di poterlo fare con la riforma del mercato del lavoro” introdotta dal governo di Spd e verdi guidato dal socialdemocratico Schröder. Quella riforma “ha espropriato i lavoratori e ridotto il loro potere di contrattazione”, aggiunge la Taz. In effetti, la famigerata riforma che porta il nome del suo creatore Hartz, Spd, già membro del consiglio di amministrazione di Volkswagen e coinvolto nello scandalo della corruzione del consiglio d’azienda, e appositamente convocato da Schröder a rivoluzionare il lavoro in Germania all’inizio degli anni 2000, ha introdotto, di fatto, la flessibilità.
Per esempio con la liberalizzazione del lavoro in affitto, con i cosiddetti mini-jobs, minilavori per un massimo di 400 euro al mese e di 15 ore a settimana, a costo contributivo e fiscale zero per imprese e lavoratori, promossi ufficialmente dall’agenzia pubblica per il lavoro, che ne loda i vantaggi sul suo sito. La riforma introdusse inoltre nel 2005 anche l’obbligo per i disoccupati a espletare lavori a un euro l’ora pena la decurtazione del sussidio. L’agenzia del lavoro si rese così intermediaria per lo sfruttamento di manodopera da parte di imprese private o enti locali. Questi sono solo alcuni esempi del processo di riduzione del lavoro a merce a infimi costi, di cui il governo Schröder si è reso responsabile. E non è certo un caso se il valore reale delle retribuzioni tra il 2000 e il 2010 è aumentato solo del 4,4 percento mentre l’economia è cresciuta negli stessi anni del 9,7 percento, come ricorda ancora la Taz, “cosicché il grosso dei profitti è andato a chi possiede capitali, imprenditori e azionisti”.
La Germania è il paese, secondo il recente studio dell’OCSE, in cui, tra quelli più industrializzati, è cresciuta di più la forbice tra ricchi e poveri. E di tutto questo si vantano Merkel con il suo governo, ma anche Spd e Verdi che vedono nei recenti sviluppi il “successo” delle riforme introdotte dai loro governi negli anni 1998-2005. A proposito di riforme, pare che l’innalzamento dell’età pensionabile (a 67 anni a partire gradualmente dall’1 gennaio), così caldeggiata da Merkel e non in ultimo da BCE e dall’amabile commissario Ue Rehn, nel paese-scuola non funzioni eccessivamente bene. Già, perché quasi la metà dei lavoratori vanno in pensione prima dei 65 anni, età obbligatoria per il ritiro dal lavoro fino all’anno scorso (47,5 %), mentre nel 2005 erano pari al 41,2 e nel 2000 soltanto il 14,5. Questo comporta una decurtazione della pensione mediamente di 113 euro rispetto a chi è andato in pensione a 65 anni. Per fare un esempio, una persona in pensione a partire da quell’età, con 45 anni di contributi, a salario medio tra tutti gli assicurati, percepisce 1.236 Euro. L’innalzamento a 67 anni, non ha come esito che un’ulteriore decurtazione della pensione, dato che, si prevede, saranno ancora più persone ad anticipare il ritiro dal lavoro o a esserne espulse.
Tanto più che anche in Germania i lavoratori più anziani che rimangono senza lavoro hanno difficoltà di reinserimento. Le più penalizzate, tanto per cambiare, sono le donne: solo il 3,7 percento di chi ha 64 anni, per esempio, lavora a tempo pieno. Sarà utile ricordare che l’età pensionabile è stata innalzata ad opera della große Koalition 2005-2009, per l’esattezza su proposta della Spd nella fattispecie del suo ministro del lavoro Müntefering. Pareva che la Spd avesse in proposito nutrito di recente dei ripensamenti, ma in sede congressuale, la proposta di modifica è stata bocciata. È invece il presidente Csu, Seehofer, l’alleato baverese ultraconservatore di Merkel a inaugurare l’anno nuovo mettendo in discussione la pensione a 67 anni, preoccupato del difficile reinserimento degli “anziani” rimasti senza lavoro. Seehofer ha minacciato anche le imprese di introdurre misure correttive, qualora facessero abuso indiscriminato del lavoro a tempo determinato, “ormai diventato la regola”.
Anche sulla “regola d’oro”, il pareggio del bilancio, qui definita “frena-debiti”, si nutrono pesanti dubbi per l’ipoteca sul futuro che la regola comporta. A detta di alcuni economisti come Gustav Horn e Peter Bofinger “il pareggio di bilancio mette a rischio la stabilità economica del paese e il futuro dei nostri figli, le future generazioni avranno un’istruzione insufficiente, infrastrutture scadenti e un ambiente malsano”. Critico anche il segretario dell’associazione dei comuni Stephan Articus, vittime dei tagli di stato e Länder, per cui i comuni saranno anche in futuro costretti a tagliare i servizi per la popolazione.
Cosi tanto per smentire una piccola parte del presunto virtuosismo tedesco, quello che vuole insegnare all’Europa che la storia si è sbagliata quando ha scritto che una delle cause principali della ricaduta nella Grande Depressione del ’29 dopo la pausa del New Deal era imputabile alla disciplina di bilancio, al suo pareggio alle paranoie di coloro che non conoscono la storia e la dimenticano spesso e volentieri.
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Capitano, hai ragione, ma qualcuno mi sa dire perche´ nessuno dico nessuno guarda a quanto sta succedendo in US che al 31.12.2011 hanno di nuovo sforato il limite legale del debito appena innalzato ad Agosto ?
Basta guardare al link:
http://www.treasurydirect.gov/govt/reports/pd/mspd/2011/opds122011.pdf
Per vedere come:
Total Public Debt Outstanding
15,222,940,000,000 USD
Statutory Debt Limit
15,194,000,000,000 USD
Mi pare che il primo sia maggiore no ? L´ultima volta ha innescato un teatrino politico peggio dei nostri, che ha dimostrato quanto gli US fanno fatica a parlare di tale argomento. Bene allora ma come mai non trono un articolista che scriva su tale tema…tutti impauriti ? Tutti conigli o troppo inpegnati a prendere per oro colato quanto scrive FT Pravda e WSJ Iszestia !!!
Caro Capitano,
post rivelatore, in particolare nella parte relativa al mercato del lavoro. Ovviamente, prepariamoci anche da noi a sorbirci il pillolone avvelenato della “riforma” del mercato del lavoro di matrice neoliberista in salsa tecnocratica, con magari qualche spruzzata di acqua di colonia germanica, tanto per gradire.
@Stanziale,
a voler essere maliziosi, in termini eminentemente borsistici, la separazione di Snam da Eni, rende evidentemente meno onerosa la scalata del “Cane a sei zampe”… Anche se i tempi dell’operazione si preannunciano assai diluiti.
quello che emerge chiaramente è la non volontà di affrontare i problemi alla base della crisi: le differenze di competitività. Al momento sulla competitività della Germania parlano i 150 miliardi di euro di avanzo commerciale.
Il dibattito tedesco è ormai centrato su di un’analisi dei costi e benefici della permanenza nell’euro.
E questa crisi piu’ che una minaccia è un’opportunità per sottrarre quote di mercato ai PIIGS e per prendere denaro a prestito a tassi ai minimi storici. Non vedo nessun serio tentativo di andare oltre i limiti attuali dell’unione monetaria.
E per questa ragione l’unione monetaria avrà durata breve.
grazie
Il dibattito tedesco è ormai centrato su di un’analisi dei costi e benefici della permanenza nell’euro.
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Eccellente lavoro, come sempre. Cosi’ almeno noi sappiamo come stanno le cose. Gli italiani si devono sentire “colpevoli” per l’andazzo degli utlimi decenni (cosi’ Monti puo’ stangare), pertanto i tedeschi sono la perfezione da raggiungere o almeno avvicinare nell’immaginario costruito dai media. Se almeno tutto cio’ servisse a qualcosa, ad aumentare il pil non dico del 10% come sostiene Monti , ma almeno dell’1%…. potrebbe andare ancora bene . Nella foga della fustigazione collettiva, e del polverone liberalizzazioni, pero’ un dubbio. C’e’ un “baco”? E se c’e’ dove e’? Non sara’ che l’operazione eni-snam rete gas alla fine ci portera’ in regalo la perdita di altra sovranita’ e cioe’ il dominio delle 7 sorelle a casa nostra dopo lo smantellamento del progetto energetico Russia-Libia-italia?