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OTELMA ECONOMICS!
Come molti di Voi ben sanno uno dei cavalli di battaglia di Icebergfinanza in questi ormai lunghi sette anni, oltre all’analisi empirica è sempre stata l’economia e la finanza comportamentale, la neuroeconomia, una battaglia che ci ha portati attraverso un lungo percorso destinato a smontare pezzo per pezzo la teoria delle aspettative razionali, caposaldo del fallimento attuale del pensiero unico economico e dei suoi profeti.
Ieri ero nei dintorni di Bologna ad un convegno nel quale ha partecipato Matteo Motterlini uno dei principali interpreti di questa nuova disciplina che insegna all’Università San Raffaele di Milano, professore ordinario di filosofia della scienza, tiene corsi di Economia cognitiva e neuro economia, e dirige il CRESA, Centro di Ricerca di Epistemologia Sperimentale e Applicata.
Un pomeriggio con i fiocchi, Matteo ha concluso il suo intervento ricordando che è giunto il momento di occuparsi della realtà delle cose, basta destra o sinistra, basta ideologie, ma solo l’evidenza dei fatti e analisi empirica, per un’economia più umana, più vicina all’uomo, alla realtà quotidiana e soprattutto, aggiugno io, basta con una certa creatività finanziaria demenziale!
Ve lo ricordate il nostro JKGalbraith, uno dei più grandi economisti del secolo scorso, nostra stella polare nella tempesta perfetta… ” La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile…
Ebbene basterebbe riportare uno dei mostri sacri della crisi recente, Roubini, uno di quelli che ha saputo vedere lontano ed ascoltare le sue più recenti previsioni nello spazio di un istante, maggio, settembre, novembre…
Nuovo grido d’allarme della più celebre Cassandra dei mercati finanziari mondiali. Secondo quanto riporta la CNBC il famoso economista, professore di economia alla New York University, avrebbe dichiarato a margine di una cena privata a Las Vegas che il recente rally degli indici, che ha portato il Dow Jones a toccare i suoi massimi storici, potrebbe essere il preambolo di una nuova profonda correzione. …Soldionline
…per poi ascoltarlo poco dopo nel mese di settembre di quest’anno…
NEW YORK (WSI) – Non capita spesso di sentire previsioni ottimiste uscire dalla bocca del “Dottor Doom”. Il professore di economia della New York University Nouriel Roubini sostiene che sia giunto il buon momento di comprare titoli azionari. In un intervento alla conferenza Inside Commodities, tenuta presso Index Universe, l’economista ha citato due fattori a sostegno della sua tesi: la fine delle politiche monetarie in Usa e il rafforzamento della ripresa economica. Entrambe costituiscono notizie negative per materie prime e prezzi dei Bond. “Probabilmente conviene sottopesare i Bond e sovrappesare l’azionario negli Usa in portafoglio, principalmente in Usa”, ha detto Roubini dispensando consigli di investimento ai partecipanti. “Il rialzo dei tassi di interesse avrà un impatto negativo per i prezzi delle commodities”.
Poi all’improvviso neanche due mesi giravolto etvoilà…
Dr. Catastrofe prevede un crollo dei mercati entro i prossimi 12 mesi. La situazione è peggiore di quella del 2008, secondo diversi analisti. E sempre per Roubini, il “tapering” inizierà nel 2014, mentre la BCE sarà costretta a lanciare un suo QE
Non è nuovo al pessimismo, ma stavolta non è solo Nouriel Roubini nelle sue previsioni catastrofiste sul futuro dei mercati finanziari. Entro i prossimi dodici mesi, spiega l’economista e Prof alla New York University, ci sarà un un crollo della borsa a cui bisogna prepararsi. Teoria della tempesta perfetta di Roubini: un mix letale Sempre Roubini, poi, prevede che la Federal Reserve inizierà a ridurre gli stimoli monetari già tra gennaio e marzo e che il “tapering” avverrà al più tardi entro la primavera prossima. Al contrario, la BCE sarà costretta negli stessi mesi a dare vita a un suo “quantitative easing”, indipendentemente da cosa dirà la Bundesbank. Segno, quindi, che le cose si mettono di male in peggio nell’Eurozona.InvestireOggi
Mi fermo qui e vi lascio con la lezione di Matteo…affascinante davvero!
Economisti in cerca di ispirazione: conoscere il cervello per uscire dalla crisi
La crisi: un esperimento a cielo aperto
Vorrei parlarvi del futuro. Del futuro della scienza economica.Una disciplina che, nonostante tutto, credo possa aiutarci a vivere in un mondo migliore.
Non è una presa di posizione facile di questi tempi. L’economia non gode di buona stampa e, in parte, penso giustamente. Ma per parlare del futuro occorre riflettere sul presente. Il presente è una crisi economica con pochi precedenti, che ha messo in discussione il sistema finanziario internazionale e molte delle teorie su cui questo sistema si reggeva. Ingegneri finanziari e analisti quantitativi, i cui algoritmi hanno dominato le contrattazioni di Wall Street, negli ultimi anni hanno visto quegli stessi algoritmi fallire miseramente. Eppure se vogliamo cercare l’aspetto positivo, potremo guardare alla crisi come a un grandioso, per quanto drammatico e doloroso, esperimento a cielo aperto. Non in vitro, in laboratorio, ma in vivo. Per quanto ci tocchi da vicino, la crisi è un’importante opportunità di imparare qualcosa di nuovo.Questo “esperimento” su larga scala ci ha messo di fronte alla realtà: una cosa sono i castelli in aria della teoria economica e un’altra l’economia reale. E ci dà l’impressione che i suddetti castelli teorici abbiano qualcosa in comune con le malattie mentali, almeno sotto un aspetto: come queste ultime, allontanano sempre più il malato dal mondo che lo circonda.
La sfida che si pone pertanto è: come riportare questi modelli a terra? Come elaborare una teoria economica più efficace per i problemi di questo mondo? È possibile un’economia meno distaccata dai problemi reali e meno separata dalle altre scienze dell’uomo, e quindi più vicina, “umana” e “terrena”?
Papa Ratzinger, Keynes e il divino Otelma
Normalmente la più prestigiosa delle riviste scientifiche ha cose ben più importanti di cui occuparsi che della “triste scienza”, come viene spesso chiamata l’economia. Ma evidentemente non nel bel mezzo di una crisi economica epocale. Il 12 dicembre 2008, Science intitolava una sezione di approfondimento, Crazy Money, e sfidava gli economisti di professione a rendere conto dell’assunzione (epistemologica) centrale dell’economia neoclassica. Ovvero: “Se gli esseri umani non sono razionali come mostra l’attuale crisi, perché le teorie finanziarie dovrebbero assumere che lo siano?”.
Anche il papa solitamente ha cose più elevate di cui occuparsi, ma Benedetto XVI non ha potuto esimersi dall’intervenire sulla questione del valore dell’economia, rivolgendosi così ai suoi fedeli: “Affidatevi a Dio e non a previsioni di maghi o economisti” (4.1.2010). Un’esortazione che dato l’abbinamento un po’ bizzarro delle due categorie somiglia a una battuta, anche se probabilmente involontaria. In quanto ad affidabilità nelle loro previsioni, dunque, Milton Friedman e John Maynard Keynes sarebbero pari al divino Otelma? La dignità epistemologica della “triste scienza” ridotta al rango di un oroscopo? Magari senza saperlo, il papa non è stato il primo, però, dato che la battuta ricorrente che circola riguardo all’economia come scienza suona così: “L’unico pregio delle previsioni economiche è di fare apparire rispettabile anche l’astrologia”.)
Scribacchini accademici, presidenti di Banche centrali, e studenti di Harvard
Ma l’economia non gode grande considerazione neppure tra i suoi rappresentanti più illustri. Paul Krugman, Nobel nel 2008, Professore a Princeton e caustica penna del New York Times, non le manda a dire: “Questa crisi era per gli economisti l’occasione di giustificare la loro ragione di essere, per noi scribacchini accademici era il momento di mostrare cosa sanno fare i nostri modelli e le nostre analisi”.
Un fallimento. Solo oscurità.
“Il Medio Evo della macroeconomia. Senza futuro, perché chiusi nella loro ortodossia e impermeabili a nuovi approcci; e pure senza passato, perché ignorano la lezione dei classici.”
Partendo dalla crisi, si rivendica dunque la necessità di andare oltre i paradigmi consolidati e aprire le scienze economiche e sociali a nuovi metodi di indagine e a nuove ipotesi esplicative. Il problema, a essere onesti, non è infatti tanto che gli economisti non abbiano saputo prevedere la crisi, quanto che a distanza di due anni ancora non sappiano trovare soluzioni per venirne fuori.
Come si è arrivati a ciò?
Gli economisti avrebbero deragliato per aver scambiato la bellezza, il rigore formale, e l’eleganza matematica per la “verità”, sedotti dalla visione di mercati perfetti, e insieme dalla grande eleganza e unità formale della teoria che li “spiega”. Ansiosi di vedere riconosciuta la propria “scientificità”, hanno matematizzato rapidamente il proprio linguaggio, ma hanno dimenticato che il rigore formale conta poco o nulla se divaricato dalla realtà. Anche le migliori ipotesi scientifiche, dopotutto, forniscono predizioni accurate soltanto in contesti determinati, in condizioni privilegiate, sotto idealizzazioni plausibili, e grazie a un duro lavoro sperimentale che spesso impone dei correttivi ad hoc.
Forse però i tempi stanno proprio per cambiare. Gli studenti di Economia di Harvard hanno denunciato il dogmatismo delle teorie economiche che apprendono all’università in una lettera aperta a uno dei più influenti tra i loro docenti, il Prof Greg Mankiw. Mankiw ha scritto un paio manuali su cui si sono formate intere generazioni (chi scrive si è sorbito i suoi Principles of Macroeconomics da studente alla London School of Economics), è stato consigliere economico per l’amministrazione di George Bush. Il suo corso è frequentato da oltre 700 matricole ogni anno. Ma ora queste stesse matricole hanno detto pubblicamente basta all’indottrinamento: “Riteniamo che il corso esponga una specifica e limitata visione della teoria economica”, si legge nella lettera aperta: “Non c’è nessuna giustificazione nel presentare la teoria di Adam Smith come più fondamentale di quella, poniamo, di Keynes… Lo studio dell’economia dovrebbe legittimamente includere una discussione critica sia dei benefici sia delle falle dei diversi, semplicistici, modelli economici… Ma nella nostra classe abbiamo pochissimo accesso a differenti approcci economici. L’attenzione nel presentare una prospettiva non pregiudiziale è ancora più importante in un corso introduttivo”.
La rivendicazione di un approccio meno paradigmatico è di per sé lungimirante, oltre che ovviamente condivisibile; ma l’appello al pluralismo da parte degli studenti è ancora più pregnante per i motivi che lo ispirano: il punto di vista che viene insegnato, si legge ancora, “perpetua sistemi inefficienti e problematici di economia dell’ineguaglianza nella nostra società di oggi.” Tanto più che “gli studenti di Harvard giocano un ruolo centrale nelle istituzioni finanziarie e nell’indirizzare la politica economica in tutto il mondo.”
Anni fa, in pieno Sessantotto, il filosofo della scienza Paul Feyerabend argomentava dall’università di Berkeley che mettere a tacere punti di vista differenti da quelli dominanti significa rapinare il genere umano della possibilità di avvicinarsi alla verità. Per questo la scienza andrebbe organizzata per generare continuamente alternative, dare forza alle anomalie e stimolare la controversia. Lui lo chiama principio di proliferazione: “Inventa, ed elabora teorie in contraddizione con il punto di vista dominante, anche se questo è generalmente accettato e ben confermato”. Non c’è niente da temere dalla competizione tra le idee, quello che ci deve fare paura sono il conformismo e la stagnazione. Non solo la scienza andrebbe organizzata in questo modo, ma anche le istituzioni che la ospitano e per Feyerabend, come noto, la società intera. È bello che sia un gruppo di studenti a ricordarcelo.
Economisti in cerca di ispirazione
L’analisi teorica gode ancora oggi in economia di un prestigio sproporzionato che non trova riscontro in nessun altro ambito di ricerca scientifica avanzata. La scienza non può limitarsi a un’ elegante “rappresentazione” della natura, deve essere anche in grado di intervenire su di essa, confrontarsi con l’evidenza, e provare la propria efficacia. Del resto, riequilibrare il rapporto tra teoria ed evidenza è un’esigenza avvertita non solo dagli “scribacchini accademici” e dai loro studenti, ma soprattutto da chi le mani sulle leve della politica monetaria le ha per davvero.
È nientemeno il caso di Jean Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea dal 2003 al 2011 (prima di consegnarla a Mario Draghi), il quale poco prima di lasciare la presidenza lanciò un grido di allarme: “Come responsabile delle politiche in tempo di crisi, ho visto che i modelli [economici e finanziari] a disposizione fornivano un aiuto limitato. Anzi, vado oltre: affrontando la crisi, ci siamo sentiti abbandonati dagli strumenti convenzionali”.
Anche Ben Bernanke, Chairman della Federal Reserve, intervenendo recentemente a un convegno sul tema degli indicatori economici e della misurazione del benessere ha mostrato di avvertire la stessa urgenza, chiedendo “un maggiore riconoscimento da parte degli economisti dei contributi della psicologia, un’area che è stata misurata da pionieri come il premio Nobel 2002 Daniel Kahneman”. Nel suo intervento sottolinea l’importanza “di una disciplina che si situi alla frontiera tra scienze economiche e psicologiche quali i fondamenti neurologici delle decisioni umane, che includono le decisioni fatte in presenza di rischio o incertezza, scelta intertemporale e scelte sociali”.
“I ricercatori” ha continuato Bernanke “stanno investigando le tendenze dei comportamenti in una varietà di circostanze – ad esempio, esaminando le risposte umane alla percezione di ineguaglianza, perdite, rischi e incertezze, alla necessità di autonomia, e all’importanza del benessere della comunità e dei legami sociali. Per esempio, le ricerche sulle immagini prodotte dal cervello hanno mostrato differenze nelle regioni del cervello che si attivano in risposta alle perdite e ai guadagni – una chiara manifestazione dell’‘avversione alle perdite’ provata nei recenti studi comportamentali in economia e psicologia.”
Non diversamente, Trichet aveva auspicato “una maggiore ispirazione per la scienza economica dalle altre discipline ad altre materie – fisica, ingegneria, psicologia e biologia – per cercare di spiegare i fenomeni accaduti.”
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2 minuti di verità.
http://www.youtube.com/watch?v=BopKjpk_56E
DORF
GUERRA FINANZIARIA (senza esclusione di colpi).
1992-2012 – Paolo Barnard: Guerra Finanziaria all’Italia
http://www.youtube.com/watch?v=ZMxXiXBWPOU
DORF
Parole al vento..perdere tempo prezioso?
Chissà…questa è una guerra e io la combatterò sino alla fine, nessuno riuscirà mai a togliere a me e ai miei figli il piacere della verità e libertà dal condizionamento.
Abbraccio Andrea
Tu fai un gran lavoro Andrea, ognuno di noi puo’ fare qualcosa nel suo piccolo, in famiglia, tra gli amici ma poi…
Se tu assieme ad altri avrete un programma, un idea da realizzare ci saro’
Credo sia ora di pensare a come svegliare le persone, a come esporre le verita’, a che soluzioni proporre
Pensiamo a qualcosa di GROSSO
Se tutto va bene il 2014 sarà un anno innovativo per noi o la fine del nostro viaggio! Andrea
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L unica cosa che ho capito e’ che ci sono serie e reali barriere poste da non so chi e attuate da persone normali ma comandate a farlo per bloccare altre persone con idee e menti diverse
Molte volte ci si ritrova in situazioni dove si viene giudicati non idonei o all altezza per poi scoprire che si e’ stati bloccati e boicottati da falliti, persone prive di cuore e moralita’
E’ un mondo che premia i servi, non vale la pena cambiarlo
Meglio fare come quei ragazzi che pensano solo al surf vivon al caldo 300 giorni all anno e in mezzo alla natura
Tutto il resto son solo parole al vento..ho passato anni a cercare delle verita’…le cose giuste…sporcandomi i pensieri vendendo a contatto con idee e realta’ spiacevoli…mi sento adessoun coglione che ha perso tempo prezioso
Auguri a chi continuera’ questo viaggio per se stesso e per gli altri