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ACQUA E NUCLEARE: IL DIRITTO DI SCEGLIERE
Se mai qualcuno avesse bisogno di comprendere come ogni istante della nostra vita dipende da interessi economici e politici di dimensioni rilevanti ecco che …l'acqua è una «necessità umana fondamentale», ma non un «diritto», cosi recita il comunicato finale del forum sull'acqua tenutosi ad Istanbul nel 2009
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Ne abbiamo già parlato in due occasioni, QUI e QUI, ma è giunta l'ora di spazzare via con un referendum democratico, l'ultimo rigurgito del business su uno dei patrimoni essenziali dell'Umanità, è ora che questo paese si svegli dal suo lungo letargo e dia una dimostrazione civile e democratica di interesse per la propria esistenza. E' ora che questo paese di belle addormentate nel bosco la smetta di fare lo struzzo!
Tralasciate il discorso politico! In Italia, nel museo delle cere della politica, l'ondivagare è la prassi, la mancanza di coerenza la regola e non importa che si tratti di destra, sinistra o centro, la politica non esiste, se non quando diventa una moda.
E' fondamentale che insieme al referendum, vi sia una pressione popolare sulle amministrazioni locali per una gestione responsabile e consapevole di una risorsa inestimabile.
Non vi è alcun dubbio che anche in questa occasione, abbiamo due Italie, l'Italia dell'efficienza e l'Italia dello spreco, l'Italia della responsabilità e l'Italia dei ladri e dei furbi, delle inflitrazioni finanziarie, politiche e mafiose, ma la gestione dell'acqua come ben abbiamo appreso in riferimento a quanto è accaduto in Bolivia ma anche in alcuni comuni italiani, non deve in alcun modo essere gestita da interessi privati.
E' ora che questo referendum veda una partecipazione di massa, è ora che ognuno di noi dimostri quanto tiene ai suoi diritti.
In Giappone è in atto una catastrofe nucleare e non importa quale sia il livello di pericolo attuale. Giocare con i livelli di allarme, quinto, sesto o settimo che sia, fare i confronti con la storia e le altre catastrofi non serve a nascondere la realtà! Il nucleare è estremamente pericolo e non importa se tizio, caio o sempronio, hanno riempito l'Europa di centrali.
Mentre in Italia gli illuminati della politica, hanno messo in passato la fiducia sulla privatizzazione dell'acqua, privatizzazione che ha avuto padrini e madrine, decisamente bipartisan destra o sinistra che sia, e approvano la conseguente legge, a Parigi, dopo oltre venticinque anni di gestione privata affidata a Veolia e Suez, le due più grandi multinazionali mondiali dell'acqua, l'acqua è ritornata patrimonio pubblico, torna " L'acqua del sindaco ". Un comitato di gestione pubblico amministrerà l'ente di pubblico diritto che nasce dal primo gennaio del prossimo anno, nel cui comitato di gestione siederanno anche alcuni rappresentanti degli utenti.
30 milioni di euro all'anno, questo è il risparmio previsto dal comune di Parigi e qualcuno, figlio della demagogia del neoliberismo, continua ad urlare che nella sostanza l'acqua resta patrimonio pubblico.
Certo gli amanti del bene assoluto, ci dicono che l 'acqua è un bene di tutti, è uno slogan troppo facile perché in tanti possano resistere alla tentazione di strillarlo. Ma si sa loro sono pagati per raccontare le favole, non svegliare le belle addormentate mentre guardano il Grande Fratello.
Tutto ciò che produce business è in grado, prima o poi, di spazzare qualsiasi interesse della comunità, l'interesse privato non coincide affatto con l'interesse della collettività, non almeno in questo sistema.
Loro hanno ancora una possibilità per imporrre la loro visione delle cose, un mondo di struzzi che si dimenticano di uno dei loro diritti fondamentali, ovvero quello di scegliere.
Investire nel nucleare credo sia la cosa più assurda che l’Italia possa fare. Alla base del mio ragionamento non vi sono “fattori emotivi” o considerazioni tecniche nelle quali io non mi addentrerò, cosa che non dovrebbe fare chiunque non abbia conoscenza specifica del settore. Non vi è nemmeno la ridicola affermazione che le nostre imprese non abbiano tecnologie e capacità tecniche per cimentarsi in queste opere, dato che molte di esse realizzano con successo grandi progetti in ogni parte del mondo.
Semplici ragioni finanziarie, facilmente comprensibili, dovrebbero metterci in guardia e sconsigliare fermamente questa impresa, dato che esse stesse implicano risvolti potenzialmente più pericolosi che qualsiasi evento catastrofico naturale possa provocare.
Un’opera complessa come la costruzione di una centrale nucleare necessita di circa dieci anni per entrare in produzione e ci si attende che una volta a regime possa lavorare per una trentina di anni. Costi e benefici dell’investimento sono perciò calcolati su quarant’anni, questo è il vero pericolo.
Ricerca e tecnologia procedono in ogni campo con progressione esponenziale. Pensiamo a tutti i gli sviluppi ottenuti in ogni settore solo nell’ultimo decennio, alle loro applicazioni pratiche, ai benefici portati ed alle promesse di benessere che fanno intravedere per il futuro; seguiamo per un attimo solo questa corrente positiva di pensiero, cosa talaltro gradita ai fautori del nucleare, tralasciando quei limiti imposti dal nostro pianeta e le bassezze umane; proviamo quindi ad immaginare quali sviluppi potrà avere la tecnologia nel settore energetico solo nei prossimi vent’anni, in particolare nello sfruttamento delle fonti rinnovabili pulite come sole, vento, maree e magari delle altre che potrebbero essere scoperte.
Non è illusorio pensare che il risultato minimo che si potrà ottenere sarà quello di poter avere una riduzione dei costi per la produzione di energia elevata, compresi quelli ambientali, abbinati ad una minore richiesta della stessa, conseguenza questa che la migliorata efficienza degli apparati produttivi che la impiegano possa aumentare.
Si comprende che una tale visione, che non reputo illusoria sulla base scientifica e provata dei progressi compiuti nell’ultimo secolo, metta completamente fuori gioco un investimento sul nucleare che risulterebbe redditizio solo sulla insostenibile affermazione che la tecnologia attuale non faccia progressi per i prossimi quarant’anni!
Teniamo ben presente che una centrale nucleare, una volta progettata e costruita, non potrà assolutamente mai incorporare quelle migliorie che la ricerca avrà portato successivamente nel settore; essa resterà quindi tecnicamente immutabile nel tempo , la “terza generazione” tanto sbandierata diverrà rapidamente obsoleta, non solo su parametri tecnici, ma irrimediabilmente e drammaticamente per i suoi finanziatori, in termini di costi e ricavi.
Ci troveremo perciò in un futuro non lontano davanti al problema di mantenere in funzione impianti a tecnologia arretrata, che lavoreranno in perdita, la cui messa a riposo comporterà costi enormi che nessuno vorrà o sarà in grado di sostenere; cosa che risulta ben evidente guardando semplicemente le centrali nucleari oggi in attività che al momento della costruzione erano considerate ai vertici della tecnologia e che ora si vogliono precipitosamente chiudere o sottoporre a stress test. Questo problema si evidenzierà soltanto una volta che il bilancio fallimentare dell’operazione non potrà più essere nascosto alla collettività, ma nel periodo antecedente non si può escludere che la ricerca di salvaguardare l’investimento effettuato, a fronte di una irreversibile e costante riduzione dei margini generati, possa essere cercata nel compensare la diminuita redditività negli unici modi possibili con questi impianti, vale a dire la riduzione della manutenzione abbinata ad uno sfruttamento a più elevati regimi di quanto permetta la sicurezza intrinseca dell’impianto.
Se pensate che fattori deontologici possano escludere questo rischio nel campo nucleare guardate semplicemente la causa primaria degli ultimi disastri in questa ed in ogni altra attività industriale: risulterà evidente come gli eventi naturali abbiano in sostanza una relativa responsabilità sulle conseguenze dei disastri, di come semplicemente mettano a nudo carenze umane riguardanti manutenzione e sicurezza originate sempre dalla ricerca del profitto.
La ricerca del profitto, ad ogni costo, sempre. E se del profitto atteso, come in questo caso, non se ne vede l’ombra, non possiamo che attenderci perdite disastrose. E purtroppo non parlo di denaro.
Enrico SV