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IL TRAMONTO DELL'IDEOLOGIA INTEGRALISTA NEOLIBERISTA, L'ALBA DEL SOCIAL BUSINESS !

Scritto il alle 21:33 da icebergfinanza

http://www.zero-g.it/pictures/3D/Tramonto4.jpg

Joseph E.Stiglitz non ha bisogno di presentazioni, premio Nobel all’economia, autore dei " Ruggenti Anni Novanta, Lo scandalo della Finanza e il futuro dell’ Economia, grande studioso della Globalizzazione, con la " Globalizzazione e i suoi oppositori " , padre del concetto di azzardo morale e selezione avversa, ha contribuito alle teorie dell’economia del benessere e della distribuzione della ricchezza.

Sul sito di PROJECT_SYNDACATE che potete trovare tra i link del Blog, ripreso dal quotidiano la REPUBBLICA , Stiglitz ci illustra magistralmente il tramonto dell’integralismo neoliberista, quello che io chiamo da sempre concetto mercatista, concludendo la sua analisi con queste splendide parole……..

Oggi è in atto una discrepanza tra interessi sociali e privati. A meno di allinearli perfettamente, il sistema di mercato non può funzionare bene. Il fondamentalismo del mercato neoliberale è sempre stato una dottrina politica al servizio di determinati interessi. Non è mai stato sostenuto da una teoria economica, né e dovrebbe essere chiaro, ormai è supportato da un’esperienza storica. Apprendere una volta per tutte questa lezione potrà rivelarsi il piccolo raggio di sole in una nube scura che incombe ormai sull’economia globale.

Così è fallito l’integralismo neoliberista


JOSEPH E. STIGLITZ

Il mondo non è stato benevolo nei confronti del neoliberalismo, quella miriade di idee basate sul concetto integralista che i mercati si autocorreggono, allocano efficientemente le risorse e servono bene l’interesse pubblico. È stato questo integralismo di mercato il presupposto stesso del thatcherismo, della reagonomics, e del cosiddetto "Washington Consensus" a favore della privatizzazione, della liberalizzazione e della risoluta concentrazione sull’inflazione da parte delle banche centrali indipendenti.
Per un quarto di secolo tra i Paesi in via di sviluppo c’è stata un’agguerrita concorrenza ed è chiaro chi sono i perdenti: i Paesi che hanno perseguito politiche neoliberali non soltanto hanno perso la non irrilevante posta in gioco della crescita, ma oltre tutto quando hanno fatto progressi i benefici ottenuti sono andati in buona parte ad accrescere in maniera sproporzionata lo status di chi già stava in condizioni migliori rispetto agli altri.
Malgrado i neoliberali non siano disposti ad ammetterlo, la loro ideologia ha fallito un’altra prova. Nessuno può asserire che i mercati finanziari abbiano effettuato un lavoro straordinario nell’allocare le risorse alla fine degli anni Novanta, con il 97 per cento degli investimenti per la tecnologia delle fibre ottiche che ha richiesto anni prima di vedere la luce. Ma quanto meno quell’errore ha comportato un beneficio inatteso: abbassandosi i costi delle comunicazioni, India e Cina si sono integrate maggiormente nell’economia globale. Nondimeno, è difficile vedere benefici nelle ingenti allocazioni sbagliate di risorse al settore della casa. Le abitazioni costruite di recente per famiglie che non potevano permettersele sono ora in situazione critica e confiscate, mentre milioni di famiglie sono sfrattate dalle loro case, e in alcune comunità il governo finalmente è subentrato per confiscare ciò che restava. In altre, invece, i danni si sono allargati a macchia d’olio. Di conseguenza anche coloro che erano stati cittadini modello, avevano sottoscritto prestiti con grande prudenza riuscendo a conservare la propria abitazione, adesso scoprono che i mercati hanno drasticamente abbassato il valore delle loro case portandolo più in basso ancora dei loro incubi peggiori.
Certo, alcuni benefici a breve termine derivanti dall’ingente investimento nel settore immobiliare ci sono stati: alcuni americani (anche solo per qualche mese, forse) hanno goduto del piacere derivante dall’essere proprietari di una casa e di vivere in appartamenti più grandi di quelli che avrebbero potuto permettersi altrimenti. Ma a quale prezzo lo hanno fatto, per loro stessi e per l’economia mondiale! Milioni di persone perdendo la casa perderanno i risparmi di tutta una vita. Oltretutto i pignoramenti di tante case hanno provocato una svalutazione globale. C’è un consenso sempre più ampio sulla prognosi della situazione: questa recessione sarà duratura e di ampia portata.
Del resto i mercati non ci avevano neppure preparato adeguatamente all’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio e dei generi alimentari. Naturalmente, nessun settore è di per sé un esempio dell’economia del libero mercato, ma è proprio questo il problema, in parte: la filosofia del libero mercato è stata usata selettivamente, abbracciata quando serviva interessi speciali, liquidata quando non li serviva.
Forse, una delle poche virtù dell’Amministrazione di George W. Bush è che il divario tra retorica e realtà è più piccolo di quanto fosse con Ronald Reagan. Nonostante tutto il suo gran parlare di libero commercio, infatti, Ronald Reagan impose in tutta libertà restrizioni ai commerci, comprese le famigerate limitazioni "volontarie" alle esportazioni nel settore dell’automobile.
Le politiche di Bush sono state peggiori, ma nella misura in cui egli ha apertamente servito il comparto militare industriale americano è stato più trasparente. L’unica volta che l’Amministrazione Bush ha avuto un comportamento di maggior rispetto ambientale è stata quando ha messo a punto i sussidi all’etanolo, i cui vantaggi sull’ambiente sono comunque discutibili. Le distorsioni nel mercato energetico continuano (specialmente tramite il sistema fiscale) e se Bush avesse potuto averla vinta, le cose sarebbero state decisamente molto più gravi.
Questo miscuglio di retorica del libero mercato e di interventi governativi ha funzionato particolarmente male nei Paesi in via di sviluppo. È stato loro detto di smettere di prendere provvedimenti per l’agricoltura, esponendo così i loro agricoltori alla devastante concorrenza di Stati Uniti ed Europa. I loro agricoltori forse avrebbero anche potuto competere con i loro omologhi europei o americani, ma di sicuro non con i sussidi statunitensi e dell’Unione Europea. Non stupisce di conseguenza che gli investimenti nell’agricoltura dei Paesi in via di sviluppo siano calati e che si sia allargato il divario alimentare.
Quanti avevano divulgato questo erroneo consiglio non devono temere adesso di doversi sobbarcare le spese di un’assicurazione per coprire i guai provocati: i costi saranno sostenuti infatti dagli abitanti dei Paesi in via di sviluppo, specialmente i poveri. Quest’anno vivranno un considerevole peggioramento della loro condizione di poveri, specialmente se noi la calcoleremo e quantificheremo correttamente.
In poche parole, in un mondo di grandi ricchezze, milioni di persone dei paesi in via di sviluppo tuttora non si possono permettere i requisiti minimi nutrizionali. In molte aree, gli aumenti dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia avranno un effetto particolarmente devastante sui poveri, perché sono queste due le categorie che assorbono la maggior parte delle loro spese.
La collera che dilaga nel mondo è tangibile. Gli speculatori – e non c’è da stupirsene più di tanto – sono stati oggetto di parte di questa collera e di questo sdegno. Sostengono tuttavia di non essere la causa principale del problema, ma di essere semplicemente impegnati in una "scoperta dei prezzi" – in altre parole "starebbero scoprendo", un po’ tropo tardi per poter fare qualcosa quest’anno – che c’è penuria.
Questa risposta, tuttavia, è insincera. Le aspettative di rialzi e i prezzi in costante oscillazione inducono centinaia di milioni di coltivatori a prendere qualche precauzione. Potrebbero guadagnare di più se oggi mettessero da parte una parte dei loro prodotti per rivenderli poi in seguito, e se non lo faranno, non saranno in grado di permetterselo più, qualora i raccolti dell’anno seguente fossero inferiori alle loro aspettative. Un pugno di cereali tolti dal mercato da centinaia di milioni di coltivatori di tutto il mondo messi insieme formano un’ingente quantità.
Chi difende l’integralismo del mercato è pronto a scaricare la responsabilità di tutto ciò dal fallimento del mercato al fallimento del governo. Si dice che una fonte cinese di alto grado abbia detto che il governo degli Stati Uniti avrebbe dovuto fare molto di più per aiutare gli americani con basso reddito a tenersi le loro case. Concordo, ma ciò non cambia in ogni caso i fatti: le banche americane hanno gestito male e su scala enorme i rischi, con ripercussioni globali, mentre chi dirigeva gli istituti finanziari coinvolti si è messo in tasca miliardi di dollari di bonus.
Oggi è in atto una discrepanza tra interessi sociali e privati. A meno di allinearli perfettamente, il sistema di mercato non può funzionare bene. Il fondamentalismo del mercato neoliberale è sempre stato una dottrina politica al servizio di determinati interessi. Non è mai stato sostenuto da una teoria economica, né e dovrebbe essere chiaro, ormai è supportato da un’esperienza storica. Apprendere una volta per tutte questa lezione potrà rivelarsi il piccolo raggio di sole in una nube scura che incombe ormai sull’economia globale.
Copyright: Project Syndicate, 2008. Traduzione di Anna Bissanti

I nostri raggi di sole all’orizzonte gli conosciamo, le nostre luci in fondo al tunnel, uomini e donne che credono in queste parole…..

“abbiamo bisogno gli uni degli altri, ci dobbiamo fidare, anche indirettamente. La società, prima ancora che l’economia, funziona quando ci sono delle interazioni reciprocamente vantaggiose perché si fondano sulla mutua fiducia”. ( Partha Dasgupta )

" Se è vero che gli individui in realtà, perseguono incessantemente e senza compromessi solo il loro ristretto interesse personale, allora la ricerca della giustizia verrà intralciata a ogni passo dall’opposizione di tutti coloro che abbiano qualcosa da perdere dal cambiamento proposto. Se invece gli individui, come persone sociali, hanno valori e obiettivi di più vasta portata, che includono  la comprensione per gli altri e un impegno verso norme etiche, allora la promozione della giustizia sociale non dovrà necessariamente fronteggiare un’incessante opposizione a ogni cambiamento."(…) ( Amartya Sen )

" Se sei poverissimo, ci interessi. " Se non hai garanzie,allora ci interessi anche di più».

 «Abbiamo bisogno di creare nuove agenzie di rating, nuove terminologie, definizioni, indicatori di impatto, persino nuovi giornali finanziari: sogno il Social Wall Street Journal- ci dice Yunus – ma anche scuole e università che insegnino ai giovani a mettere in piedi e gestire e veri e proprie imprese sociali ». La prossima sfida la Social business enterprise, «un’impresa creata non per massimizzare i profitti, ma i benefici per le persone cui si rivolge, senza incorrere in perdite». ( YUNUS )

Non sono tanto ingenuo da non comprendere che il cammino è lungo ed infinito, ma non abbiamo altra via che partendo da noi stessi, nelle piccole cose di tutti i giorni, attraverso la nostra miseria umana, utopie ed ancora utopie che piano, piano attraverso i secoli diventano realtà, nelle famiglie, nelle comunità, sul lavoro, nelle scuole, nelle università sempre e comunque seminando tra le nuove generazioni, abbiamo bisogno di scuole che insegnino cultura etica insieme alla finanza e all’economia, poi ognuno prenderà la sua strada, nel libero mercato, sceglierà tra il  profitto e il rispetto dell’uomo e della natura!

Gli amici del FESTIVAL_dell’ECONOMIA mi hanno inviato il tema del prossimo anno, IDENTITA’ E COMPETIZIONE GLOBALE  L’identità è la categoria sociale e l’insieme di norme e il sistema dei valori in cui ci riconosciamo quando ci rapportiamo con gli altri…..

http://www.corriereuniv.it/cms/wp-content/uploads/2008/04/festivaleconomia.gif

Cari Amici,

 

 

 

e’ stato deciso il tema della quarta edizione del Festival dell’Economia
che si terrà a Trento dal 29 maggio al 1 giugno 2009. Eccone il titolo e
una breve sintesi

"IDENTITÀ E COMPETIZIONE GLOBALE"

Si ritiene spesso che la competizione globale crei conflitti di identità
perché impone una identità globale, sopprimendo tradizioni e violando
sistemi di valori locali. Ma può davvero la concorrenza internazionale
ignorare e annullare le identità locali? E in che misura le diverse
identità sono realmente inconciliabili tra di loro? Quante identità
abbiamo? Non si può forse essere trentini, italiani, europei e cittadini
del mondo allo stesso tempo, così come si è consumatori, produttori, padri
e figli nell’arco della stessa giornata?

L’identità è la categoria sociale e l’insieme di norme e il sistema dei
valori in cui ci riconosciamo quando ci rapportiamo con gli altri. Motiva i
nostri comportamenti spesso molto di più degli incentivi monetari, del vil
danaro. La condivisione o meno di questa identità contribuisce a spiegare
la performance più o meno soddisfacente di sistemi economici e di
organizzazioni complesse, come grandi imprese.

A Trento, al quarto festival dell’economia, si discuterà del rapporto fra
identità e interazioni sociali nel processo di globalizzazione. Ne
tratteremo, come al solito, su dimensioni diverse: dall’immigrazione ai
conflitti etnici, dai fattori che rendono economicamente vantaggiosa la
fusione di imprese agli incentivi dei manager e dei lavoratori, dai
processi che portano alla spaccatura di Paesi e al crollo di imperi al modo
con cui il multilateralismo si rapporta alle identità nazionali, dal modo
con cui la scala globale del mercato musicale, cinematografico e sportivo
influisce sulle identità locali all’efficacia del protezionismo nel
tutelare tradizioni e sistemi di valori consolidati.

A presto!

http://homes.tiscover.com/scms/media.php/5933/festival%20economia_big.JPG
Chissà forse interverranno Armatya e Yunus, un momento magico per riflettere sul nostro futuro, un argomento che mi stà a cuore, chissà forse l’occasione di riunire il magico mondo di Icebergfinanza per uscire dal quel magnifico veliero virtuale che solca i mari della quotidianità, una meta, un obiettivo di "lungo termine".
Andrea
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9 commenti Commenta
utente anonimo
Scritto il 16 Luglio 2008 at 21:46

Grazie Andrea,
per tornare ad un argomento su cui riflettere, da Wikipedia ho tratto la definizione di Illuminismo:
« L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! – è dunque il motto dell’illuminismo. » (I. Kant).
Orbene ora grazie anche a te credo sia venuto il momento di cominciare a ragionare con la propria testa su tutto quello che riguarda mercati, economia, liberismo che in ultima istanza ci toccano da vicino. Credo che occorra far breccia sul pensiero che ci spinge a credere che questo sistema, quello delle gemelle FM & FM che sono piu’ insolventi di una cooperativa sociale centroamericana, sia l’ unico possible, non fraintendetemi non voglio cambiare il mondo ma soltanto riportare l’ uomo alla dignita’ che merita, oggi non abbiamo perso il valore umano, solo perche’ siamo catalogati alla voce consumatori…per cui ben venga un ragionamento ex-post sul neoliberismo, che a conti fatti ha portato danni a molti e vantaggi a pochi.
Un saluto come sempre a te ed alla ciurma.
Massimo

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 07:36

Primavera 2009….., se Dio vuole ci sarò.

Roberto

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 09:20

Non vorrei passare per un difensore del neoliberismo, ma se ci pensate bene questo sistema di liberale ha veramente poco: la politica economica (e purtroppo non solo quella ) viene fatta da poche grandi Banche mentre quelle più piccole sono state poco alla volta assorbite, si tratta insomma di un oligopolio non di un libero mercato : Banche che si finanziano con i nostri soldi e si controllano da sole inoltre non sono soggette alle leggi di mercato, ma solo alle loro.
Se fossimo in un libero mercato , ma seriamente controllato, le vere poste in bilancio si conoscerebbero, i risparmiatori premierebbero le banche più meritevoli e meglio gestite mentre le altre fallirebbero, lasciando spazio alla crescita di soggetti più capaci ed efficienti ; tutto ciò non può avvenire in questo contesto dove politici , controllori e controllati sono tutti dalla stessa parte, ed il risparmiatore è solo una pedina da manovrare o una mucca da mungere.
Esempi recenti: circolare di Bankitalia che invita le banche alla prudenza nella gestione e nella pianificazione delle risorse patrimoniali (Tardivo e pur sempre solo un invito).
Limitazioni negli USA sulla vendita short di Banche e Istituzioni Finanziarie .
Perché solo per loro ? Dovrebbe valere o per tutti o per nessuno.
No amici, secondo me non siamo in un libero mercato, in un libero mercato chi fallisce è fuori dal mercato non fa pagare ad altri il prezzo dei propri errori.

Mas

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 14:03

Concordo con te MAS.

Siamo in una dittatura travestita da democrazia.
Ma pur sempre una dittatura .

MM.

GLi schiavi di una volta sapevano di esserlo, mentre gli schiavi del 2000 si credono liberi. Meditiamo!

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 14:58

Domanda corretta, ma forse non siamo anche noi che lo permettiamo, chi tra noi ha mai pubblicamente espresso il suo dissenso, scritto a giornali, manifestato presso partiti tale situazione. Forse anche noi latitiamo e confidiamo che altri portino avanti tali idee per noi, ma aime’ non credo proprio che succeda…per cui riparto dal concetto sopra dell’illuminismo !

A proposito di schiavitu’ in realita’ la schiavitú’ e’ storicamente finita non quando l’essere umano si e’ compassionevolmente convinto che non era etica, ma quando si accorse che il ricorso a salariato diffuso e sottopagato era tutto sommato meno costoso che mantenere masse di schiavi anche durante i periodi di carestia…

Chiudo con un ultimo bellissimo link sugli OGM…
http://www.agrimodena.it/varie/letteraaperta.htm

Saluti
Massimo

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 16:21

Da tempo c’è una nuova schiavitù. la schiavitù del mutuo a tasso 0 o basso che ti porta a rincorrere il cosa non so, a non fermarti mai, a non vedere crescere i tuoi figli, a non vedere nè alba nè tramonto, a non avere la possibilita di stare in riva al fiume, a vedere solo il buio della notte.

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 17:00

6-

Sono pienamente d’accordo, in Italia eravamo in ritardo rispetto a qel “modello di schiavitù” ….., speriamo che quello che sta succedendo scardini almeno in parte la REGIA che ci impone queste “maledette” dinamiche del credito sui beni superflui e dintorni.
Roberto.

utente anonimo
Scritto il 17 Luglio 2008 at 23:09

Capitano…scusa il commento, ma noto che sui temi etico/economici, i post sono statisticamente minori di quelli in cui la ciurma si anima sull’ avvenire degli indici. Forse pensiamo che l’ andamento dell’ indice DOW abbia piu’ impatti dei tanti temi ecomomici…che di fatto influenzano il nostro futuro…
Un saluto a tutta la ciurma
Massimo

Scritto il 18 Luglio 2008 at 06:43

Oserei dire che in questo viaggio si parla di cultura etica/finanziaria, si cerca di crescere insieme, con piccole gocce e perle di temi etici e mondi alternativi.

Non tutti viaggiano sulla stessa onda, certe ” perle ” vanno gustate lentamente, assimilate …..ognuno con il suo ritmo, con il suo tempo!

Andrea

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