ALLE SORGENTI DELLA FINANZA CREATIVA!
Come scrive Wikipedia, per Creatività si intende un termine che indica genericamente l’arte o la capacità di creare e inventare, tuttavia esso può prestarsi a numerose interpretazioni e significati.
Devo ammettere che il termine finanza creativa per descrivere quanto stà accadendo, assume le sembianze di un insulto nei rigurdi della creatività umana sia essa in campo artistico che letterario, piuttosto che lavorativo.
Abbiamo già visto insieme come Richard Bookstaber, uno dei pionieri dei derivati sintetici autore del libro " Un Demone nei nostri disegni: I mercati, gli hedge fund e i pericoli dell’innovazione finanziaria" definiva questa epoca dai contorni irreali.
“I mercati che abbiamo costruito ora, sono così complessi e le transazioni così veloci che situazioni apparentemente isolate ed eventi secondari, possono avere conseguenze catastrofiche”
Il problema subentra quando quando gli hedge usano gli stessi strumenti come quando vendono contemporaneamente allo scoperto i future sugli indici, tirando giù l’intero mercato azionario. Troppe strategie simili!
Il signor Bookstaber dubitava della possibilità che le autorità monetarie e di controllo potessero impedire un disastro.
I mercati finanziari sono sistemi altamente complessi che richiedono una correlazione per funzionare insieme, ma questa stretta correlazione permette si, che quando vi è un problema questo si trasmette velocemente attraverso il sistema, producendo disastri.
Ecco perchè insisto tanto sul termine di " correlazione sistemica "
“La soluzione è che Wall Street cerchi maggiore semplicità per non negoziare ogni strumento finanziario che possa essere inventato”
Chissà, forse i mercati globali hanno bisogno di crack sistemico per comprendere sino in fondo quanto è successo, per impedire che la speculazioni ritorni ad imperare nel sistema.
" Correlazione sistemica " appunto quanto dichiarato dal professor Luigi Zingales sul Sole 24 ore dove ricorda che secondo Bernanke, Bear Stearns non era troppo grande per fallire, ma il sistema finanziario è troppo interconnesso per permettere il lusso di un fallimento di questo tipo.
In sostanza come abbiamo sempre visto in nome di un "presunto" rischio sistemico, di una correlazione "swapiana" si "regalano" più di due miliardi di dollari sotto forma di sussidi mascherati ad una banca d’investimento tramite l’interpretazione di una legge che risale alla stessa Grande Depressione, determinando in sintesi la consacrazione definitiva della socializzazione delle perdite dopo aver benedetto la privatizzazione degli utili in tutti questi anni.
Sorprende alquanto che alcuni commentatori, economisti, giornalisti o analisti sia affannino a cercare di tessere le lodi di strategie figlie di una sottovalutazione globale, se non vogliamo chiamarla con il suo nome vero, complicità! Ma in tutto ciò conta esclusivamente il background e spesso questi illustri signori, svegliati dal tepore di una stagione dove la liquidità anestetizzava qualsiasi senso del limite rilasciano analisi senza possibilità alcuni di confronto!
Stona alquanto in questa analisi una certa benedizione in favore di un uomo Bernanke, che pur avendo studiato la Grande Depressione ha lasciato in questi anni unitamente al suo predecessore Greenspan che i sintomi di quella depressione si perpetrassero attraverso l’irrazionale difusione del credito ai fini speculativi al di fuori dei tradizionali canali finanziari.
Detto questo vorrei ringraziare Mario Margiocco del Sole 24 ore per il suo splendido articolo di oggi dal titolo " AZZERARE I RISCHI, L’ILLUSIONE DI UNA FORMULA MAGICA ", articolo che mi ha inviato e di cui vi voglio fare partecipi, in quanto è la sorgente di questa irrazionalità, di questa finanza esoterica, più vicina allo spirito degli alchimisti rinascimentali piuttosto che alla creatività costruttiva.
" Colpevole è un’idea diventata formula matematica e premiata con il Nobel. È alla base dell’enorme mercato dei derivati. Prometteva di eliminare il rischio finanziario. Ha creato la voragine innescata dai mutui subprime e non solo. E ora un altro Nobel chiama i padri della formula inaffidabile alla sbarra.
In tempi recenti – ha scritto venerdì scorso sull’edizione americana del Wall Street Journal, e ieri su quella europea, il Nobel 2006 Edmund S. Phelps – la maggior parte degli economisti si è convinta che l’economia sia essenzialmente prevedibile e perfettamente comprensibile.
Chissà se questi signori hanno studiato il concetto del semplice battito d’ali della farfalla che scatena un uragano o credono ancora nella leggenda del " cigno nero" l’evento imprevedibile che molti di noi hanno intravisto all’orizzonte.
Le decisioni economiche e le politiche del settore privato e pubblico, dice la dottrina, possono essere distillate in scienza. Oggi continua Phelps, della Columbia University – stiamo assistendo alle conseguenze di questa presunzione, nell’industria finanziaria e nel central banking . L’ingegneria finanziaria e la politica monetaria in automatico, considerando conoscenza certa quella che certa non è, ci stanno portando su una strada pericolosa».
Ebbene si, Phelps ci parla di politica monetaria, la stessa politica monetaria usata con disinvoltura ieri, oggi e domani, con quella temporanea brezza inflazionistica che continua a nascondere per l’ America, la grande paura mai sopita dei banchieri centrali, la Grande Deflazione giapponese.
Siamo al regolamento di conti fra scuole di economisti. E data la voragine non è difficile prevedere a chi andrà la vittoria. Anche Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reserve che aveva per anni esaltato le possibilità dell’ingegneria finanziaria, parla ora, in un articolo ieri sul Financial Times, di «modelli troppo semplici per catturare la realtà».
Phelps, 74 anni, prende di mira la scuola economica dominante degli ultimi 40 anni, quella delle "aspettative razionali", ricca di applicazioni in campo finanziario. La formula che doveva spalmare e alla fine annullare i rischi di qualsiasi investimento ha soltanto diffuso e generalizzato il rischio, con una serie inarrestabile di ingegnerie e compravendite di derivati, di titoli cioè il cui valore è legato a qualcos’altro. La sicurezza garantita è diventata una perdita garantita.
L’attacco lanciato venerdì era già in nuce nella prefazione che Phelps ha dedicato a un libro, «Imperfect knowledge economics» (Princeton University Press, 2007), scritto da Roman Frydman della New York University e Michael D. Goldberg della University of New Hampshire, due economisti che di Phelps sono stati allievi. È un testo di economia denso di formule matematiche, oggi al centro dell’attenzione fra gli addetti ai lavori, e nei primi due capitoli (si veda la recensione sul Sole 24 Ore del 15 dicembre, pagina 17) traccia la storia di come si è arrivati alla presunzione di certezza.
" Ci sono due passaggi chiave – spiega al Sole 24 Ore Frydman, 60 anni, molto vicino a George Soros -: uno sta in Robert E. Lucas Jr., Nobel del 1995, e l’altro in Robert C. Merton, Nobel del ’97». Lucas, da molti considerato il teorico principale delle "aspettative razionali", ha messo a fuoco il principio generale là dove dice di preferire il termine "teoria" in un senso molto stretto, riferendosi a qualcosa «che può essere inserito in un computer e fatto funzionare». E aggiunge: «Questo è quanto intendo in fatto di meccanica dello sviluppo economico. La costruzione di un mondo meccanico, artificiale, popolato da robot interattivi che l’economia per definizione studia».
Merton ha perfezionato la formula matematica da inserire nel computer.Quando Robert C. Merton, professore alla Harvard business school, ingegnere matematico per formazione, ricevette il Nobel il 14 ottobre ’97, il preside della Hbs, Kim B.Clark, dichiarò subito che il suo lavoro «aveva fornito e continuava a fornire fondamentali contributi alla finanza e all’economia. Quella di Bob è una voce che esprime leadership e parla contemporaneamente all’accademia e al mondo degli operatori». E gli operatori si erano gettati con gusto sulla formula di Merton, utile anche a chi la usava con prudenza, meglio nota come equazione di Black-Scholes da altri due studiosi che hanno fornito una base da Merton poi resa operativa (Myron Scholes fu il co-premiato con il Nobel nel ’97).
Vorrei soltanto ricordare ora al lettore le parole di un’altro premio Nobel che Voi avete già sentito e letto spesso in questo blog:
"Non siamo mai sicuri, in una certa misura siamo sempre ignari!
"La nostra conoscenza del modo in cui funzionano le cose, nella società o nella natura, è avvolta nella nebbia della vaghezza. Grandi mali sono derivati dalla fede nella certezza." (…) Le nostre vite abbondano di numeri, ma a volte ci dimentichiamo che i numeri sono soltanto strumenti. Pur non avendo un’anima, possono diventare dei feticci. Molte decisioni cruciali sono prese dai computer, strani congegni che divorano numeri, come mostri voraci, e che chiedono di essere nutriti con quantità sempre maggiori di cifre da masticare, digerire e risputare."
Prosegue l’articolo di Mario Margiocco:
Ricordo solo per dovere di cronaca che la coppia Scholes & Merton contribuirono all’affondamento del Long Term Capital Management, un impatto devastante di una singola società sull’intero sistema finanziario. Il modellino in questione non solo elimina il rischio come variabile nel conteggio del prezzo delle opzioni ma pure utilizza il tempo continuo, infinito, uno stratagemma per far si che in qualsiasi momento la determinazione di un prezzo sia inutile in quanto già corrispondente al passato.
In effetti, usando la formula di Merton – dichiarava il bollettino dell’Hbs – diventa possibile costruire un portafoglio virtualmente privo di rischi». Un semi-miracolo. «Le teorie di Bob – spiegavano due colleghi – sono la base analitica di un enorme sviluppo globale del mercato dei derivati, cresciuto in modo drammatico negli ultimi dieci anni». Ed era nulla, rispetto al decennio successivo.
In pratica, e detto semplicemente, il lavoro completato da Merton ha permesso di costruire e far operare via computer un’equazione per prevedere le variazioni di prezzo di un titolo in relazione al tempo, al prezzo iniziale, ai tassi di interesse e alla volatilità. Ha creato i "mercati efficienti" e l’esplosione dei derivati come garanzia (hedge) contro un aumento di prezzi o tassi, rivoluzionando i mercati.
Merton arrivava alla sua formula della continuous-time finance partendo dai calcoli complessi usati per definire la posizione e la velocità di un razzo. Ugualmente, la vita di un titolo può essere divisa infinitamente, trasformata in un continuum che sfugge alla fine alla volatilità dei mercati.
Se mi permette paragonare la velocità di un razzo di Merton alla velocità del boomerang nella sua traiettoria di ritorno aiuta a comprendere quanto stà accadendo, il perchè di questa improvvisa accellerazione.
Il risultato è stato quello di creare un mercato dove più c’è contrattazione più c’è, o si pensava vi fosse, aumento di garanzia e diminuzione di rischi, trasformando il tutto in una trattazione continua. In un vortice di compravendite spesso senza contabilità adeguata, perché nel movimento era la garanzia implicita.
Ricordatevi la parola vortice, perchè nel prossimo post vi racconterò come si può arrivare ad individuare la prossima potenziale esplosione nelle istituzioni finanziarie mondiali.
La formula e le tecniche di Merton e Scholes si scontravano con la realtà già nel ’98, nel crack Ltcm, la finanziaria del Connecticut creata nel 94 e che aveva coinvolto sia Merton che Scholes, prove viventi dell’eccellenza di accademia e finanza. Andò male, per eccesso di speculazione e debiti: la Ltcm crollò nel ’98 dopo aver dato dividendi del 20%, del 43% e del 41% nei primi tre anni. Merton, Scholes e Black, oggi scomparso, avevano sconsigliato l’uso eccessivo della formula, ma furono ugualmente scottati.
La lezione Ltcm è stata di fatto ignorata. I derivati sono passati da 100mila miliardi di dollari nel 2002, quando Warren Buffett li definì «armi finanziarie di distruzione di massa», a 516mila miliardi a fine 2007, circa 35 volte il Pil degli Stati Uniti. «Il guaio è che una formula che aiuta molto a ridurre i rischi della volatilità non garantisce, né nessuna formula potrebbe farlo, dal vero rischio, che è quello delle perdite sul capitale», dice Frydman.
Non esiste la preveggenza perfetta. (…..forse si, forse no aggiungo io visto la rotta di questo veliero!)
Le Mbs, o mortgage backed securities , il derivato con cui chi concede mutui si copre dai rischi rivendendo il prodotto, scaricano comunque su qualcuno l’insolvibilità dei mutuatari: è inevitabile. Ed è questo che ha innescato il processo. Dai derivati immobiliari a tutto il mondo dei derivati, una realtà che vive di leverage , cioè di soldi a prestito con cui operare, il passo è stato breve.
E non appena le banche, già appesantite di proprio, hanno temuto che i clienti attivi sui derivati fossero troppo esposti, hanno cominciato a chiedere di rientrare (margin calls ). Da qui i rischi di insolvenze. Quelle accertate. Quelle temute. E il blocco del credito. «Sui mutui la promessa dei derivati è stata quella di abolire l’incertezza. E quindi sono stati creati e trattati a piene mani – dice Frydman
Ma nessuno potrà mai abolire l’incertezza. Sfortunatamente questa volta le conseguenze di modelli che promettono previsioni esatte sono uscite dai seminari e dalle riviste accademiche».
Cari compagni di Viaggio, qui voglio aprire una bella parentesi, una parentesi che ci riporta ad antiche visioni e discussioni, ovvero che il cambiamento nasce dalla famiglia, prima che dalla scuola e dall’università, l’etica e la morale è indispensabile per continuare a vivere nella realtà, una realtà che spesso nelle aule delle università della finanza creativa assomiglia più ad un contesto esoterico, quasi ad un film di Harry Potter dove si studiano e si creano le magie più demenziali che il mondo possa conoscere. Spesso idioti è la parola più consona a definire questi scienziati.
Frydman non fa una valutazione del possibile danno da insolvenze negli Stati Uniti. Nouriel Roubini della Stern school of business di New York, che aveva precisato il 5 febbraio scorso una stima di mille miliardi di dollari, parla ora di 3mila, forse esagerando. C’è chi – Martin Wolf accetta l’ipotesi di lavoro di 2mila miliardi.
Duemila miliardi, senza contare le perdite aggiuntive qua e là per il mondo, Europa compresa, sarebbero qualcosa di analogo all’intera ricchezza prodotta in un anno (il Pil) da un Paese come l’Italia. La nazionalizzazione della voragine sarebbe l’unica salvezza. «Speriamo che tenga l’Europa. Questo – dice Frydman – farebbe una grossa differenza.
Banche come Ubs sono state duramente colpite, ma nell’insieme l’Europa ha creduto meno alle formule estreme delle "aspettative razionali". Negli Stati Uniti scuole di grido hanno offerto e offrono programmi di Ph.D. basati solo sui derivati e senza un’ora di storia dell’economia, e dei disastri del passato».
Per ora, aggiunge Frydman, non c’è ancora il legame, nel dibattito americano, tra campagna elettorale e crisi finanziaria. Ma si creerà, e alla fine conterà anche chi, fra i candidati, offrirà garanzie di saper meglio ripulire Wall Street.
È stata dimenticata – lamenta Phelps – la lezione di economisti diversissimi come John Maynard Keynes, Friedrick Hayek e l’americano Frank Knight, che avevano ben chiara l’idea dell’impossibilità di una conoscenza perfetta.
Già nel XVI secolo i maestri spagnoli avevano scoperto che il pretium iustum matematicum era sottoposto a così tante variabili da restare sconosciuto agli uomini e noto solo a Dio. Il pretium sarà alto. [MAIL] mario.margiocco@ilsole24ore.com
Grazie Mario per questa perla, un ritorno al passato, alle sorgenti di questa razionale follia, per comprendere che in fondo l’uomo se dimentica il suo passato è destinato a riviverlo.
Non esiste la preveggenza perfetta. (…..forse si, forse no aggiungo io visto la rotta di questo veliero!)
leggendo le parole qui sopra non ho potuto trattenere un sorriso di approvazione.
Bello proprio l’articolo.
Quello che sta succedendo io lo esemplifico con un’esempio:
Adesso siamo nella situazione che Jonh ha speso 10 dollari prestategli dalla banca, e Steve ha 10 dollari depositati in banca. Ad un certo punto Jonh non paga e la banca non ha più i 10 dollari di Steve. La Fed interviene e “stampa” i 10 dollari. L’operazione in sè sembra risolvere il problema.
Però non è così.
Ogni volta che si stampa moneta si crea inflazione. Ma mi domando come fanno gli USA con il cambio così svalutato e la Fed che pompa liquidità a tenere i tassi così bassi. Per carità, ci può essere la corsa ai titoli di stato che sono considerati sicurissimi, ma mi pare che rendano almeno 2 punti sotto l’inflazione, può durare?
Non e’ colpa dei modelli ma della loro applicazione.
Vi racconto una barzelletta che spiega a meraviglia cio’.
C’e’ un allibrattore di corse di cavalli che si rivolge ad un matematico, ad un ingeniere ed ad un fisico per poter calcolare chi vincera’ una corsa di cavalli.
Passa il tempo ed i tre vengono convocati dall’allibratore.
L’ingeniere dice ” non c’e’ soluzione, il problema e’ troppo complesso”.
Il matematico dice invece ” ho dimostrato che la soluzione esiste ed e’ unica”.
A questo punto salta fuori il fisico che dice ” ho risolto tutto nell’approssimazione di cavallo SFERICO”.
Ora nella soluzione non c’e’ nulla di sbagliato pero’ sono le ipotesi che sono limitate.
Lo stesso vale per i derivati.
Una delle ipotesi implicite e’ che non puo’ esser cosi’ grandi da influenzare il mercato.
Per quanto riguarda il potafoglio senza rischi val la pena notare come il rendimento che si puo’ ottenere e’ uguale a quello delle obbligazioni quando non si considerano le commissioni, quindi vale la pena solo quando non si vuole vendere in periodi come questo.
Igor
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Adesso ci fai anche una preview con la sola immagine …… SEI UN GRANDE !
Roberto.