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I sintomi della Grande Depressione: PROTEZIONISMO COMMERCIALE USA vs CINA.
In un precedente post cercai di spiegare come per comprendere l’eccezionale gravità della Grande Depressione degli anni 30 vi sono due ipotesi diametralmente opposte; la prima, strettamente legata agli economisti più eminenti della scuola austriaca (Mises, Hayek), considera la Depressione come il prodotto inevitabile e disastroso delle conseguenze insostenibili e devastanti sull’economia e sul sistema finanziario provocate dagli eccessi finanziari e monetari che si sono verificati tra il 1927-29 mentre la seconda legata alla visione della ormai classica "Monetary History of the United States" di Milton Friedman ed Anna Schwartz, nella quale viene affermato categoricamente che né l’ inflazione e nemmeno eccessi di moneta o di credito potevano aver causato il collasso economico avvenuto tra il 1929 ed il 1933, ma, partendo da tale tesi, per questi autori la causa principale della Grande Depressione è da ricercare negli errori politici fatti durante quegli anni e tra questi inevitabilmente furono ricomprese tutte quelle politiche di protezionismo e barriere doganali che contribuirono al prolungamento degli effetti depressivi del grande crollo di Wall Street.
Secondo questa scuola di pensiero, la crisi del ’29 fù aggravata anche dalla politica economica commerciale seguita dal governo degli Stati Uniti.
In quel periodo con le esportazioni di capitali l’America aveva contribuito a mantenere in equilibrio la bilancia internazionale dei pagamenti e appena scoppiata la crisi iniziò il ritiro dei capitali a breve termine. Questa tendenza al ritiro dal mercato internazionale, fu rafforzata dalla politica doganale che gli Stati Uniti perseguirono con l’introduzione della famosa HAWLEY-SMOOT a partire dal giugno 1930 che fu duramente protezionistica e costituì un pericoloso precedente. Ciò che spinse molti paesi a scegliere la via dell’isolazionismo economico fu l’asprezza di quella crisi. ( fonte: “Le trasformazioni sociali” di Gabriele De Rosa )
Ora puntuale come un orologio svizzero è arrivata venerdi la notizia che l’amministrazione americana dopo più di 20 anni ha deciso di applicare dei dazi doganali nei confronti della Cina, quasi fosse un appuntamento irrinunciabile con il destino della Storia! Ora qualcuno di Voi dirà che la decisione era nell’aria in preparazione da tempo, sotto la pressione diretta del Congresso che denunciava pratiche commerciali scorrette e responsabili di numerose perdite nell’occupazione.
Non sono così fissato da voler vedere a tutti i costi una correlazione con un evento accaduto circa 90 anni fa, ma mi chiedo che bisogno c’era di offrire tutti i presupposti per una ulteriore o possibile definitiva spallata all’economia americana. Se in passato il ritiro dei capitali americani mise in crisi l’economia di molte nazioni, perché punzecchiare la Cina con una decisione che potrebbe risultare perlomeno pericolosa! Vorrei solamente ricordare che ultimamente il resto del mondo e precisamente il continente asiatico ha finanziato in questi anni il colossale disavanzo degli Stati Uniti attraverso un regolare e costante acquisto di titoli di stato americani. Perché rischiare una fuga di capitali, proprio in un momento così delicato per l’economia americana?
Ricapitoliamo brevemente gli eventi!
Con un annuncio a sorpresa, ma peraltro in gestazione da tempo il segretario al Commercio americano Carlos Gutierrez ha comunicato che l’amministrazione americana imporrà dazi doganali sull’import di carta patinata dalla Cina, un settore accusato di ottenere sussidi di Stato. “ Alcuni produttori cinesi stanno beneficiando di sovvenzioni statali e pertanto ciò rappresenta una concorrenza sleale…..non vediamo questa scelta come una protezione, ma stiamo semplicemente applicando le regole! Con l’odierna decisione stiamo dimostrando il nostro impegno costante per generare un ambiente concorrenziale per i fornitori americani, per gli operai e gli agricoltori. La Cina si è evoluta e non ha più nulla a che vedere con l’economia di stile sovietico degli anni 80.”
Con questa mossa l’amministrazione americana cancella di fatto l’esenzione in vigore da più di vent’anni legata allo status riconosciuto alla Cina di economia non di mercato.
In una successiva intervista alla CNBC TV, Gutierrez ha tenuto ha precisare che la decisione non segnala uno stop nelle relazioni commerciali con la Cina, ne l’inizio di un protezionismo commerciale ma diversamente dal passato gli Stati Uniti sono in grado di misurare la quantità di sovvenzioni governative di cui beneficiano le aziende cinesi.
Anche i sindacati americani oltre al Congresso hanno celebrato le nuove sanzioni decise da Washington, affermando che aiuteranno a salvare migliaia di posti di lavoro in tredici stati americani. Puntuale è stata inoltre la reazione del portavoce del ministero del commercio cinese Wang che ha affermato che le azioni intraprese sono inaccettabili e che la Cina si riserva il diritto di intraprendere ogni azione atta alla salvaguardia dei propri interessi. Inevitabilmente l’annuncio ha scosso il mercato in relazione alla possibile e futura contrazione degli investimenti cinesi nei titoli americani. ( fonti Sole 24ORE, Bloomberg.com, Marketwatc.com).
Ora riassumendo brevemente, ci ritroviamo tra le righe un ulteriore e per certi versi sconcertante sintomo e causa della Grande Depressione del ’29, unitamente a quelli già presi in considerazione nei precedenti post. La casualità di questi innumerevoli sintomi appare peraltro strana se non illuminante.
Torniamo per un attimo indietro nel tempo alla crisi industriale del 1873/1895 che ebbe inizio trent’anni dopo un’ incessante crescita economica. Quella crisi si rivelò un anticipo di quello che sarebbe stato uno dei punti fondamentali indicati da Keynes per uscire dalla Grande Depressione del ’29. Durante quella crisi la risposta immediata ed istintiva dei governi fù quella di innalzare barriere doganali al fine di incentivare l’uso delle proprie merci. Nelle sue memorie l’allora presidente degli Stati Uniti Hoover, che si prodigò nel fallito tentativo di rassicurare gli americani sulla solidità dell’insostenibile sistema economico finanziario americano, scrisse che l’intero pacchetto conosciuto sotto il nome di “NEW DEAL” comprendente peraltro le barriere doganali altro non era che la negazione di tutta la tradizione americana sostenendo che se la nuova amministrazione del presidente Roosevelt avesse continuato nella politica precedente invece di sabotarla e di sforzarsi di trasformare l’America in un sistema collettivista, si sarebbe ripresa ben prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Il pensiero dominante del libero mercato, del capitalismo in genere non sopporta la possibilità che qualunque squilibrio economico finanziario venga risolto attraverso un intervento di natura statale cosa che puntualmente negli ultimi anni si è costantemente verificata.
Ricordiamo per esempio che l’evoluzione degli eventi economici è stata influenzata principalmente dalle politiche monetarie, dall’intervento massiccio dello stato attraverso il “ deficit spending” ovvero la spesa statale e un’economia principalmente di guerra. Keynes sosteneva che oltre a ricorrere al deficit di bilancio, ed a manovre monetarie espansive bisognava aumentare gli investimenti pubblici per favorire i consumi ed era favorevole ad un certo grado di protezionismo doganale in quanto riteneva che esiste un vantaggio nel libero scambio solo in presenza di piena occupazione.
Ora che bisogno c’è di alzare barriere doganali quando in America secondo i dati siamo tendenzialmente vicini alla piena occupazione?! Che bisogno c’è di inasprire le relazioni commerciali con la Cina che figura essere uno dei pilastri portanti del deficit americano?!
Si dirà che è ora che le imprese cinesi giochino pulito e che il governo la smetta di giocare con la moneta come hanno fatto i giapponesi in tutti questi anni!
Alla faccia dell’ottimismo imperante nei mercati finanziari incominciano ad essere un po’ troppe le analogie che riportano indietro nella storia la situazione economica finanziaria attuale, anche se è tutto da dimostrare che le conseguenze che quella scelta determinò possano ripetersi nella nostra realtà, sempre considerando che gli equilibri del grande tesoro cinese corrispondente a più di 1000 miliardi di dollari siano sufficienti a mantenere lo status quo delle cose.
Concludo ricordando che La Grande Depressione ebbe origine dal crollo di Wall Street propagandosi poi all’economia reale, ma sposando per un attimo la tesi principale seconda la quale oggi le azioni sono correttamente valutate, prenderei in esame anche solo per un istante la possibilità che la crisi prossima ventura abbia origine nell’economia reale e finanziaria attraverso l’epilogo degli eccessi immobiliari e dei derivati senza dimenticare gli enormi squilibri dei deficit commerciale e federale.
Ritorna il rischio di uno dei sintomi della grande depressione con una notizia apparsa su MarketWatch!
http://www.marketwatch.com/news/story/food-safety-chief-aims-prevention-defense/story.aspx?guid=%7B10EDB35F%2D7332%2D4323%2DBD61%2D790B23413CBC%7D
In sintesi c’è il rischio secondo alcuni osservatori che i campioni di sicurezza delle merci alimentari importate siano scadenti. La preoccupazione inoltre è stata espressa a proposito del controllo della FDA di una parte degli alimenti importati in quanto i fori nella rete della sicurezza alimentare rendono i consumatori negli Stati Uniti vulnerabili a terrorismo.
“Desideriamo avere una forza ispettiva che comunichi i problemi quando accadono e desideriamo un sistema robusto di risposta,„
Oltre a terrorismo, i legislatori ed altri sono stati infastiditi specialmente dal ruolo della Cina, che ha resistito ai controlli dei funzionari della FDA . La FDA ora ha una squadra d’investigazione in Cina.
“I fornitori in determinate parti del mondo richiedono più attenzione. L’approvvigionamento di generi alimentari è globale. La Cina fa parte di quelli…..
Bene, bene piano piano i Cinesi cominciano a diventare indigesti….brutto segnale!
La paura del terrorismo è una buona copertura