Sia ben chiaro loro lo sapevano dall’inizio, i loro uffici studi lo hanno scritto più volte. il quantitative easing, la politica monetaria attuale delle banche centrali non serve a nulla, non porta alcun beneficio all’economia reale.
Non lo dice un blogger qualunque come il sottoscritto, ma due pesi massimi della storia dell’economia come Friedman e Galbraith…BCE E DRAGHI: L’INUTILE LIQUIDITA’
Per noi, primi in Italia ad aver parlato ancora nel 2009 di ” deflazione da debiti ” e ad aver raccontato attraverso ” la velocità di circolazione della moneta” il sistematico fallimento delle politiche monetarie, non è una sorpresa ma ora è ufficiale anche se in pochi ve lo racconteranno sui giornali mainstream…
St Louis Fed Qe Study
St. Louis Fed official:
No evidence QE boosted economy
La Federal Reserve sta mettendo alcune delle sue politiche monetarie post-crisi sotto una lente d’ingrandimento e non tutto ciò che vede, piace.
Stephen D. Williamson, vice presidente della Fed di St. Louis, trova da ridire su tre principi politici fondamentali.
In particolare, egli ritiene che i tassi di interesse a zero in vigore dal 2008, origettati per innescare buona inflazione effettivamente hanno provocato esattamente l’opposto.
Fermiamoci qua e diamo un’occhiata al grafico che ci accompagna da sei anni, quotidianamente aggiornato, bastava osservare solo questo…
Infatti le politiche monetarie invece che creare inflazione ha risvegliato la deflazione un mostro assopito da decenni, risvegliato solo dalla grande crisi giapponese.
Ripeto non lo scrive un blogger qualunque anche se lo sapevano, ora lo ammettono anche loro.
Il quantitative easing non solo ha risvegliato e contribuito ad accentuare la deflazione, ma a pure distrutto la classe media mondiale. creando immensa disparità di ricchezza.
L’altra non notizia è questa
… alcuni mesi dopo che noi per fare una sintesi di sei anni di lavoro abbiamo scritto questo…
Nel sondaggio, effettuato da Bloomberg prima che i dati del prodotto interno lordo per l’area dell’euro e le sue principali economie fossero pubblicati Venerdì, solo il 28 per cento degli intervistati ha detto che le prospettive per l’Europa miglioreranno nel breve termine. Questo è giù dal 50 per cento nel mese di luglio e dall’ 83 per cento in marzo, quando il quantitative easing è iniziato . Più di due terzi degli economisti nell’ultima indagine ha detto che la prospettive rimarrano invariate.
Il vento e le previsioni cambiano spesso in fretta in economia e nella finanza, in fondo come diceva J.K.Galbraith, la sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile.
Passare dal 83 % al 28 % in soli cinque mesi è una strambata di tutto rispetto, mentre noi teniamo la barra dritta e avanti tutta, sulle onde della storia e dell’analisi empirica che sino ad ora non ci hanno mai lasciati scoperti, senza vento in poppa.
Ovviamente il tutto mentre loro, i mercati finanziari aspettano con trepidazione l’ennesimo regale, l’ultima ondata di liquidità, l’onda anomala.
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aahhh che bella l’america. proprio un bel paese…..di m…..a
disoccupazione bassa. aumenta il pil. insomma và tutto bene. o no????
uhhmmmm……gatta ci cova.
ma lo sapete che anche in america c’ì un MAZZALAI? ehh si. si chiama PAUL CRAIG ROBERTS
e dice queste cose qui: Qualcuno ricorda quando esistevano ancora dei veri giornalisti ? Questo accadeva prima che il regime Clinton concentrasse tutti i mass media in poche mani, trasformando di fatto gli organi di informazione nel Ministero della propaganda, il braccio del grande fratello. La realtà fittizia in cui vivono gli Americani si estende pure alla vita economica.
Il resoconto sulle condizioni dell’occupazione presentato lo scorso venerdi’ è consistito praticamente in una lunga serie di brutte notizie presentate ad arte come buone. I media ripetono qualche numero come se di per sè significasse qualcosa, gli aumenti salariali percentuali o il tasso di disoccupazione, e scelgono di ignorare tutti quegli altri numeri che mostrano un costante declino, ormai pluriennale nelle possibilità occupative, mentre si proclama che l’economia è in fase di ripresa.
Tale ripresa viene sostenuta in base ai dati della misura statistica U3 del tasso di disoccupazione, misura che non include i disoccupati ormai scoraggiati nelle loro realistiche possibilità di trovare lavoro e non ne hanno cercato attivamente uno per 4 settimane continuative. La misura U3 prende in considerazione soltanto quelli fiduciosi abbastanza nella possibilità di trovare lavoro.
Il Governo ammette una seconda misura statistica della disoccupazione, la U6, quest’altra, pressochè mai diffusa, include nella misurazione tutti coloro che non siano scoraggiati da oltre un anno.
Questa misura ufficiale registra un tasso doppio da quello riportato seguendo la U3, ossia il 5,3%, salendo oltre il 10%.
Che cosa ci dice il fatto che il tasso di disoccupazione è superiore al 10% dopo 6 anni di presunta ripresa economica?
Nel 1994 il regime Clinton smise di contare i disocuppati scoraggiati a lungo termine come disoccupati allo scopo di dare una immagine dell’economia negli anni del suo Governo come migliore di quella negli anni di Reagan, così eliminò una intera fetta di lavoratori disoccupati dal computo statistico dove avevano fino allora sempre figurato. John Williams (shadowstats.com) continua a misurare la disoccupazione includendo gli scoraggiati a più lungo termine, come veniva fatto in precedenza. Una volta reinserita questa tipologia di disoccupati nel computo il tasso di disoccupazione a Luglio 2015 risulta del 23%! Ciò significa ben più alta che durante la recessione con la quale il Presidente della Fed paul Volcker inaugurò il governo Reagan alla casa bianca.
Un tasso di disoccupazione a livelli del 23% restituisce a questo concetto di ripresa economica un significato diverso. Sono passati 85 anni dalla grande depressione a oggi, e l’economia Americana sarebbe in ripresa con un tasso di disoccupazione vicino ai livellli della grande depressione.
Il livello di partecipazione alla forza-lavoro è di fatto in costante declino sin dal 2009, dove ci dicono tale ripresa sarebbe iniziata, e continua ad oggi. Questo è insolito, normalmente mentre una economia è in ripresa ciò comporta effetti positivi sull’occupazione e il dato sulla partecipazione della gente alla forza lavoro naturalmente si incrementa. Basandosi sui consigli dei suoi consiglieri in materia economica il Presidente Obama ha attribuito tale declino al fatto che i baby boomers hanno raggiunto l’eta pensionabile. Nei fatti, durante il cosidetto periodo di ripresa, il più dei nuovi posti di lavoro sono stati occupati da persone sopra i 55 anni di età, mentre gli Americani compresi nella fascia da 25 a 54 anni hanno perso 131.000 posti di lavoro al Giugno di quest’anno.
Nel corso dell’ultimo annodi rilevazioni, (Luglio 2014- Luglio 2015) i lavoratori oltre i 55 anni hanno guadagnato 1,554,000 posti di lavoro. I giovani, distinti nella due fasce d’età 16-18 e 20-24, hanno perso rispettivamente 887,000 e 489,000 impieghi.
Ad oggi esistono 4 milioni di posti di lavoro in meno per gli Americani compresi tra i 25 e i 54 anni. Dal 2009 al 2013 si sono persi 6 milioni di posti di lavoro per questa categoria. Questi anni di cosidetta ripresa economica pare abbbiano proprio ignorato proprio quegli Americani nella fascia di età che possiede piene capacità lavorative.
Sempre a Luglio 2015 in USA si registrano 27.265.000 lavoratori part time, di cui 6.300.000. il 23%, lavorano part time in quanto non riescono a trovare impiego a tempo pieno. Ci sono,inoltre, ben 7.124.000 Americani che lavorano in più lavori part time allo stesso tempo per poter arrivare a fine mese. Ben 337.000 in più rispetto ad un anno fa.
I giovani non sono in grado di crearsi una famiglia lavorando part time, mentre i più anziani prendono i lavori migliori e continuano a lavorare in età avanzata per compensare per le mancate rendite dei loro risparmi in seguito alla politica di mantenimento dei tassi di interesse sullo 0 promossa dalla FED, mirata ad accomodare i bilanci di un pugno di grandi banche, i quali dirigenti controllano il Ministero del tesoro USA e la stessa Federal Reserve. Mentre un numero crescente di impeghi qualificati, ad esempio la programmazione di software, sono spostati offshore, verso la Cina o l’India, le possibilità di carriera professionale scarseggiano sempre più in USA.
I lavori che consentono maggior lucro negli Stati Uniti coinvolgono l’organizzazione di truffe a Wall Street, il lobbying per la promozione di interessi privati, dove eccellono proprio ex membri del Parlamento del Senato e dell’Esecutivo, e attrarre fondi su think thanks privati che mascherandosi come gruppi che operano nell’interesse pubblico fanno pressione affinchè l’interesse delle corporations si faccia legge.
Le categorie di lavori salariati dove c’è domanda sono quelle familiari da anni: lavori di servizio domestico, camerieri e baristi, commessi, trasporto, lavoro di magazzino, finanza e assicurazioni, sanità e assistenza sociale. Niente da esportare per controbilanciare il massiccio import. Con una crescita quasi nulla nella mediana dei redditi familiari, risparmi si riducono e la spesa a credito che aumenta, anche il settore economico delle vendite è destinato ad esitare.
Mi sembra chiaro che non stiamo parlando di una economia che ha molto futuro.
Ma certamente nessuno può esserne consapevole tramite le notizie finanziarie sui media o leggendo la sezione business del New York Times o il Wall Street Journal.
Fossi io il direttore del Wall Street Journal le condizioni deplorevoli dell’economia USA farebbero notizie da prima pagina.
Paul Craig Roberts