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DEFLAZIONE E PROTEZIONISMO: SINTOMI DELLA GRANDE DEPRESSIONE.
All’inizio dell’avventura di Icebergfinanza, mentre esploravo attraverso la storia alcuni dei sintomi della Grande Depressione che si stavano manifestando in maniera impressionante nell’alba della madre di tutte le crisi, dopo un post introduttivo, nell’ Aprile del 2007 scrissi:
" In un precedente post cercai di spiegare come per comprendere l’eccezionale gravità della Grande Depressione degli anni 30 vi sono due ipotesi diametralmente opposte; la prima, strettamente legata agli economisti più eminenti della scuola austriaca (Mises, Hayek), considera la Depressione come il prodotto inevitabile e disastroso delle conseguenze insostenibili e devastanti sull’economia e sul sistema finanziario provocate dagli eccessi finanziari e monetari che si sono verificati tra il 1927-29 mentre la seconda legata alla visione della ormai classica "Monetary History of the United States" di Milton Friedman ed Anna Schwartz, nella quale viene affermato categoricamente che né l’ inflazione e nemmeno eccessi di moneta o di credito potevano aver causato il collasso economico avvenuto tra il 1929 ed il 1933, ma, partendo da tale tesi, per questi autori la causa principale della Grande Depressione è da ricercare negli errori politici fatti durante quegli anni e tra questi inevitabilmente furono ricomprese tutte quelle politiche di protezionismo e barriere doganali che contribuirono al prolungamento degli effetti depressivi del grande crollo di Wall Street.
Secondo questa scuola di pensiero, la crisi del ’29 fù aggravata anche dalla politica economica commerciale seguita dal governo degli Stati Uniti. Iceberfinanza
Inutile evidenziare che in riferimento a queste due visioni sono molto ma molto più vicino a quella della scuola austriaca che a quella di Milton Friedman, anche se non si può non essere d’accordo sul fatto che la politica economica commerciale, la strisciante guerra di dichiarazioni economico commerciale in corso è uno dei fattori che contribuirà all’aggravamento della crisi in corso.
Non passa giorno che qualcuno cerchi di sedare le naturali spinte protezionistiche che provengono da questa crisi, ricordando che il protezionismo è unanimamente considerato uno dei fattori che contribuii a prolungare ed approffondire la Grande Depressione. Quanto sta accadendo nei confronti di Cina e Germania, pur naturalemente per certi versi comprensibile, è solo uno dei sintomi che la Storia ci ricorda.
Ieri Martin Wolf, sul Financial Times, nella traduzione del SOLE24ORE ha ricordato come la …. settimana scorsa la "Cirmania" ha parlato e il mondo l’ha ascoltata. Diceva qualcosa di coerente? No. Di moralistico? Sì, molto. Di pericoloso? Sì. Potranno prevalere opinioni più sagge? Ne dubito.
(…) "I due paesi sono molto diversi, ovviamente, eppure nonostante le differenze condividono alcune caratteristiche. Entrambi ritengono che i loro clienti devono continuare ad acquistarne le merci, ma che si indebitino in modo irresponsabile. Siccome il loro surplus implica il deficit di altri, è una posizione contraddittoria. I paesi con un surplus devono finanziare quelli in deficit; se il debito cresce troppo però, il debitore è a forte rischio di default. Quando succede, i vantati risparmi dei paesi con un surplus si rivelano un’illusione.
Comincio a chiedermi se l’economia globale e aperta riuscirà a sopravvivere alla crisi. Anche la zona euro corre pericoli che la settimana scorsa sono stati illustrati alla perfezione dagli interventi del primo ministro cinese Wen Jiabao e del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble.(…)
Ecco quindi come nelle prossime parole di Martin Wolf, la combinazione deflazione e protezionismo è la nuova ombra che sta per avvolgere l’economia mondiale, ma non è la sola restate sintonizzati perchè dopo vi svelerò quella ancora più imponente che non è ancora entrata nella coscienza dei mercati, intenti a ragranellare le ultime speculazioni prima del nuovo " Minsky Moment", esaltati dalla demenziale idea propinata da Greenspan e Bernanke che se salgono i mercati azionari la fiducia si propaga e l’economia ne rimane contagiata:
" Dell’atteggiamento del più potente paese europeo, vorrei sottolineare tre aspetti: avrebbe un impatto prevalentemente deflazionistico; sarebbe inapplicabile, e potrebbe spianare la strada a un’uscita della Germania stessa dalla zona euro.
Del primo aspetto, ho scritto la settimana scorsa: se la Germania ottiene ciò che vuole, la seconda economia del mondo intralcerebbe la ricerca di un rimedio al calo globale della domanda aggregata. Invece di soddisfare la domanda mondiale con le sue esportazioni, la zona euro produrrebbe un eccesso di offerta.
Immaginiamo che i paesi più deboli della zona euro siano costretti a contrarre in modo deciso il proprio deficit fiscale. Tutta l’economia della zona euro ne risentirebbe. Ma anche la situazione fiscale della Germania e della Francia si deteriorerebbe. Immaginiamo ora che la Germania stringa la cinghia. Ingiungerebbe alla Francia di fare altrettanto? Dopotutto, stando alle previsioni dell’Ocse, quest’anno il deficit generale del governo francese si aggirerà attorno al 9% del prodotto interno lordo. Il ministro Schäuble crede che la Francia possa essere multata? No, di certo. Eppure non sono le finanze pubbliche della Grecia (di peso marginale), a minacciare la stabilità della zona euro, ma la finanza pubblica dei grandi paesi. E siccome la Germania non può costringerli a rigare dritto e non ha alcuna possibilità di espellere un paese che non le garba dalla zona euro, sarebbe costretta ad abbandonarla. Questa è la logica delle idee del ministro Schäuble, e sarà ovvia anche a lui.
La Germania si trova in un’Unione monetaria presunta irrevocabile con alcuni dei suoi principali clienti. Ora Berlino vuole che usino la deflazione per tornare a prosperare in un mondo in cui la domanda aggregata soffre di debolezza cronica. Anche il primo ministro Wen la pensa così, ma l’economia che a suo avviso dovrebbe perseguire quello scopo è quella americana. Auguri!
Nel suo discorso in chiusura del Congresso nazionale del popolo, Wen ha dichiarato: «Non capisco che si svaluti la propria moneta e si faccia pressioni su altri perché la rivalutino, con l’obbiettivo di aumentare le proprie esportazioni. A mio parere, si tratta di protezionismo». Ha anche sottolineato che era preoccupato per la sicurezza degli investimenti in dollari della Cina.
Con questo, mi domando cosa intende dire il primo ministro Wen, se non che gli Stati Uniti non si devono intromettere nelle decisioni cinesi in materia di tassi di scambio? Se il desiderio degli Stati Uniti di avere un dollaro più debole è «protezionista», come definire la determinazione della Cina a tenere basso il valore della sua moneta, qualunque cosa accada? Non c’è nulla di particolarmente protezionista nel chiedere a un paese con un enorme surplus commerciale di ridurlo in un periodo di domanda globale debole. Se capisco bene la posizione conclamata della Cina, vuole invece che per tornare competitivi gli Stati Uniti creino deflazione attraverso una contrazione fiscale e monetaria e, si presume, un calo dei prezzi interni. Per gli Stati Uniti sarebbe tremendo. Ma lo sarebbe anche per la Cina e il resto del mondo. Oltretutto non succederà e la Pechino lo sa di sicuro.(…) "
Bene è ora veniamo al "Protezionismo Finanziario" quello di cui vi ho parlato in settimana, un protezionismo inedito, probabilmente esistente anche nella Grande Depressione del ’29, ma probabilmente non cosi invasivo come in questa imponente crisi. Ecco perchè Icebergfinanza è riuscito ad intravvedere prima di molti altri l’alba di questa crisi, esplorando la storia, ore, giorni e mesi di letture attraverso le crisi del passato, analizzando e esplorando ogni virgola, ogni sussurro che la Storia maestra di vita ci ha lasciato.
Ma ora ascoltiamo Mario Draghi e le sue dichiarazioni di ieri di fronte all’Europarlamento, ascoltatele attentamente, perche sono di un realismo impressionanente e glaciale, sanciscono l’inevitabilità della prossima crisi che non potrà che essere spazzata via che dal destino, dalla nemesi modificata dalla volontà degli uomini, se mai ve ne sarà una:
ROMA (MF-DJ)–"Ci sono forti interessi che vanno contro la centralizzazione del trading dei derivati". E’ questo uno dei passaggi dell’audizione tenuta oggi all’Europarlamento dal Governatore della Banca d’Italia sul tema dei derivati. Draghi ha lanciato l’allarme parlando in qualita’ di presidente del Financial Stability Board.
Centralizzare il trading significa "avere chiarezza, visibilita’, trasparenza, per molti, comprese le banche, implica anche una perdita di soldi", dice Draghi. A proposito dei credit default swap (Cds), Draghi ha ricordato come "fino alla meta’ degli anni ’90 praticamente non c’erano. Ora il loro mercato e’ aumentato enormemente in maniera del tutto non regolamentata". Di qui la necessita’ di intervenire: "ma e’ una questione molto complessa – sottolinea Draghi – fattibile ma di di difficilissima soluzione". Milanofinanza
Una questione di difficile soluzione!
Una sorta di protezionismo privato, che interessa esclusivamente il sistema finanziario, il quale ha definitivamente sequestrato l’economia, si sta rivelando una guerra finanziaria tra angloamericani e probabilmente il resto del mondo… faremo, vedremo, chissà.
Il bersaglio di Draghi è la lentezza con cui si sta completando la riforma delle regole: dopo le agenzie di rating e la supervisione a livello europeo, oggetto di negoziato tra Ue ed Europarlamento, ci sono gli hedge fund (l’Ecofin ha appena rinviato la decisione data l’opposizione britannica), il ‘trading’ dei derivati da centralizzare nell’Eurozona, settore che nel mondo ha un valore di 600mila miliardi di dollari che per l’80% sfugge a qualsiasi controllo, un minimo comune denominatore a livello globale per gestire il fallimento delle banche a carattere sistemico, il lavoro sui requisiti di capitale in corso a Basilea per prevenire le crisi. Ci sono interessi forti e consolidati, ha detto il governatore Bankitalia, che remano contro la centralizzazione della regolazione delle transazioni dei derivati (che la Bce vuole nell’Eurozona e non a Londra). Tra i settori che resistono anche le banche, che in tale prospettiva perderanno dei soldi, dice Draghi.
Ci sono pressioni per diluire le riforme e "dobbiamo stare in guardia". Che i contrari si annidino nell’industria finanziaria "per preservare vantaggi concorrenziali non sorprende, ma tali pressioni sono evidenti anche nell’esitazione di alcuni paesi, esitazione più forte là dove il punto di partenza è più debole". SOLE24ORE
(…) Anche il direttore del Fmi, Strauss-Kahn mette sotto tiro le resistenze a mantenere il ritmo delle riforme della finanza: "Accadrà che i paesi cominceranno a risolvere i problemi a casa propria, proporranno riforme sistemiche che vanno in direzioni diverse e a velocità diverse con il grande rischio che ciò si traduca in politiche non coordinate, distorca i flussi di capitale e induca agli arbitraggi regolatori (le transazioni si effettuano là dove ci sono meno vincoli – ndr)". Sta già accadendo. Nell’ultimo periodo sembra scattata la corsa alle azioni unilaterali con il risultato che in qualche misura tutti diventano ostaggio di tutti: Londra e Parigi con la tassazione dei bonus dei banchieri; Washington con il divieto per le banche che raccolgono risparmio di comprare e vendere strumenti finanziari per conto proprio (proprietary trading) e la proibizione di investire in hedge funds e private equity; l’Europa non vuol sentir parlare di ‘ricetta Volcker‘ (le misure restrittive per le banche americane confezionate dall’ex presidente della Fed), punta tutto sulla stretta sui requisiti di capitale delle banche e ora cerca di capire se é possibile bandire i credit default swap legati al debito sovrano. E’ diventato quasi un percorso a ostacoli, peraltro l’Europa è fortemente divisa, a sua volta ostaggio del blocco britannico sulla regolazione degli hedge fund (complice il probabile cambio della guardia a Downing Street entro l’inizio dell’estate) e con l’Europarlamento che dovrà pronunciarsi sulle nuove regole di supervisione finanziaria.
Io non ho idea di quanto la partecipazione emotiva alle loro dichiarazionim, di questi uomini vada in parallelo con la loro responsabilità o sia un modo come un’altro di mettere le mani avanti, sussurrando " io l’avevo detto ", ma credo sia ormai chiaro che la Storia, si sta ripetendo inesorabilmente, in attesa di scrivere una nuova pagina epocale nel libro bianco della madre di tutte le crisi. Forse sembrerò un pò troppo ecclatante, ma se vi fermate a riflettere, siamo ormai arrivati ad un punto di svolta essenziale per determinare i futuri sviluppi dell’economia e di un’eventuale uscita prolungata e probabilmente giapponizzata della crisi.
Di inflazione nemmeno l’ombra, negli ultimi dati, nessuno fantasma, ma come ho già sottolineato più volte, la prossima settimana esploreremo insieme a coloro che hanno contribuito al nostro viaggio o a coloro che vorranno farlo liberamente, alcune nuove considerazioni che contribuiranno ulteriormente a sciogliere come nebbia al sole, gli ultimi fantasmi di un’inflazione che ci viene propinata in tutte le salse da analisti ed economisti, figli di un pensiero storico che non ama la responsabilità. Solo la volontà politica e monetaria premeditata potrà incendiare l’inflazione nella madre di tutte le crisi, una responsabilità che dovrà fare i conti con la Storia.
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In un mercato non "manipolato" la fluttuazione dei cambi tra le valute tende a correggere i disavanzi commerciali andando a rivalutare la divisa di chi ha un surplus commerciale contro quelle che hanno un deficit.Se questo non avviene il mercato è chiaramente manipolato.Per questo è necessario che paesi che adottano la stessa moneta (adottare un cambio fisso = adottare la stessa moneta) abbiano condizioni simili. Quindi la CIna non può tenere il cambio fisso con il dolaro senza manipolare il mercato.
ehi Folletto … purtroppo l'inflazione non ci molla ! vero?cpi annua + 2,1cpi febb. 0purtroppo chi Comanda davvero, vuole sud-Americanizzare l'Occidente, con un tasso d'inflazione sempre superiore al 10 %, riducendo i costi produttivi , e umiliando sempre di più i lavoratori …con enormi conseguenze negative per la Società. Qualche anno di deflazione ( ma con inflazione da Monopolio ) e poi qualche anno con inflazione al 4-5 % in modo che trascorsi 10 anni si avrà almeno 20 % di svalutazione degli Assets spazzatura, debiti pubblici compresi.gran parte del risparmio della Classe media scomparirà.inoltre negli anni deflattivi…molte piccole imprese chiuderanno . o per eccessivo debito, o per concorrenza sleale.Protezionismo?? per Macro Area ? boh. per me è solo di facciata.Giobbe
"soltanto la volontà politica premeditata potrà far riemergere l'inflazione…."a che cosa si riferisce, forse a una furura SVALUTAZIONE concertata????Perchè se così fosse, io sono assolutamente convinto da mesi ormai, che la famosa exit strategy di cui tutti parlano , nella triste realtà, non sarà altro che una "bella" svalutazione di alcune valute (dollaro, euro, ecc.ecc.), in modo tale da azzerare la macchina e farla lentamente ripartire, a danno ovviamente delle povere classi medie occidentali.E magari ripartire con una sola "bella" valuta mondiale…..et voilà, il capolavoro dei banchieri!A.P.P.S.: io credo che chi parla di iperinflazione sappia che questo non è un fenomeno economico, ma monetario, innescato da una perdita di fiducia nel valore del danaro, originata a sua volta da un evento traumatico. (come forse una svalutazione…….??)
ecco le ultime dichiarazioni di jim rogershttp://www.cnbc.com/id/35906680Macro previsioni:
euro andrà in frantumi entro 15 anni (sbagliato salvare la grecia, l'euro così si indebolisce e perde di credibilità)
nuova recessione entro il 2012 (gli effetti saranno peggiori della precedente, perchè i governi hanno già sparato tutti i proiettili)
la gran bretagna, esaurite le sue due fortune (North Sea oil and London's place as a financial hub), andrà a picco e con lei la sterlina
oggi ci sono 2 bolle nel mondo: immobiliare cinesi (soprattutto nelle metropoli) e i treasuries
Investimenti e target
oro a 2000usd entro la fine del decennio
con le valute che perdono credibilità, causa debito insostenibile dei governi, oltre all'oro anche altre commodities correranno! consiglia in particolare petrolio, cotone e zucchero
non ha investito un penny in borsa dal 2008 e ultimamente sta iniziando ad assumere posizioni short
aggiungo io, interpretando il suo ragionamento sulla bolla dei treasuries, rialzo dei tassi
PEG
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PEG
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aggiungo io, interpretando il suo ragionamento sulla bolla dei treasuries, rialzo dei tassi
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Ciao Giobbe,ti rispondo io da parte del Folletto:– February’s Annual Inflation: CPI-U (2.1%), SGS (9.4%) – Oil Price Gyrations Contained February Inflation but Promise March Spike fonte: http://www.shadowstats.com/perchè in questo sito si usano i dati di shadowstats per tutto tranne che per l'inflazione? una svista?salutiDe
1. Denial and Isolation. 2. Anger. 3. Bargaining. 4. Depression. 5. Acceptance. Greece, the cradle of Western civilization is now adding a sixth step to the list: threatening.I suppose we could classify this somewhere under Anger/ Bargaining.
La vera novita' COSTRUIRE NON DISTRUGGERE !Andrea, Capitano mio Capitano ! sai che riflessioni stavo facendo nel leggere il post che sempre e comunque tendiamo a distruggere ma di difficilmente costruiamo qualcosa.La prima attivita'' di solito e' piu' divertente, immediata, magari ci da' pure soddisfazione, la seconda nasconde insidie, difficolta' insomma oggi nel marasma dell'oceano finanziario piuttosto che fermarci un attimo, riflettere e cercare di riparare le falle del sistema ci ritroviamo a non voler far nulla, come un'accozzaglia di marinai che litiga su chi per primo deve sedersi nella scialuppa mentre il vascello affonda…ma di fatto non risolvendo nulla.Questa aria distruttrice, credimi e' ovunque…come la speranza di un diluvio universale che travolga tutto per poter ricominciare, ma sai dove sta l'inghippo che chi lo ha creato, dicasi Bankers & Gang non ne restera' baganato.Per cui qualche volta soffermiamoci a tracciare nuove rotte piu' umane e sostenibili in cui impegnarci per modificare il mondo.SalutiMassimo
BERNANKE HA FATTO LA SUA MOSSA!
Ora la FED ha deciso di non svalutare il dollaro anzi e decisa a rafforzarlo, i tassi di sconto USA saliranno rapidamente.Contando sulla bassa inflazione dell'Europa e sull'immobilismo della BCE che deve tener presente delle esigenze della Germania.Devo ammettere che io era il primo a pensare ad una rapida svalutazione del biglietto verde, ma a quanto sembra i 1400 miliardi di dollari di nuovo debito da piazzare e i circa 1500 di bond da rinnovare, hanno spinto Bernanke ad una difesa fino all'ultimo uomo.Inutile dire che adesso il quadro i capovolge, in particolare lo Yuan dovrà per forza apprezzarsi a meno che la Cina non voglia correre con una inflazione a due Zeri, facendo schizzare il costo della manodopera Cinese, facendo perdere convenienza ai loro prodotti.Gli uomini della FED probabilmente hanno concluso che svalutare non avrebbe aiutato più di tanto l'economia USA, quindi meglio tenersi un dollaro forte.Bernanke ha bisogno disperatamente di tempo, forse sta giocando "all'americano seduto sulla riva del fiume che aspetta il cadavere del cinese trasportato dalla corrente!"Molto della strategia della FED si basa sulle possibili difficoltà che un Euro forte può cagionare all'industria tedesca, che ha nel settore meccanico il suo fulcro e praticamente vive di esportazioni.Non è da escludere un'accordo sottobanco fra FED e BCE con il plauso dei rispettivi governi USA e Tedesco.Ma c'è da dire che una politica di bassi tassi non farà che aumentare gli speed dei titoli di stato dei paesi più deboli rispetto a quelli Tedeschi, questo potrebbe creare delle asimmetrie non sostenibili.E' chiaro che molti paesi potrebbero andare verso un'elevata inflazione, che in una situazione di forte indebitamento e deficit pubblico, già al limite, è tutt'altro che auspicabile.Uno scenario inflattivo, creerebbe un aumento dei costi di produzione che sono espressi in Euro, ciò non farebbe altro che portare acqua al mulino Tedesco e alla sua economia, come del resto è già avvenuto con l'introduzione dell'Euro.Oramai lo sanno anche i bambini che l'inflazione che si è avuta, in molti paesi, dopo l'introduzione dell'euro non era altro che un effetto della politica dei tassi della BCE, che hanno favorito l'economia Tedesca (che è tutt'altro che sana) a scapito degli altri componenti della UE.Quasi tutti i paesi che sono entrati nell'Euro si sono resi conto dei costi elevatissimi, di una simile politica.Qualcuno afferma che è molto meglio tenersi una propria moneta sovrana, che accettare il salasso inflattivo che provoca l'ingresso nell'Euro, ma è ovvio che i politici preferiscano una forte inflazione, che un'aumento delle tasse e taglio delle spese (questo è uno degli inconvenienti delle democrazie quando hanno una classe politica che non accetta di staccarsi dalle sue poltrone).E' chiaro che l'elezione del prossimo presidente della BCE sarà tutt'altro che una cosa quiete, molti a potrebbero rompere gli indugi e richiedere una politica che tenga conto anche delle diverse esigenze degli altri componenti della UE.La Francia è già sul piede di guerra e l'Italia sta giocando "al terzo contendente fra i due litiganti" vedremo chi sarà a spuntarla.-IL Compasso-
Si comincia a ballare e tu Grecia fuori dalle palle, vai a piangere al FMI.Eurostoxx max 07.07.07 (4550 punti) min 09.03.09 (1809 punti) rimbalzo max 10.01.10 (3017 punti)solo cabala?
Deutsche Bank la Grecia e una notte tempestosa
di Carlo Bastasin (Sole 24 Ore)Esiste una versione europea di Goldman Sachs, la banca onnipotente in grado d'influenzare la politica e di profittare di una crisi che ha contribuito a creare? Se c'è, il primo sospettato è a Francoforte.L'ultimo indizio è venuto poche settimane fa. Alla fine di febbraio, il numero uno della Deutsche Bank, Josef Ackermann, era volato ad Atene a consigliare il governo greco nel pieno della crisi finanziaria che stava scuotendo l'euro. George Papandreou voleva sapere con quali strumenti era possibile finanziare il debito pubblico senza dover pagare tassi d'interesse punitivi. Ackermann aveva ben chiara la soluzione, aprire un cordone di sicurezza bancario attorno alle emissioni greche, un consorzio di banche private e pubbliche tedesche che la sua banca si sarebbe incaricata di organizzare e guidare e che avrebbe assicurato la concessione di un credito di circa 15 miliardi.La sera di quel venerdì, dopo il colloquio con Papandreou, Ackermann aveva chiamato la cancelleria di Berlino, a lui ben nota, per parlare con Jens Weidmann, consigliere economico di Angela Merkel. Al giovane economista, Ackermann, nato in Svizzera 62 anni fa, aveva fatto una proposta temeraria: che cosa ne penserebbe Berlino di offrire una garanzia pubblica al consorzio dei finanziatori? Ackermann poteva contare su una consuetudine con i collaboratori della Merkel, costruita in mesi di riunioni riservate in cui la maggiore banca tedesca aveva svolto di fatto il ruolo di primo consigliere economico e finanziario del governo.Questa volta la risposta di Weidmann fu gelida. Non se ne parla nemmeno, la proposta andava contro ogni regola europea, in particolare contro le disposizioni del mercato unico, e di fatto rappresentava l'ennesimo tentativo dei banchieri di Francoforte di scaricare sul contribuente tedesco i rischi di una crisi nata ed esplosa all'interno dei grattacieli di cristallo, sedi delle banche globali.Il settimanale Der Spiegel descrive l'indignazione di Weidmann: «Allora glielo faccia subito lei il prestito ai greci».Ma nonostante il no venuto dalla cancelleria, il giorno dopo il Financial Times, le cui fonti sono spesso vicine alle banche d'investimento, riportava come sicura la notizia della garanzia del governo tedesco. Un'altra manovra di disturbo, osservano irritati da Berlino, dove l'ipotesi di una garanzia pubblica era presa in considerazione, ma solo nel contesto di una soluzione europea.L'analogia con Goldman Sachs non è casuale. Se la banca d'investimento Usa nel 2001 aveva organizzato la famosa operazione di swap con cui il governo di Atene aveva occultato parte del disavanzo pubblico, l'anno successivo la filiale londinese di Deutsche Bank, insieme al dipartimento sovereign di Eurohypo, aveva organizzato un altro controverso prestito ad Atene per l'acquisto di armamenti, il cui pagamento sarebbe stato rinviato al 2009 grazie a due swap offerti e venduti dalla banca di Ackermann, i cui uffici a Francoforte potrebbero essere sorvegliati con un semplice binocolo dalla Bundesbank, tanto poco distano in linea d'aria.Visto da Washington, il rapporto tra Deutsche Bank e la politica ricorda quello tra Goldman e l'amministrazione. Pur senza la porta girevole attraverso cui banchieri diventano politici e viceversa. Deutsche Bank ha svolto per decenni, come minimo dai tempi di Abs, un ruolo di orientamento della politica economica tedesca. Il cambiamento del modello di credito, da banca di casa a banca d'investimento, ha anticipato la trasformazione della corporate governance tedesca e dello stesso sistema industriale. Il primo stimolo al "decentramento" delle decisioni che ha trasformato il sistema corporativo tedesco è venuto proprio dalla banca di Francoforte.Ackermann era stato coinvolto dalla Merkel in particolare in una serie di incontri con i vertici dell'economia tedesca. Ma alla fine dello scorso anno il rapporto era degenerato: «Non è possibile – è sbottata Merkel – che quelli che ci hanno portato sul baratro ora pensino solo ai loro interessi». La cancelliera aveva cercato di mobilitare le imprese contro i banchieri che avevano tagliato le linee di credito e utilizzavano i finanziamenti a basso costo della Bce per fare profitti commerciando titoli. Ma le imprese avevano preferito mantenere buoni rapporti con le banche. Ackermann, da parte sua, non ha stima per i politici che, non senza ragione, accusa di non capire la crisi e di tardare nelle reazioni. Tuttavia a fine settembre 2008 aveva dovuto chiedere ad Angela Merkel, in una famosa telefonata a mezzanotte e 45, di salvare la Hypo real estate il cui fallimento avrebbe travolto anche le grandi banche tedesche. Merkel voleva che le banche contribuissero con 10 miliardi, Ackermann ne proponeva 7, chiusero a 8,5 come due negoziatori di pari grado.Come Lloyd Blankfein, il capo di Goldman che paragona il suo lavoro a quello di Dio, anche Ackermann è incappato in una serie di dichiarazioni incaute rilevatrici di un senso di onnipotenza. Come Goldman, anche Deutsche nel 2009 ha puntato a ottenere gli stessi risultati (un rendimento del capitale del 25%) di prima della crisi, come se nulla fosse cambiato. Il distacco dai destini del paese è urticante per Merkel, che intende governare in uno spirito di unità. A maggior ragione, la proposta di un salvataggio della Grecia a spese dei contribuenti e a beneficio delle banche tedesche esposte per oltre 500 miliardi verso i paesi della periferia euro era improponibile. Anziché portare la responsabilità d'investimenti talvolta incauti, le banche avrebbero potuto finanziarsi a costo quasi zero presso la Bce e investire in titoli greci al 6%, lasciando il rischio sulle spalle dello stato. Un collegamento così diretto tra i vantaggi delle banche e i costi dei contribuenti era impensabile. Per questo a Berlino è spuntata l'idea di un altro veicolo di finanziamento del debito pubblico greco, un veicolo europeo finanziato per il 20% dai contribuenti tedeschi ma in modo meno diretto: il Fondo monetario europeo. Una proposta avanzata dal ministro delle Finanze Schäuble, ma in realtà prodotta dal capo economista di una grande banca tedesca. Capito quale?
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"L'incubo continua"Senza pietàArrivanoI cialtroniA imprigionareI nostri sogniArrogantiCi spieganoIl mondoSpargendoNullitàCome anelloAgganciato all’infinitoRaccolgo sassiOmbreTimori(tratto da Graziella Bertante, L’incredulo sorriso)Le cose che non capisci.Ciò che hai fatto per non avere.Tutte le domande che non vuoi.Ogni risposta che non trovi.Quelle verità che ti annientano.Gli amici che ti uccidono.Dormi… Dormi… Dormi…Vedrai che è un sogno,ma è la tua vita!D.MAgnaniBuona giornataValentinap.s Grazie anche oggi Capitano!