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SOCIAL BUSINESS o CAPITALISMO RESPONSABILE!?
" Capitalismo responsabile " ecco che ritorna nelle parole di Enrico Colombatto un termine che abbiamo già ascoltato recentemente nelle parole di Francesco Giavazzi sul Corriere_della_sera.
Giavazzi si esprime così qua e la, per il testo intero vi rimando al link:
" Quando ci lamentiamo per gli effetti che la crisi americana ha sulla nostra crescita e sui nostri risparmi non dovremmo scordare i benefici di cui abbiamo goduto."
" Ma, ancora una volta, prima di puntare il dito contro il sistema finanziario che ha consentito loro di farlo, non dimentichiamo che senza quei consumi le nostre economie sarebbero cresciute molto più lentamente."
L’impero del debito, la " civiltà " dei consumi, senza i consumi siamo un’Umanità perduta!
" Questo spiega perché la Fed domenica sera ha assicurato l’intero magazzino mutui di Bear Stearns. Si tratta di capitalismo responsabile, non della fine del capitalismo come qualcuno vorrebbe interpretarla. "
" Capitalismo responsabile " ecco cosa significa per Giavazzi questa responsabilità, non tanto quello di prevenire gli eccessi, non tanto quello di prevenire la " socializzazione delle perdite " ma piuttosto di elogiare il salvataggio di un sistema talmente correlato, dal vago sapore di rischio sistemico.
La follia mercatista che ha imperversato in questi anni è stata sostenuta in nome di un nuovo " laissez faire " una forma di anarco-capitalismo a prescindere dal liberismo economico che prevede l’azione dei singolo alla ricerca del proprio benessere come sufficiente a garantire la prosperità economica delle nostre società.
Ricordo ancora le parole di tanti banchieri centrali che nell’elogiare gli hedge funds tanto per ricordarne una, sostenevano e sostengono tuttora la loro utilità in quanto in grado di stabilizzare i mercati tramite la loro liquidità! Abbiamo visto, in questa crisi, la mirabile stabilizzazione offerta dagli hedge funds!
Nel maggio del 2006, Bernanke, in un suo discorso dal titolo " HEDGE_FUNDS_AND_SYSTEMIC_RISK " concludeva così
In the final analysis, authorities cannot entirely eliminate systemic risk. To try to do so would likely stifle innovation without achieving the intended goal. (….)
In nome dell’innovazione, del suo presunto soffocamento, non è possibile eliminare il rischio sistemico, quindi non resta che sperare!
In occasione dell’uscita dell’ultimo libro di Muhammad Yunus premio Nobel della Pace 2006 e fondatore della Grameen Bank, dal titolo " Creating a World Without Poverty " Social_Business_and_the Future_of_Capitalism Enrico Colombatto ci espone la sua visione sul significato di capitalismo responsabile, ma non etico!
Yunus nel suo libro espone le tappe della piccola rivoluzione di cui è stato inventore confermando l’interesse per una “terza via”, per un capitalismo moderato. E il successo di un altro modello di business, il Social Business, con la creazione, in futuro, di una nuova Borsa, la Borsa sociale.
Consapevolezza sociale, ecco il mio capitalismo responsabile, responsabilità sociale che come dice Yunus dovrebbe essere secondo la sua " terza via " il principale business dei nuovi imprenditori.
Un paradosso nel nostro mondo, un ossimoro, un accostamento proibito di un nuovo modo di fare business!
" Se sei poverissimo, ci interessi. " Se non hai garanzie,allora ci interessi anche di più».
«Abbiamo bisogno di creare nuove agenzie di rating, nuove terminologie, definizioni, indicatori di impatto, persino nuovi giornali finanziari: sogno il Social Wall Street Journal- ci dice Yunus – ma anche scuole e università che insegnino ai giovani amettere in piedi e gestire e veri e proprie imprese sociali ». La prossima sfida la Social business enterprise, «un’impresa creata non per massimizzare i profitti, ma i benefici per le persone cui si rivolge, senza incorrere in perdite».
Un esempio è la Grameen Danone Foods Social Business Enterprise, joint venture partecipata al 50% dai gruppi Danone e Grameen, nata in Bangladesh per «fornire una nutrizione giornaliera ai poveri del Paese».
Di responsabile nel capitalismo, un certo tipo di capitalismo che sembra andare di moda oggi, anche un capitalismo non selvaggio, vi è solo ed esclusivamente l’interesse nei confronti degli azionisti. Ovviamente non è sempre così, per fortuna.
In fondo è il pensiero di Milton Friedman che aberrava la responsabilità sociale dell’impresa, sostenendo che i manager devono operare nell’interesse esclusivo degli azionisti e non risolvere problemi sociali con i soldi degli altri!
In sintesi è anche il pensiero di Colombatto che conclude la sua rubrica su Finanza & Mercati così:
" A chi gestisce presse e prodotti finanziari tocca il compito di non sprecare risorse e di osservare il limiti loro imposti dagli azionisti. A chi percepisce il frutto di quell’attività tocca ricordarsi anche dei meno fortunati. La bontà finanziata con i soldi degli altri non esiste "
" Di certo è giusto ( etico ) che i proprietari pretendano che le proprie risorse non siano utilizzate dalle imprese in attività ritenute immorali ( per esempio il finanziamento di regimi tirranici ) ……e qui ci vorrebbero mesi ed anni per determinare ciò che è morale od immorale, aggiungo io……in ciò consiste, prosegue Colombatto, la responsabilità etica, che caratterizza i codici interni di numerose aziende e di un certo numero di fondi di investimento.
" Molto meno comprensibile è la richiesta di Yunus di introdurre un trattamento fiscale privilegiato ( e/o eventuali sussidi ) a favore delle cosidette imprese etiche da lui ( Yunus ) definite come quelle che accettano di vendere a prezzi di costo o comunque inferiori al mercato. "
Colombatto ricorda che spesso il venir meno del vincolo del profitto genera di solito un’esplosione dei costi, stipendi, spese di rappresentanza, gestione poco attenta degli acquisti, assunzioni ingiustificate, perfino clientelismo. Si scontra anche con il fatto che l’amore per il prossimo non esce ne da una pressa, ne da un prodotto finanziario.
Questo è il classico modo di pensare esclusivamente manageriale, ma l’amore per il prossimo se lasciato alla coscienza del singolo, produce spesso quella fiammata che si esaurisce nell’istante di una semplice buona intenzione che spesso resta tale!
Amore per il prossimo consiste anche e principalmente nell’offrire un’opportunità di vita dignitosa a coloro che la sanno e la voglio cogliere, non esclusivamente assistenzialismo.
Il vecchio proverbio cinese che preferisce insegnare a pescare piuttosto che regalare il pesce ogni giorno, inno contro l’assistenzialismo, è alla base della visione di Yunus!
" L’elemosina dà solo al donatore l’impressione di fare qualcosa e chi raccogli e denaro mendicando non è motivato a migliorarsi. Mendicare priva l’uomo della sua dignità, togliendoli l’incentivo a provvedere alle proprie necessità con il lavoro, lo rende passivo "
Ecco il pensiero che stà alla base della rivoluzione del microcredito, Yunus è fermamente contrario agli aiuti internazionali e Voi credete che per sussidi e clientelismo come afferma Colombatto, Lui intenda quello!
Yunus vede i poveri non come esseri minori da gestire ma come persone molto capaci, perché, nonostante vivano nella miseria, riescono a sopravvivere, e soprattutto li vede come esseri umani, singoli individui, ognuno con le propria creatività, la propria particolarità, i propri talenti e con la propria dignità. Yunus dimostra che i poveri sono solvibili, che si può prestare loro del denaro e ricavarne un profitto.
Secondo Yunus ogni essere umano che nasce, grava sulla società in quanto CONSUMATORE, ma come IMPRENDITORE può avere incalcolabile importanza per la società.
In fondo queste idee che nascono dai sotterranei dell’ Umanità non rinnegano il capitalismo, ma non il capitalismo responsabile come lo interpretano alcuni, piuttosto il capitalismo secondo una terza via dopo il fallimento del socialismo e del capitalismo selvaggio.
Abbiamo già visto insieme ma ve lo riporto nuovamente il significato di capitalismo etico La concezione del Libero Mercato passa anche attraverso la questione etica e come dice Amartya Sen, alcuni dei più laceranti problemi dell’etica sociale sono infatti di natura profondamente economica e ci aggiungerei personalmente, di natura finanziaria.
Nel suo libro " LA LIBERTA’ INDIVIDUALE, COME IMPEGNO SOCIALE " Sen richiama la differenza tra Libertà Negativa e Libertà Positiva.
"Secondo questa prospettiva la libertà intesa in senso positivo ( la libertà di …) riguarda ciò che, tenuto conto di tutto, una persona può o meno conseguire. L’interesse non è tanto rivolto verso i fattori causali alla base di questo, ovvero se l’incapacità da parte di una persona di raggiungere un certo obiettivo sia dovuta alle restrizioni imposte da altri individui o dal governo. Al contrario, la concezione negativa della libertà ( libertà da…) si concentra precisamente sull’assenza di una serie di limitazioni che una persona può imporre a un’altra ( o che lo Stato o altre istituzioni possono imporre agli individui )".
"E’ possibile sostenere che, se noi riteniamo importante che una persona sia posta in grado di condurre la vita che preferisce, allora ci dobbiamo servire della categoria generale della libertà positiva. Se cioè, riteniamo di grande importanza l’essere "libero di scegliere" allora è la libertà positiva che ci interessa. Ma non si deve pensare che questa argomentazione a favore della libertà positiva implichi che la libertà negativa non debba ricevere una speciale attenzione."
Amartya Sen propone inoltre questo esempio illuminante di cui interpreto soggettivamente il significato.
"In generale può essere negativo per una società che una persona ( IL LIBERO MERCATO ) non possa passeggiare liberamente in un parco senza rischiare di essere assalita dai malviventi ( LA MANO PUBBLICA, LE RESTRIZIONI; LE REGOLAMENTAZIONI) , ma in coerenza con tale diagnosi, si può considerare particolarmente spiacevole dal punto di vista degli assetti sociali ( RICHIO SISTEMICO, CRISI ECONOMICA o FINANZIARIA )che tale incapacità sia il risultato di ostacoli o minacce posti da altre persone ( HEDGE FUND, CONDUITS&SIV, ECCESSI SPECULATIVI, MERCATISMO etc) "
Riporto concetti già letti insieme ma secondo me fondamentali!
" Se è vero che gli individui in realtà, perseguono incessantemente e senza compromessi solo il loro ristretto interesse personale, allora la ricerca della giustizia verrà intralciata a ogni passo dall’opposizione di tutti coloro che abbiano qualcosa da perdere dal cambiamento proposto. Se invece gli individui, come persone sociali, hanno valori e obiettivi di più vasta portata, che includono la comprensione per gli altri e un impegno verso norme etiche, allora la promozione della giustizia sociale non dovrà necessariamente fronteggiare un’incessante opposizione a ogni cambiamento."(…)
Come dice Partha Dasgupta, “abbiamo bisogno gli uni degli altri, ci dobbiamo fidare, anche indirettamente. La società, prima ancora che l’economia, funziona quando ci sono delle interazioni reciprocamente vantaggiose perché si fondano sulla mutua fiducia”.
Nel suo ultimo libro “Economics. A very short introduction” quattro sono i pilastri della fiducia fondante delle comunità umane:
a) l’affetto reciproco che costituisce la comunità famigliare, che crea una casa vera
b) l’atteggiamento civico, sociale, studiato dall’economia comportamentale per cui se stringo la mano a qualcuno è perché mi fido e voglio pensare che non cerchi di imbrogliarmi. Il cinico dirà che ognuno ha un prezzo, ma forse non è proprio cosi!
c) Le regole della Legge, lo Stato di Diritto, quando è l’autorità esterna che garantisce il rispetto dei patti
d) Norme sociali che garantiscono l’attuazione degli accordi.
Secondo Dasgupta, le norme sociali sono più importanti delle regole, dello Stato di Diritto in quanto le istituzioni pubbliche tendono a funzionare sole se, alla base, i rapporti sociali sono innervati dalla fiducia reciproca.
Le rivoluzioni non nascono dal nulla, queste sono rotte che esistono, non sono solo utopie, sono realtà che il mondo piano piano dovrà abbracciare, per trovare una nuova via, una via dove l’ Umanità riprenda in mano la sua stessa essenza.
Ave a te mio Capitano.
Non vorrei sembrare barboso come sempre ma spesso ci si dimentica che le politiche strategiche del passato forgiano il presente. Un esempio quello della crisi alimentare, bene ora nessuno ricorda in passato quali erano le strategie che grandi istituzioni hanno promosso:
1-I paese evoluti dovrebbero abbandonare l’ agricoltura in quanto sarebbe stato a piu’ buom mercato approvigionarsi dal terzo mondo…con salari piu’ bassi;
2-I paesi del terzo mondo avrebbero dovuto convertire parte dell’ agricoltura in export oriented, leggi cacao, caffe, etc. in modo che i paesi piu’ indebitati ricevessero hard currencies facilitando il pagamento del loro debito estero.
I consigli erano quelli di World Bank e IMF.
Bene ora di fronte ad una possibile scarsita’ di cibo qualche paese ha gia’ bloccato gli export di derrate.
Ora troppos pesso inchiodati a monitor che ci danno il senso dell’ immediato perdiamo il filo del discorso storico ed il senso cause-effetti.
Percui chi oggi esalta il debito deve ricordarsi pure che esso prima o poi dovrebbe essere pagato…e con gli interessi !
Perche’ non provare a ricostruire il senso storico dell’ economia, chi si ricorda che la globalizzazione a detta di tutti una decina di anni fa ci avrebbe portato benessere !
Perche’ spesso non cerchiamo di capire dal passato quanto gia’ successo, come e perche’ ci si e’ arrivati…per il resto gli indici sono solo una percezione collettiva !
Saluti
Massimo
forse avevano ragione quelli che a seattle all’epoca fecero tutto quel casino?
Il vero problema è la “liberazione” del mercato. In ogni settore. Quello agricolo è forse il più emblematico. Non si riesce a capire quale equità, quale equilibrio rinvenire in un sistema che distribuisce 10 centesimi per un kilo di carote al produttore e determina un costo di 1,5 euro al Kilo per il consumatore. Non è semplicemente sostenibile. Accorciare la catena della distribuzione? Creare una sistema cooperativo/consorziato di distrubuzione? Aprire i luoghi di produzione al consumatore che vi si rechi per acquistare?
La stessa cosa vale per i prodotti di largo consumo e per tutto quanto “gira intorno”. Pensate ai costi di packaging e di trasporto. Sta diventando tutto quanto inaccettabile, ma soprattutto insostenibile sia dal punto di vista della gestione delle risorse naturale, sia da quello delle tasche dei consumatori.
Occorrerebbe elaborare nuovi modelli condivisibili e “spendibili”. Occorre un Ikea dei beni di largo consumo o, meglio ancora, un Ikea a capitale ripartito, condiviso…..
Daniele
p.s.: come mai quando Andrea posta articoli su temi economici finanziari relativi all’andamento dei mercati i commenti sono molti ed invece quando posta articoli come questo sono pochi (e magari si parla ancora di borsa)?
In ogni caso Stefano, a mio parere, può stare tranquillo: non si può dire con sicurezza quanto a lungo durerà questa fase di paradiso artificiale. I numeri sono numeri e parlano in senso contrario.
Ciao Daniele
E’ naturale che sia così, fermarsi a riflettere spesso costa fatica, le persone sono più portate a vivere senza farsi troppe domande, ma non per tutti è così, per tanti non è così!
Oggi è una splendida giornata mountainbike & sun per tutti!
Per quanto riguarda le tue parole da tempo l’aria del cambiamento soffia nella mia terra, da noi i GAS Gruppo di Acquisto Solidali profiferano come funghi attravreso il passa parola e nelle piazze vi sono i mercati contadini, vendita diretta senza tanti intermediari, biologico a prezzi inferiori dell’agricoltura tradizionale direttamente a casa tua!
Ci vorrà del tempo ma questa onda arriverà, forse, in ogni angolo d’ Italia, per necessità, forse più che per cultura, ma arriverà!
Vi lascio questo link della trasmissione REPORT se poi ci tenete alla salute ed credete alla medicina senza alternative godetevi la puntata di questa sera!
A dimenticavo ….Buon appetito
Andrea
http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Report%5e23%5e74752,00.html
Un commento x Daniele, quanto tu dice e’ corretto purtroppo spesso, diciamo sempre, le politiche di prezzo non sono piu’ basate sul vecchio modello costo+margine=prezzo…ma si parte da: QUANTO SARESTI DISPONIBILE A PAGARE…e lascia stare quanto costa che non ti riguarda, sarebbe bello poter ricostruire la catena e fare chiarezza ma spesso non e’ fattibile e sopratutto nell’alimentare la grande distribuzione puo’ facilmente muovere derrate da ogni parte del mondo in maniera super efficiente…
Saluti
Massimo
Caro Capitano
è vero, anche qui è una bellissima giornata: una bella passeggiata nel bosco non me la leva nessuno….
Mi fa molto piacere sentire che i gruppi di acquisto costituiscono una realtà sviluppata. Però alludevo ad un vero e proprio “salto di qualità”. Occorre che queste siano realtà note a tutti, occorre che tutti ne possano concretamente fruire e non si tratti di realtà percepite come una sorta di gruppi per “alternativi”. Non so se rendo il concetto.
D’altronde la stessa cosa la si potrebbe riferire per la produzione di energia. Vi immaginereste cosa accadrebbe se il 10% di quanto si investe non dico per la ricerca sugli armamenti (non voglio sembrare alla ricerca di facili consensi demagogici) ma il 10% degli investimenti pubblicitari destinati al lancio di nuovi autoveicoli nella ricerca di metodi “diffusi” di produzione cogenerativa di energia secondo a strutture diffuse?
Si tratta comunque di progetti eversivi…. come fare a mettere un contatore al sole, alla legna, al calore latente del sottosuolo?
Ricambio il buon appetito!
Un caro saluto
Daniele
A Report non hanno neache detto che a Ragusa di negozi di alimentari a km 0, produttori-consumatori, ce ne sono ben due e sono stati tra i primi. Sono molto informati!
Stella
adesso appena le cose non dico che vadano bene ma iniziano a migliorare, adesso che le banche centrali oparano con decisione e gli effetti iniziano ad intravedersi, adesso che i mercati rimbalzano, parlate di sociale, di mountan bike, bene complimenti, ma poi non dite che non siete degli sfortunati di borsa e dei catastrofisti.
e’ un covo…………
Roberto
Capitalismo responsabile e se cominciassimo da qui:
http://www.focsiv.org/impegno/campagne/target_new.php
Saluti
Massimo
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Andrea ma secondo te la crisi che ha travolto le borse mondiali è davvero finita come dicono?
Stefano