STIPENDI E RETRIBUZIONI: ITALIA, UN PAESE ESTREMAMENTE INIQUO!
Mentre un consistente manipolo di esaltati continua ad occuparsi solo di crescita. mercato, flessibilità e liberalizzazioni omettendo quotidianamente la parola redistribuzione, , in Italia le retribuzioni lorde sono tra le più basse d’ Europa secondo una recente rilevazione Eurostat dietro a Irlanda, Spagna Grecia e Cipro!
” Soprattutto il valore dello stipendio annuo per un lavoratore di un’azienda dell’industria o dei servizi (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Insomma anche guardando ai cosiddetti Pigs, l’Italia riesce a superare solo il Portogallo (17.129).
Eurostat riporta l’elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell’Unione europea, nell’ultimo rapporto diffuso ’Labour market Statistics’, anche per gli anni precedenti all’ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L’avanzamento per l’Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).
Una buona notizia per l’Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «unadjusted gender pay gap», l’indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un’illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perchè a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d’Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Da New York, Fornero parla della necessità di «scardinare la situazione». Il ministro si dice ancora una volta «fiduciosa»: alla fine un accordo con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo 18 si troverà. LASTAMPA
Aumentando la produttivita’ si puo’ scardinare la situazione che vede l’Italia con salari bassi e costo del lavoro elevato. Lo ha detto a New York il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, commentando i dati di Eurostat sulle retribuzioni lorde degli italiani nettamente inferiori a quelle dei loro colleghi tedeschi.
Ma certo ovviamente è solo un problema di articolo 18, non di equità, sostenibilità e redistribuzione, vero signora Fornero e quindi la leva fiscale si usa a senso unico pescando nel mucchio, nel pentolone dei soliti noti coloro che vivono di reddito fisso, sottraendo risorse al motore dell’economia.
Sono estremamente noiosi questi professori, crescita, crescita, mercato, mercato, produttività, produttività, flessibilità, flessibilità non conoscono altre parole ma soprattutto non conoscono la parola redistribuzione e sostenibilità, termini sconosciuti alla maggioranza degli economisti e dei professori soprattutto quando questi occupano più cattedre o professioni, dispensando ideologie e ovvietà.
Di retribuzioni e trattamenti della politica è meglio non parlarne…
…di redditi dichiarati o presunti tali tralasciando tutto ciò che circola nell’universo sommerso di questo Paese…
…senza dimenticare che il rapporto costo consiglio di amministrazione, amministratore delegato e addetto considerando però la media partendo dal numero due di un’azienda sino all’ultimo collaboratore risulta essere …
Fonte: Alessandro Casanova, Emilio Roncoroni in “Cda, quanto mi costi?”, su “www.lavoce.info” elaborazione PANORAMA
Comunque sia la storia farà il suo corso, nel tempo in una maniera o nell’altra questa profonda iniquità troverà la sua naturale conclusione!
E’ stata spedita la nuova analisi dal titolo “STRONG BUY ITALIA” un viaggio nell’Italia che verrà, osservando le dinamiche che ci attendono nelle prossime settimane per gettare le basi per i prossimi anni.
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Stato, lavoratori, imprenditori e sindacati o iniziano a fare illoro mestiere e bene o siamo allo sfascio.
Basta lucrare sugli stipendi ognuno ha da cambiare qualcosa come scritto qui :
http://italyworkinprogress.blogspot.com/2012/02/stipendi-italiani-da-fame-di-chi-e-la.html
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A parte che in 2 anni sono cambiate moltissime cose, per cui, per esempio con la Grecia, tanti paragoni non si possono più fare, sarebbe interessante evidenziare la forza sindacale di ogni paese fino al 2009.
Non è che i salari sono INVERSAMENTE proporzionali alla forza dei sindacati?
A me sa di sì.
Un’altro sassolino nella scarpa: quando lavoravo in ospedale, ogni trasfusione ci costava 500.000 lire. Ma il sangue, come ora, veniva donato gratis. Dove vanno tutti questi utili? Chi vende ai cittadini il sangue stesso dei cittadini, donato per solidarietà?