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LA SVOLTA FRANCESE
Probabilmente in pochi hanno realmente afferrato la dimensione di quello che è accaduto in Francia nel fine settimana dove Hollande all’improvviso si è trasformato da un leone a un agnellino, in attesa di essere sbranato nell’elezioni presidenziali dell’autunno 2016.
Aveva detto lo scorso anno …
Hollande: basta all’eccesso di austerità. “E’ la causa della recessione in Europa…
Ma non solo addirittura prima di eleggere come suo più fidato consigliere l’ex banchiere Rotschild Macron aveva dichiarato …
«Il mio vero avversario non si candida e non viene eletto, eppure governa: questo avversario è il mondo della finanza», diceva l’aspirante presidente François Hollande il 22 gennaio 2012 nel famoso discorso del Bourget, tutto ancorato a sinistra. (…) «Nei viaggi all’estero mi sono spesso presentato come l’uomo che lavora con Emmanuel Macron», aveva scherzato il presidente durante la festa, alludendo all’ottima reputazione e alle relazioni internazionali di Macron. Conoscenze che torneranno molto utili già nel fine settimana, al vertice dell’Unione europea a Bruxelles, quando la Francia dovrà rassicurare i partner — in particolare la Germania — sulla sua volontà di risanare i conti pubblici. Corriere della Sera
Fermatevi ha riflettere sulla dimensione umana ed intellettuale di questi fantocci. Questa è la politica attuale completamente in mano alla finanza, state tranquilli che sui giornali mainstream e alla televisione nessuno ve lo farà notare, nessuno!
In realtà all’improvviso Hollande ha deciso di farsi aiutare dalle buone conoscenze di un ex banchiere e soprattutto secondo Valls di smetterla di attaccare la Germania per le politiche di austerità imposte al resto d’Europa.
Ma la realtà inconfessabile sta tutta qui. Mentre la plutocrazia finanziaria mette le mani ovunque posizionando banchieri e non banchieri nei posti chiave della presunta democrazia europea, in Europa si gioca una partita ideologica che va ben oltre la barzelletta dell’austerità espansiva tanto amata dalla squadriglia degli alesini volanti …
Che cosa ha detto l’ex ministro Montebourg di così pesante da determinare, dopo meno di cinque mesi, la fine dell’esecutivo nato per il rilancio della presidenza Hollande? In un passaggio dell’intervista, Montebourg ha ribadito una posizione fino a un anno fa eversiva, ma oramai condivisa anche dagli ambienti mainstream (con imbarazzanti inversioni a U di tanti commentatori anche nostrani, fino a poco fa assertori convinti dell’“austerità espansiva”): “Le politiche di bilancio dell’Eurozona sono la causa di un non necessario prolungamento della crisi economica e della sofferenza della popolazione europea”. Insomma, quasi un’ovvietà, oggi. In un altro passaggio, però, l’ex ministro ha effettivamente violato un tabù. Ha osato dare nome alle cose. Ha rotto l’involucro ideologico che da un quarto di secolo imprigiona il dibattito economico e fa la sinistra ventriloqua: ha chiesto al suo governo di cambiare verso rispetto “all’ortodossia estrema della destra tedesca”. Ecco la pietra dello scandalo. Nelle parole di Montebourg, l’agenda della politica economica dell’Eurozona non è, come si continua a raccontare, frutto di un’analisi oggettiva e di raccomandazioni di natura tecnica provenienti da istituzioni neutre sul piano valoriale, culturale e degli interessi in campo. No. Il guastafeste di Parigi afferma una scomoda verità: l’economia è politica. La politica economica dell’Eurozona è espressione di una visione politica, quindi di interessi economici e sociali parziali e di una particolare declinazione dell’interesse nazionale: la visione della destra tedesca. Insomma, viene giù il paravento tecnico. Un colpo insopportabile per una sinistra senza bussola. Un conto è sfidare l’impopolarità e deludere per attuare ricette presentate come oggettive e neutre. Altro è dire che la sinistra esegue l’agenda fallimentare della destra seppure un’agenda impacchettata nella carta delle presunte tecnocrazie super-partes di Francoforte e Bruxelles. Quella verità inconfessabile sulla Germania nascosta
Come da manuale la nemesi continua!
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Ma Andrea hai notato chi firma l’articolo del Fatto Quotidiano del quale riporti un ampio estratto?
E’ un certo Stefano Fassina, esponente della sinistra del Pd, ex viceministro dell’Economia.
Il suo é convincimento sincero o solo tattica politica per attaccare il Pinocchietto di Firenze col quale se ben ricordo, ha avuto qualche diverbio?
Ha ragione Reragno: LA NOSTRA CONDANNA e’ GiA’ STATA SCRITTA ed il Pinocchietto la sta magistralmente eseguendo senza che la maggioranza ital_idiota lo capisca.
“Fermatevi ha riflettere sulla dimensione umana ed intellettuale di questi fantocci. Questa è la politica attuale completamente in mano alla finanza, state tranquilli che sui giornali mainstream e alla televisione nessuno ve lo farà notare, nessuno!”
Siamo in deflazione anche di verità ma in netta inflazione di Balle con veline concordate sul main stream e sulla telepropaganda.
E’ organica, per niente casuale, non è una del tutto legittima e indipendente conformità di opinioni e valutazioni.
Pensano di avere e di tenere tutte le carte del gioco in mano, la cosa gli può funzionare fino a quando riusciranno a gestisrsi e a confondere gli uomini-pecora orientandoli su falsi obbiettivi e su interpretazioni fasulle della realtà.
Vedremo quanto dura.
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da Vikipedia
Un esempio di repubblica semipresidenziale: la Francia[modifica | modifica sorgente]Un esempio di Repubblica semipresidenziale è la Francia. In questo paese, il modello semipresidenziale fu introdotto dal generale Charles De Gaulle nel 1958, in concomitanza con la crisi della Quarta Repubblica Francese e della guerra d’Algeria; con tale riforma, ha inizio infatti la cosiddetta Quinta Repubblica Francese. Il sistema, che all’epoca prevedeva l’elezione del capo di Stato da parte di un organo appositamente costituito, nacque come una forte razionalizzazione della costituzione della Quarta Repubblica, con cui si tendeva porre termine all’instabilità della forma di governo parlamentare che fino ad allora era vigente. Il sistema fu perfezionato nel 1962 con una successiva modifica costituzionale che introduceva l’elezione a suffragio universale del Presidente.
Il Presidente è eletto direttamente dai cittadini e non sfiduciabile; egli è titolare del potere esecutivo, che esercita nominando il Primo ministro. Il Premier deve avere per il suo governo la fiducia, o almeno il tacito assenso, da parte del parlamento. Il presidente può sciogliere l’Assemblea Nazionale, mentre il Parlamento non può sostituire il presidente anche se può metterlo in stato d’accusa per motivi giudiziari.
Qualora il parlamento presenti una maggioranza parlamentare di colore politico diverso da quello del presidente, evento verificatosi nel 1986 e 1993 sotto la presidenza Mitterrand, e nel 1997 con Chirac, si instaura una forzata coabitazione tra presidente e un premier a lui ostile. In caso di coabitazione prevale la linea di legittimazione parlamentare.
Il semi-presidenzialismo francese può quindi essere definito “ad assetto variabile” alla luce del differente margine d’azione di cui dispone il Presidente, a seconda dell’appartenenza politica del Primo Ministro. È infatti evidente che se da un lato il medesimo colore politico consente al Presidente l’esercizio di ampi poteri decisionali e relega il Primo Ministro ad un ruolo secondario, dall’altro, in caso di coabitazione di maggioranze differenti (espresse in sede elettorale presidenziale e rispettivamente parlamentare, non coincidenti), Primo Ministro e Presidente si “bilanciano” vicendevolmente.
NON C’E’ PURTROPPO DA SPERARE NEANCHE NELLA FRANCIA PER FAR SALTARE IL BANCO.
CREDO CHE LA NOSTRA CONDANNA SIA STATA SCRITTA.