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L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’EURO!
Ieri si è rifatto vivo uno dei fantasmi della storia politica italiana, Prodi, simpaticamente denominato Elbondola, mortadella per gli amici, si la bella addormentata, la principessa sul pistacchio, che si è accorto che l’euro cosi come sta andando non va bene, dopo avercelo spedito con tanto di pacco e contropacchetto… Italy’s Mr Euro urges Latin Front, warns Germany won’t sell another Mercedes in Europe
Ora quando scrive il Telegraph, bisogna prendere tutto con le pinze,la carta straccia inglese non vede l’ora che l’euro faccia il botto, ma per non sbagliarmi sono andato a dare un’occhiata in giro sui giornali italiani, carta riciclata mainstream ovviamente e ho trovato che…Prodi: bisogna cambiare i parametri di Maastricht immutati da 20 anni …
Mettetevi comodi sarà un post lungo e affascinante come ai vecchi tempi!
Ma come Francia e Germania gli hanno stracciati quando faceva loro comodo e adesso in piena depressione dopo oltre tre anni di crisi, solo adesso bisogna cambiarli con chi, con il consenso della Germania?
«Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. È stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline».
Ma scherziamo, hanno appena comunicato che il deficit della Spagna viaggerà intorno al 6 % e tutti ad esaltare la rinascita spagnola, l’uscita dalla recessione, grazie ad una feroce e sanguinaria repressione salariale, e noi stiamo qui a menarcela con sta storia del 3 % con gli inutili idioti burocrati europei che ci fanno il contropelo quotidianamente per le tabelline, suvvia siamo seri.
Prodi ai tedeschi: “non venderete più una sola Mercedes” ma non scherziamo suvvia, cosa farebbero gli italiani senza la Nutella…ops scusate senza Mercedes, BMW, Audi e via dicendo, proprio ora che non possono neanche più lavare il loro denaro.
Scherzi ma non vorrai mica mettere su una campagna di boicottaggio delle wurstelwagen di Angelina vero, gli italiani non capirebbero è come togliere loro la playstation, morirebbero, o meglio preferiscono morire di euro, piuttosto che inviare un segnale chiaro e preciso ai nipotini di zio adolfo.
Ovvero, afferma Prodi, “il tasso di cambio raddoppierà e i tedeschi non riusciranno a vendere una sola Mercedes in Europa. Gli imprenditori tedeschi sono a conoscenza di tale situazione ma tutto quello che riescono a fare si traduce in cambiamenti modesti, che non bastano per porre fine alla crisi”. Prodi avverte chiaramente che l’esito delle elezioni tedesche non cambierà nulla: “L’opinione pubblica tedesca è convinta che qualsiasi stimolo economico a favore dell’economia europea sia un aiuto ingiustificato a favore degli inetti del sud, a cui ho l’onore di appartenere. (I tedeschi) sono ossessionati dall’inflazione così come i teenagers sono ossessionati dal sesso. Non capiscono che il vero problema oggi è la deflazione, ed è un anno che lo vado ripetendo”.
Santo cielo Romano, è un anno che parli di deflazione e nessuno se ne è accorto, ma che Paese è mai questo, pensa che io ne parlo da sei anni e tutto il mondo intero era terrorizzato addirittura dall’iperinflazione.
Deflazione è anche quella che il mio amico Claudio di Business Community, grande voce libera controcorrente, mi segnala Entrate Tributarie gennaio–settembre 2013: gettito 291,5 … – MEF si gettito fiscale invariato nel bel mezzo di una GRANDE DEPRESSIONE, si ci stanno scannando vividi tasse e non hanno fatto una sola riforma vera per tagliare le spese della politica e sono ancora qui che ce la menano invece di andare a prendere i soldi all’estero invece di svendere gioielli italiani.
In questi mesi e anni abbiamo ascoltato quotidianamente dotti medici e sapienti che si avvicendevano al capezzale del malato terminale Italia… tutti intorno al capezzale
di un malato molto grave anzi gia’ qualcuno ha detto che il malato e’ quasi morto…
cosi’ giovane e’ peccato che si sia cosi’ conciato… direbbe il nostro Edoardo.
Ieri come sempre quando si avvicina l’emissione dei leggendari BTP Italia, si quelli indicizzati all’ectoplasma inflazione, ha parlato Maria Cannata, responsabile del Tesoro per la gestione del debito pubblico, chissà quante risate si è fatta in questi anni ascoltando un mucchio di dilettanti allo sbaraglio…
RPT-Italia, interessi passivi su debito 84 mld in 2013-Cannata a radio
MILANO, 4 novembre (Reuters) – Gli interessi passivi sul debito pubblico che l’Italia pagherà nel corso del 2013 ammontano a circa 84 miliardi di euro. (…) “La somma di 95 miliardi non è corretta, quest’anno avremo 84 miliardi circa(…) “Sulle dinamiche degli interessi da qui al 2015 non è facilissimo fare previsioni perché da un lato è logico attendersi un’ulteriore limatura dello spread, ma è anche vero che se l’economia riparte i tassi generalmente tenderanno a crescere. Quindi non credo che ci si possa aspettare che i tassi nel medio periodo possano scendere”(…)
Ma come Maria questa volta la cannata la ragioneria dello Stato che in primavera nella previsione di bilancio 2013 aveva dichiarato che abbiamo pagato 89 miliardi nel 2012 che sarebbero diventati 95 nel 2013 e quasi 100 nel 2015.
Ma alla ragioneria dello Stato fanno i conti con i polli di Trilussa?
Sia ben chiaro cifra comunque impressionante e mostruosa, un capestro per le future generazioni non importa se sono 11 miliardi di meno, ma se il risparmio è questo perchè tante menate su IMU, IVA, brise e miliardi vari?
Ma siccome agli italiani piace tanto sentirsi dire che pagheremo 200 miliardi e che il debito salirà a 3000 miliardi nel lungo termine quando saremo tutti morti, per far pagare più tasse, ancora tasse, tasse all’infinito forse è meglio rinfrescare la memoria.
Guardate cosa è accaduto nel 1989, si 1989 all’alba della terribile iperpresaperl’inflazione che sconvolse l’Italia con uscita dallo SME, crollo della lira, cariole e carri armati in strada e super svalutazione dello zero virgola dei patrimoni degli italiani…
‘IL DEBITO CI COSTERA’ 95 MILA MILIARDI‘ – La Repubblica
‘IL DEBITO CI COSTERA’ 95 MILA MILIARDI’ ROMA Ad affollare gli incubi di Giuliano Amato non ci sono solo le spese primarie: pensioni, sanità, stipendi agli statali, e così via. Il ministro del Tesoro, un animale in gabbia, come lui stesso si definisce, deve affrontare adesso un’ altra prova del fuoco: quella dei Bot. La marea dei Buoni ordinari avanza e rischia da sola di far saltare i conti dello Stato. Raggiunto telefonicamente al ministero, Amato chiarisce subito questo punto. Credevamo di poter pagare quest’ anno circa 87 mila miliardi di interessi, quattromila in meno rispetto alla cifra prevista come competenza (91 mila miliardi). Ma adesso, con un problema di credibilità del governo, le cose sono cambiate, e il rischio è che nell’ 89 si debbano versare 4 mila miliardi in più. A conti fatti, se i timori del ministro prenderanno corpo, usciranno dalle casse dello Stato per soli interessi circa 95 mila miliardi, contro gli 87 mila preventivati.
Per quest’anno non cambiare stessa solfa stesso debito…
Proviamo a fare due conti con i polli di Trilussa che scrivono editoriali sul Corriere della Sera … “forza vendete e (giu’ le tasse)”
Ciò che ci impedisce di ridurre le tasse – aumenteranno di 1,2 miliardi di euro nel 2014 – non è il deficit, ma il debito che continua a crescere. Alla fine dell’anno raggiungerà il 133% del Prodotto interno lordo (Pil), trenta punti in più in un decennio. Nonostante i tassi siano molto bassi, oggi spendiamo 85 miliardi l’anno per gli interessi, il 5,4 per cento del Pil. Ma prima o poi i tassi aumenteranno: sia perché saliranno i tassi americani, sia perché il nostro spread si allargherebbe di nuovo se gli investitori si preoccupassero di un debito troppo elevato. È indispensabile quindi farlo scendere, allontanandoci da una soglia di guardia che preoccupa gli investitori e ci espone al rischio che un giorno i mercati possano rifiutarsi di sottoscrivere i titoli emessi dallo Stato.
Ma prima o poi i tassi aumenteranno…sia perchè i tassi americani saliranno …ma chi le racconta queste uova strapazzate, i polli di Trilussa?
Scommettiamo che scendono…, non lo dico io, lo dice la storia!
Ci sono due modi per ridurre il debito: tassare la ricchezza privata mediante un’imposta patrimoniale (che dovrebbe essere assai elevata per ridurre significativamente il debito), oppure ridurre lo spazio che lo Stato occupa nell’economia privatizzando imprese e vendendo immobili. A noi pare che la seconda sia la strada da seguire dato il vasto spazio che Stato e amministrazioni pubbliche occupano nella nostra economia.
Improvvisazione, superficialità, esaltazione ideologica, qualche inutile idiota vuole vendere Eni, qualche pezzettino di Eni: brilla a Piazza Affari dopo i conti trimestrali …
Ve lo ricordate Mellon, nel pieno della Grande Depressione, il segretario al Tesoro urlava...” liquidate le azioni, liquidate il lavoro, liquidate gli agricoltori, liquidate le case, bisogna sbarazzarsi del marcio nell’economia…”
Ieri Fabrizio, interprete della commedia all’italiana dal titolo ” La Manni nel Sacco ” si è messo a piangere Saccomanni: “Difficile trovare le coperture per la seconda rata IMU”ma come hai appena raccolto quasi 17 miliardi di debito inflazionato e non trovi qualche inutile miliardo per cancellare una tassa che il prossimo anno ci farai ritrovare in maniera esponenziale, suvvia Fabrizio, siamo seri, non prendiamoci per i bitipi!
Se pensi che le banche italiane sono infarcite di bitipi e ora anche di quelli legati alla deflazione alta, sentire un genio dell’economia come Fassina dichiarare che la CDP dovrebbe diventare a sua volta una bad bank per permettere alle banche più grandi, speculative e dissestate di finanziare l’economia reale, mi vengono i brividi, quelle non presteranno mai un centesimo a differenza di chi continua a sostenere il territorio, quelle sono fallite.
Forza svendete, liquidate, e…chi vivrà vedrà!
Ieri Bullard della Fed di St.Louis ha detto che l’inflazione è troppo bassa, o meglio che la deflazione è troppo alta e che serve un’inflazione che ritorni sopra il 2 % per sognare il tapering e che il rapporto del lavoro di venerdi sarà difficile da interpretare, con un forte aumento del tasso della disoccupazione, non lasciatevi prendere dal panico che lo vedrete salire al 7,5 % in fondo si tratta solo di un episodio, come non dovete lasciarvi prendere dal panico se qualche milione di straccioni americani, scompaiono dalla forza lavoro, perchè ormai scoraggiati.
In fondo ieri hanno comunicato l’inidice manifatturiero dei servizi, hanno assunto anche cani e gatti e i dati vi racconteranno meraviglie.
Come ho sottolineato più volte il numero di nuovi occupati in America spesso e volentieri poco prima di quasi tutte le precedenti recessioni ha sempre oscillato tra i 150.000 e addirittura i 300.000 nuovi posti di lavoro, una dinamica che all’improvviso cambia direzione a ridosso della contrazione in quanto trattasi di indicatore ritardato del ciclo.
In attesa del dato ufficiale che verrà comunicato venerdi e alla prima lettura del PIL domani, ieri la ADP ha comunicato solo 130.000 nuovi posti di lavoro privati escluso il settore governativo che verrà interessato dall’onda lunga dello shutdown per ben due o tre prossime letture, ma quello che a noi interessa sono le revisioni che da qualche mese tornano ad essere negative, con il dato di agosto rivisto da 145.000 unità a 166.000.
Inoltre ieri mentre un membro del FOMC ha votato a favore del tapering per paura di un’esplosione dell’inflazione, su base annuale l’inflazione è aumentata dell’1,2% e la componente core dell’1,7% neve al sole che nei prossimi mesi si trasformerà in un’innondazione deflattiva.
Ieri il mercato dopo un’iniziale tentativo di euforia è tornato a scommettere timidamente su un inizio del tapering a dicembre sulla base di un articoletto apparso sul WSJ che da tanto per cambiare per probabile l’inizio del tapering a dicebre, un’ulteriore occasione per il nostro Machiavelli e il suo uovo di Colombo.
Fed: Qe3 non su via prestabilita, no indicazioni su tapering
Gli acquisti di asset “non seguono un corso prestabilito” e le decisioni della Federal reserve continueranno ad “allinearsi all’outlook economico e alle valutazioni su efficacia e costi degli acquisti”.Come si legge nel comunicato arrivato alla fine della riunione del Fomc, la Fed continuerà dunque a monitorare gli sviluppi economici e finanziarie, utilizzando tutti gli strumenti a propria disposizione “in modo appropriato”, finché l’outlook “del mercato del lavoro non sarà migliorato in modo significativo in un contesto di stabilità dei prezzi”. Nel giudicare quando ridurre il ritmo degli acquisti di bond la Fed continuerà a monitorare le indicazioni in arrivo: non ci sono dunque indicazioni precise su quando arriverà il taglio.La Fed ha rilevato miglioramenti dell’attività economica e delle condizioni del mercato del lavoro da quando ha dato avvio al programma di acquisto di asset, “tuttavia ha deciso di aspettare ulteriori prove che i progressi saranno sostenuti prima di procedere a un aggiustamento del ritmo degli acquisti”. Le azioni della Banca centrale americana, prese nel loro complesso “dovrebbero tenere bassa a pressione sui tassi di interesse di lungo termine, sostenere il mercato dei mutui e contribuire a rendere le condizioni finanziarie più accomodanti”, si legge ancora nel comunicato, in cui si precisa che questo dovrebbe favorire “una ripresa economica più forte” e mantenere l’inflazione a livelli in linea con gli obiettivi della Fed.
Amen ma soprattutto quello che a noi interessa tassi eccezionalmente bassi per tanto ma tanto tempo ancora.una politica monetaria “altamente accomodante” “per un tempo considerevole” anche dopo la fine del piano di acquisto di asset e dopo il rafforzamento dell’economia. Gli obiettivi sono il 6,5 % nel tasso di disoccupazione e il 2,5 % per l’inflazione, obiettivi raggiungibili sono con la fantasia come racconta la storia e l’evidenza empirica.
Pensate che basterebbe che i lavoratori scoraggiati tornassero in massa nella forza lavoro per far salire nuovamente il tasso di disoccupazione, mentre ora scende solo perchè in molti ormai non credono più alla ripresa fantasma e sanno che lavoro non esiste.
Il BLS avverte che alcune agenzie del governo federale erana chiuse o assumevano a ritmi ridotti a causa dello shutdown e i dipendenti federali o gli appaltatori che lavoravano per le agenzie sono rimasti a casa per buona parte delle due settimane. Quindi tasso di disoccupazione e occupati part-time previsti al rialzo anche se con i dati della obsoleta macchina occupazionale americana c’è sempre da andare cauti tra un aggiustamento istituzionale e l’altro.
Un fine settimana coi fiocchi ci attende!
Nel frattempo l’uovo di Colombo, l’ ennesima conferma che abbiamo scelto la rotta giusta è in viaggio, per tutti coloro che hanno sostenuto o vorranno sostenere liberamente il nostro viaggio.
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1) L’inflazione è troppo bassa, e Bullard vorrebbe vedere “prova tangibile” che l’inflazione si sta muovendo di nuovo verso l’obiettivo della Fed del 2%. (Nota: Questo è stato uno dei quattro punti che ho citato ieri per la Fed di iniziare si assottiglia a dicembre).
2) Bullard pensa che la Fed dovrebbe per lo più ignorare il “battibecco a Washington”. Dalla MarketWatch :
“Sembra che saranno litigi a Washington per un lungo tempo a venire. Quindi non credo che possiamo permetterci di aspettare che le acque politiche sono completamente calma prima di decidere di prendere una decisione “, ha detto Bullard.
Il mio punto di vista è il FOMC sarà più incline a cono se il comitato di conferenza di bilancio raggiunge un accordo entro il 13 dicembre.
3) Bullard dice il rapporto di ottobre l’occupazione sarà “difficile da interpretare”. Penso che vedremo un forte aumento del tasso di disoccupazione, ma qualsiasi aumento relativo alla chiusura del governo dovrebbe essere svolto nel rapporto di novembre – quindi non credo che qualcuno possa prendere dal panico se i salti tasso di disoccupazione dal 7,2% al 7,5% dicono (poiché non vi era una ragione evidente). Crescita Payroll sarà probabilmente inferiore ad ottobre anche.
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Germany is a weight on the world
By Martin Wolf
The US has as much right to complain as others had to complain about US failures
he criticisms that hurt are those one suspects might be fair. This might explain the outrage from Berlin last week over the criticism by
the US Treasury of Germany s huge and vaunted trade surplus. But the Treasury is to be commended for stating what Germany s
partners dare not: Germany has maintained a large current account surplus throughout the euro area financial crisis. This hampered
rebalancing for other eurozone countries and created a deflationary bias for the euro area, as well as for the world economy . The
International Monetary Fund has expressed similar worries.
The German finance ministry responded that its current account surplus was no cause for concern, neither for Germany, nor for the
eurozone, or the global economy . Indeed, a spokesman stated that the country contributes significantly to global growth through exports
and the import of components for finished products . This reaction is as predictable as it is wrong. The surplus, forecast by the IMF at
$215bn this year (virtually the same as China s) is indeed a big issue, above all for the future of the eurozone.
Export surpluses do not reflect merely competitiveness but also an excess of output over spending. Surplus
countries import the demand they do not generate internally. When global demand is buoyant, this need not
be a problem provided the money borrowed by deficit countries is invested in activities that can
subsequently service the debts they are incurring. Alas, this does not happen often, partly because the deficit
countries are pushed by the supply of cheap imports from surplus countries towards investing in nontradeable
activities, which do not support the servicing of international debts. But in current conditions,
when short-term official interest rates are close to zero and demand is chronically deficient across the globe, the import of demand by the
surplus country is a beggar-my-neighbour policy: it exacerbates this global economic weakness.
It is no surprise, therefore, that in the second quarter of 2013 the eurozone s gross domestic product was 3.1 per cent below its pre-crisis
peak and 1.1 per cent lower than two years before. Its highly creditworthy core economy is subtracting demand, not adding to it. Not
surprisingly, the eurozone is also stumbling towards deflation: the latest measure of year-on-year core inflation was 0.8 per cent. Since
demand is so weak, inflation may well fall further. This not only risks pushing the eurozone into a Japanese deflationary trap but thwarts
the necessary shifts in competitiveness across the eurozone. The crisis-hit countries are being forced to accept outright deflation. This
makes ultra-high unemployment inescapable. It also raises the real value of debt. (See charts.)
The policies pursued by the eurozone, under German direction, were certain to have this outcome, given the demand-destroying impact of
the all-round fiscal austerity. In a recent paper for the European Commission, Jan in t Veld argues that contractionary fiscal policy has
imposed cumulative losses of output equal to 18 per cent of annual GDP in Greece, 9.7 per cent in Spain, 9.1 per cent in France, 8.4 per
cent in Ireland and even 8.1 per cent in Germany, between 2011 and 2013. Inevitably, monetary policy is going to find it almost impossible
to offset this. Before the crisis, it could work by expanding credit in what turned into the crisis-hit countries above all, in Spain. Today, it
is working against the background of a weak banking system, debt overhangs in crisis-hit countries and an aversion to borrowing in
creditor countries.
The most likely way that a more aggressive monetary policy would be effective is by depreciating the euro s exchange rate. If, for example,
the ECB were to undertake large-scale quantitative easing, by buying the bonds of the members in proportion to their shares in the central
bank, a falling euro would be the most likely result. But that would exacerbate the tendency of the eurozone, operating under German
influence, to force its adjustment on the rest of the world.
As the vulnerable countries shrink their external deficits, while the chief creditor country remains in surplus, the eurozone is generating
huge external surpluses: the shift from deficit towards surplus is forecast by the IMF to be 3.3 per cent of eurozone GDP between 2008
and 2015. Given the shortfall demand in the eurozone, the shift might need to be even larger, at least if the vulnerable nations are to have
much chance of cutting unemployment. This is a beggar-my-neighbour policy for the world. The US has every right to complain about it,
just as others had a right to complain about past US regulatory failures.
It will be impossible, however, for the eurozone to achieve prosperity on the basis of export-led growth: it is too large to do so. It has to
achieve internal rebalancing, as well. Hitherto, as the IMF s October World Economic Outlook shows, it is mass shedding of labour that
has raised competitiveness, and collapsing domestic demand that has reduced external deficits in the crisis-hit countries. Thus the
adjustment successes have been the other side of the coin of economic slumps and soaring unemployment. Yet, even so, the IMF does not
forecast significant reductions in net liability positions. Their vulnerability will endure.
So what, in brief, is happening? The answers are: creeping onset of deflation; mass joblessness; thwarted internal rebalancing and overreliance
on external demand. Yet all this is regarded as acceptable, desirable, even moral indeed, a success. Why? The explanation is
myths: the crisis was due to fiscal malfeasance instead of to irresponsible cross-border credit flows; fiscal policy has no role in managing
demand; central bank purchases of government bonds are a step towards hyperinflation; and competitiveness determines external
surpluses, not the balance between supply and insufficient demand.
These myths are not harmless for the eurozone or the world. On the contrary, they risk either trapping weaker member countries in
semi-permanent depressions or leading, in the end, to an agonising break-up of the currency union itself. Either way, the European project
would come to stand not for prosperity, but for poverty; not for partnership, but for pain. This, then, is a tragic story.
Ecco perchè sarà guerra…
ANSAmed) – ATENE, 6 NOV – Come se già non bastasse il raddoppio del prezzo del gasolio che ha costretto milioni di famiglie greche a rimanere senza riscaldamento per tutto l’inverno passato, ora sta per arrivare anche il blocco dell’utilizzo dei caminetti e delle stufe a legna. Infatti, secondo quanto riferisce il quotidiano Elefterotipia, il ministro per l’Ambiente Yannis Maniatis ha preparato una circolare ministeriale in collaborazione con altri sei dicasteri competenti grazie alla quale verrà regolata la messa in funzione dei caminetti e delle stufe a legna nelle zone dove si registrerà un’alta concentrazione di particelle inquinanti dovute appunto al consumo della legna. (ANSAmed).
Però non si può credere alla stupidità, e allora la domanda è : Cosa si vuole ottenere ? Perchè la Grecia è fallita, e quando uno è fallito e non ha più nulla da dare , che obiettivo si può perseguire ? Cancelliamo lo stato greco dalla carta geografica e lo si spartisce tra i creditori esteri ?
http://www.lastampa.it/2013/11/05/cronaca/mercati-vuoti-a-torino-sciopero-contro-la-nuova-tares-XyVLOOkmMfKDyIAi4oxQvL/pagina.html
La pazienza, i nervi, cominciano a saltare, intanto che si chiacchera di macroeconomia, senza costrutto, ci si sta incazzando. Ma sui media… silenzio.
Andrea,vorrei sapere se questa tua affermazione”Attenzione ai prossimi giorni, discese da brivido per il nostro mercato azionario e non solo” era ironica o realmente convinta!
Grazie
<a kurskit@yahoo.it
Io questa notizia l’ho sentita questa mattina al GR di Radio 24 , tu la hai trovata in Intarnet sul sito de La Stampa.
perchè dici che i media la nascondono ?
Perchè non ne hanno parlato i tg nazionali, che invece sempre citano i NO TAV o i disoccupati organizzati di napoli. Infatti radio 24, l’ho sentito stamane li anch’io, è una radio di parte, cosi come la stampa non poteva non parlarne, ma la notizia è piuttosto importante per me, non credi? E sia su repubblica che sul corriere non è che sia esattamente evidenziato.
Kurskit ti sbagli il denato è ricchezza reale (è il valore della misura oltre che alla misura del valore), naturalnemte se non fosse “denaro fiduciario a corso forzoso emesso a debito” sarebbe anche di proprietà del portatore. Comunque ad ognuno le sue opinioni e di conseguenza le sue AZIONI.
Il Cuculo non vorrei mettere troppa “carne al fuoco” parlando di specializzazioni…..non vorrei che facessimo la fine della medicina, in cui a forza di ultra-specializzarsi il malato muore ma le singole parti sono sanissime.
Che la società occidentale attuale sia la migliore possibile è solo un opinione e non un fatto.
Se speri in una redistribuzione della ricchezza fatta volontariamente…………..non comment.
SD
Per esempio…
Tecnologia e agricoltura:
associare i due termini è del tutto spontaneo per l’agronomo ma lo è assai meno per il comune cittadino, vittima dei luoghi comuni del naturale, del biologico, del biodinamico, del chilometro 0, della tradizione, dei buoni cibi di una volta, ecc. E così mentre è chiaro a tutti che sarebbe tecnicamente improponibile ed oltremodo pericoloso realizzare un’automobile con la tecnologia di fine ‘800, lo stesso concetto di “improponibilità tecnica” e “pericolo per la salute” fatica non poco ad essere avvertito in relazione alle filiere agro-alimentari, anche perché le stesse ditte tecnologicamente più avanzate usano i concetti di naturale e pre-tecnologico come strumenti di marketing dei propri prodotti (un esempio per tutti: il “mulino bianco” di Barilla) contribuendo non poco al proliferare di miti e luoghi comuni. In proposito occorre dire in modo netto che è l’agricoltura tecnologica a sfamare il mondo, gran parte del cibo di cui si nutre l’umanità essendo oggi prodotto in aree ad agricoltura tecnologica evoluta quali Usa, Canada, Australia, Europa, Brasile ed India. Inoltre gli esseri umani al di sotto della soglia di sicurezza alimentare sono circa 900 milioni secondo FAO, cifra rimasta pressoché invariata in termini assoluti dagli anni ’60 ad oggi ma che in termini relativi è scesa dal 35% dell’umanità del 1970 al 15% attuale. Per intenderci sono usciti da una cronica insicurezza alimentare i giganti asiatici Cina ed India e la stessa Africa mostra segnali significativi di progresso nell’autosufficienza alimentare. All’ottimismo dovrebbero spingere inoltre i dati in figura 1 ed il fatto che l’outlook FAO del marzo 2013 preveda un raccolto di frumento per l‘anno in corso di ben 690 milioni di tonnellate (28 milioni di tonnellate in più del 2012; il secondo raccolto record di sempre).
Fig_1- FAO
Figura – Statistiche mondiali della produzione e del consumo di cereali (FAO – Crop prospect and food situation – march 2013 issue).
A tale riguardo è oggi interessante leggere lo speciale della rivista online IEEE spectrum dedicato al tema “nutrire il mondo”, accessibile gratuitamente. IEEE (si pronuncia “I triple E” – AITRIPOLI – ed è l’acronimo di Institute of Electrical and Electronic Engineers) è un’associazione internazionale di scienziati e professionisti che ha l’obiettivo di promuovere l’uso della tecnologia e che è nata il 1º gennaio 1963 dalla fusione di due istituzioni precedenti: l’IRE (Institute of Radio Engineers) e l’AIEE (American Institute of Electric Engineers), nate nel 1884. La sua sede è nello stato di New York – USA e ad oggi annovera più di 320.000 membri in 150 nazioni, comprendendo tecnici, ingegneri, ricercatori, studenti, professori, nonché amatori di tutto il mondo nel settore elettrotecnico ed elettronico. Le pubblicazioni dell’IEEE sono il 30% della bibliografia e documentazione ingegneristica globale e coprono quasi tutti gli aspetti dell’elettronica e dell’informatica moderna. Inoltre l’IEEE ha definito oltre 900 standard industriali. Lo speciale di IEEE “nutrire il mondo” è ricchissimo di tematiche tecnico-economiche legate alla tecnologia agricola ed in questa sede mi limiterò ad alcuni commenti generali, invitando i lettori ad una lettura critica, che credo utile anche in vista del’Expo 2015.
Nel 2050 il giorno del giudizio alimentare globale?
L’introduzione allo speciale focalizza anzitutto la necessità di affrontare con strumenti critici adeguati la corrente di pensiero che fissa nel 2050 una sorta di “giorno del giudizio alimentare globale”, come conseguenza dell’incapacità della filiera alimentare mondiale di far fronte al problema di rifornire di cibi e beni di consumo una popolazione che avrà raggiunto i 10 miliardi di esseri umani. Lo speciale si propone allora di mostrare come l’uso intelligente della tecnologia ed il miglioramento nelle politiche di gestione potranno permetterci di nutrire il mondo a metà del XXI° secolo e oltre. E qui un invito all’ottimismo ci viene da Keith Fuglie, economista del Dipartimento statunitense per l’agricoltura (USDA), il quale affronta la questione non solo in chiave tecnologica ma anche economica, perché la tecnologia è una bellissima cosa ma è destinata a franare miseramente se non fa’ i conti con la sostenibilità economica. Fuglie inizia il suo scritto citando le opinioni di illustri esponenti della corrente di pensiero che potemmo definire del “catastrofismo agro-alimentare” ad iniziare dal professor Paul R. Ehrlich della Stanford University, che con la moglie Anne scrisse nel 1968 il best seller “The Population Bomb”. In tale libro si metteva in guardia dal rischio di una catastrofe umanitaria che avrebbe dovuto manifestarsi fa gli anni 70 e 80 del XX secolo a causa della sovrappopolazione e si invitava ad intraprendere rigorose politiche di contenimento demografico. Più specificamente le prime edizioni del “The Population Bomb” iniziavano con la frase “The battle to feed all of humanity is over. In the 1970s hundreds of millions of people will starve to death in spite of any crash programs embarked upon now. At this late date nothing can prevent a substantial increase in the world death rate..” che è stata in seguito eliminata perché smentita dai fatti. Il libro di Ehrlich si è in tal modo adeguato alla legge non scritta di Nostradamus, secondo cui la fama del profeta di sventura sarà imperitura se le sue profezie sono riferite ad un futuro il più possibile lontano.
In proposito ricordo che la corrente dei catastrofisti attuali fa riferimento ad idee già radicate in epoca romana, come dimostra il De Re Rustica, uno dei principali trattati georgici latini, scritto da Lucio Moderato Columella che lo dedicò a Publio Silvino, un agricoltore suo vicino di casa. Nell’introduzione al trattato spiccano infatti queste significative parole: “Io odo spesso gli uomini principali di Roma lagnarsi, chi della sterilità dei campi, chi dell’intemperie dell’aria nociva alle biade da lungo tempo in qua; e finalmente alcuni di loro, volendo addolcire le querele con qualche ragione, mostrarsi di parere che il terreno per l’abbondanza dei passati secoli affaticato e spossato, non possa oggidì somministrare agli uomini gli alimenti con la cortesia de’ primi tempi. Quanto a me, Publio Silvino, tengo tutte queste ragioni per lontanissime dalla verità.”… Giova qui ricordare che Columella con il suo trattato si impegnò a dimostrare come si potesse fare agricoltura anche con il clima del suo tempo (si era in una fase calda, l’optimum climatico romano, per molti aspetti simile all’epoca attuale) e che la fertilità dei suoli si poteva non solo conservare ma anche incrementare adottando buone pratiche agronomiche. Ovviamente se consideriamo quanto produce il frumento oggi in Italia (60 quintali per ettaro di media contro gli 8-10 quintali dell’epoca romana) ci rendiamo conto di quanto Columella avesse ragione. Ciò nondimeno non si possono trascurare i molti nostri concittadini che sposerebbero oggi le considerazioni degli “illustri personaggi” avversati da Columella, che sono poi gli immortali campioni del luogo comune e di quel millenarismo che è uno dei tratti più caratteristici della cultura umana, un archetipo con cui tutte le generazioni si sono probabilmente trovate a fare i conti da migliaia di anni a questa parte.
Il catastrofismo agro-alimentare: tante smentite ma sempre nuovi adepti
Padre moderno del “catastrofismo agro-alimentare” è senza alcun dubbio Thomas Robert Malthus (1766-1834), il quale sosteneva che la progressione geometrica della popolazione umana a fronte di quella aritmetica delle risorse alimentari avrebbe in breve portato il mondo ad una catastrofe alimentare. Secondo Fuglie, per capire la ragione del fallimento della teoria di Malthus basta riflettere sul fatto che quando Malthus scriveva, e cioè all’epoca della rivoluzione francese, un operaio francese doveva lavorare per un giorno intero per procurarsi il denaro necessario ad acquistare le 2 pagnotte che servivano per alimentare per un giorno una famiglia di 4 persone. Oggi un operaio francese acquista lo stesso cibo con i proventi di 15 minuti di lavoro, il che costituisce di fatto un mutamento enorme, frutto del fatto che ogni singolo agricoltore lavora molta più terra e produce molto più cibo per unità di superficie. Dal 1950 ad oggi infatti gli arativi pro-capite sono calati del 50% (da 0.40 a 0.20 ettari) e nonostante ciò la disponibilità di cibo pro-capite è cresciuta del 30%. Ad analoghe conclusioni porta il confronto fra i dati delle popolazione mondiale, aumentata di 4 volte in un secolo, e la produzione dei cereali base dell’alimentazione umana, che nello stesso periodo è aumentata di 4-6 volte. Tale incremento si deve per il 50% all’innovazione genetica (varietà molto più produttive e di qualità molto migliore) e per il 50% all’innovazione nelle agrotecniche (tecniche di lavorazione del terreno, concimazioni, diserbi, interventi fitosanitari, tecniche di raccolta e conservazione dei prodotti, ecc.). Tuttavia, nonostante le clamorose smentite, Malthus trova in continuo emuli, e fra quelli contemporanei Fuglie cita lo statunitense Lester Brown (ambientalista) e l’australiano Julian Cribb (divulgatore scientifico). E’ qui necessario dire che Fuglie, beato lui, non conosce il caso italiano, un Paese in cui la tecnologia agricola ha fatto passi da gigante, portando ad esempio le produzioni di frumento tenero dagli 11 quintali per ettaro del 1910 ai 60 quintali per ettaro attuali. A questa intensificazione produttiva, che ha interessato le buone terre di pianura e bassa collina, si deve ad esempio il fatto che la superficie a bosco sia aumentata del 70% in 100 anni, con enormi vantaggi per la biodiversità. Ciò nonostante nel bel Paese si sta diffondendo a macchia d’olio il mito (peraltro radicato in altri settori chiave quali quello dell’energia e della medicina) secondo cui la tecnologia distrugge, affama e crea insicurezza alimentare (giusto l’opposto dunque di quanto ci dicono i dati). E’ in un tale contesto ideologico che siamo chiamati ad assistere impotenti alle esibizioni di una pletora di soggetti che godono di un incredibile spazio sui nostri media e che preconizzano catastrofi qualora non si torni ad un’età dell’oro che viene collocata in un tempo passato e che, ovviamente, è solo nella loro testa. Sui media non trova invece alcun risalto l’aumento delle produzioni mondiali cui tutt’oggi stiamo assistendo e che è il tardo epigono di quella rivoluzione verde che oggi andrebbe rinverdita in vista delle sfide che ci attendono nel XXI° secolo.
La rivoluzione verde
La rivoluzione verde del XX secolo ha vari personaggi simbolo fra cui Keith Fuglie cita a ragione Gregorio Mendel, scopritore delle leggi dell’ereditarietà e padre della genetica e Fritz Haber, scopritore di un metodo efficiente per fissare l’azoto atmosferico al fine di produrre concimi chimici azotati. Con la fine della seconda guerra mondiale le fabbriche di munizioni furono convertire in fabbriche di concimi chimici ed i ricercatori capitalizzarono le scoperte di Mendel creando varietà che rispondevano a maggiori dosi di concimi, il che si ottenne ad esempio con il mais (ibridi più grandi e più produttivi) e con il frumento ed il riso (varietà a taglia bassa). Questa combinazione di fenomeni si tradusse nella “rivoluzione verde” che prese il via negli anni ’40 nel Nord America e negli anni ’60 nei PVS e che in Italia ebbe i sui antesignani in scienziati come Nazzareno Strampelli. Per comprendere a che livello abbiano agito gli avanzamenti tecnologici del 20° secolo, si deve considerare che le piante obbediscono alla legge da Lavoisier secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge. In base a tale legge esse, sfruttando il sole come unica fonte di energia, attingono dall’aria la CO2 e l’ossigeno e dal terreno l’acqua, l’azoto, il fosforo, il potassio, i macroelementi secondari e i microelementi, trasformandoli in prodotti utili, stoccati nei serbatoi costituiti da fusti, foglie, radici e organi di riserva. In tale chiave per puntare a produzioni elevate e stabili è anzitutto essenziale disporre di varietà produttive e di qualità elevata (il che è compito del miglioramento genetico) ed inoltre occorrerà, e qui entrano in gioco le tecniche agronomiche, che i diversi nutrienti siano resi disponibili in quantità non limitante, che siamo contenuti gli attacchi di parassiti e patogeni (insetti, funghi, batteri, virus, ecc.) e che le piante siano protette dalle avversità (eccesso idrico, siccità, grandine, gelo, vento, ecc.). Degli innumerevoli aspetti tecnologici sopra accennati mi limiterò a citarne due a mò d’esempio. Anzitutto l’introduzione di tecniche irrigue moderne che ha portato ad efficienze (intense come % dell’acqua consumata dai vegetali rispetto a quella che attiva al campo) prima inimmaginabili e pari all’80-90% per i sistemi a goccia o per le grandi ali piovane. A ciò si aggiunge la diffusione delle tecniche di difesa integrata, che ad interventi eseguiti solo in condizioni di effettiva necessità associano l’uso di agrofarmaci a tossicità sempre più ridotta e con dosi ettariali sempre più contenute per limitare l’impatto ambientale (oggi disponiamo di diserbanti per riso che prevedono dosi di 5 grammi di principio attivo per ettaro). All’ottimismo spinge anche la diffusione crescente delle biotecnologie che non si limitano oggi solo agli organismi geneticamente modificati ma si estendono ad esempio ai marcatori molecolari in grado di velocizzare le tradizionali tecniche di selezione. Ulteriore elemento di ottimismo è dato dalla crescita delle produzioni nei Paesi in via di sviluppo e qui invito a leggere, dallo speciale di IEEE, l’articolo “Africa: continent of plenty” di Pascal Zachary, in cui si parla di un boom agricolo in atto e che francamente ignoravo. Se siamo tutti in grado di intuire che l’agricoltura moderna dipende dalla scienza e dalla tecnologia non è invece intuitivo quantificare il livello di tale dipendenza. Se fino agli anni 50 del XX secolo ogni aumento di produzione dipendeva dalla messa a coltura di nuove terre, in seguito la terra pro-capite è diminuita a fronte di un aumento della produzione pro-capite del 30% circa che è stato frutto dell’innovazione nei settori della genetica, delle agrotecniche e dei sistemi gestionali, innovazioni che sono frutto di ricerca: oggi 7 miliardi di essere umani si alimentano su 1.4 miliardi di ettari di arativi, il che indica che la terra pro-capite è di 0.2 ettari (un terzo della dimensione di un campo di calcio). Il futuro progresso tecnologico in agricoltura non può tuttavia prescindere dal considerare che il progresso di tale settore ha caratteristiche eminentemente locali in relazione alle peculiarità dei diversi climi e suoli. Si pensi ad esempio al frumento tenero e duro: esso viene coltivato in quattro tipologie di macroclimi designati secondo il sistema di classificazione di Koeppen e cioè i climi continentali Df (es: Canada, Ucraina, Russia), i climi oceanici Cf (es: Australia, Argentina, Usa, Europa), i climi mediterranei Cs (Europa e nord Africa) ed i climi monsonici A (India, Pakistan). Se si osserva una carta dei tipi di Koeppen ci si avvede che i climi Cs sono relativamente rari, per cui come paesi rivieraschi del Mediterraneo non possiamo in alcun modo aspettarci che la selezione di nuove varietà di frumento adatte ai nostri climi la facciano altri per noi. E’ inoltre da evidenziare che il progresso tecnologico in agricoltura richiede che si stia sempre “qualche passo più avanti rispetto alla natura”. Ad esempio funghi, insetti e malerbe sono estremamente rapidi nello sviluppare resistenze agli agrofarmaci o a superare i fattori di resistenza inseriti nelle varietà coltivate con il miglioramento genetico. Pertanto la ricerca dev’essere rapida e qui si pone un notevolissimo problema delle risorse. Da non trascurare poi che lo sviluppo tecnologico richiede una crescita sostanziale delle conoscenze da parte degli agricoltori ed una gestione aziendale integrata a livello territoriale. Sul primo aspetto occorrerebbe molta più attenzione da parte dei governi e delle organizzazioni dei produttori agricoli mentre sul secondo si pensi al tema della gestione dei reflui zootecnici che sono un’interessantissima fonte di nutrienti per le piante e che necessitano altresì di essere gestiti a livello comprensoriale, in modo da fare incontrare la domanda di concimi con l’offerta di suoli su cui applicarli.
Il progresso agricolo: politiche e sistemi di valutazione
Elemento di grande rilevanza per il progresso agricolo è costituito dalle politiche dei governi volte alla formazione e aggiornamento professionale degli agricoltori, al credito finanziario, alla creazione di infrastrutture (strade per migliorare l’accesso ai mercati, elettrificazione per aumentare la qualità della vita rurale e favorire la conservazione dei prodotti), alla valorizzazione dell’iniziativa individuale (es. il settore agricolo cinese ha fatto un enorme balzo in avanti da quando si sono abbandonate le iniziative collettivistiche in favore delle imprese a carattere familiare. La proprietà della terra infatti stimola i coltivatori ad investire nel miglioramento fondiario, potenziando l’irrigazione o la difesa del suolo). In tal senso è necessario superare l’idea che la produttività agricola si misuri solo in termini di output per unità di superficie o per persona impiegata. L’efficienza del processo può essere meglio apprezzata valutando la Total Factor Productivity – TFP e cioè la produttività dell’insieme del fattori di produzione (terra, lavoro, capitale e materiali), la cui misura comporta la disponibilità di dati completi sugli input e sugli output che è frutto di un sistema statistico-agrario efficace. Ogni crescita di TFP riflette innovazioni tecniche e manageriali che spesso non si sostanziano nell’usare più macchine o più chimica ma nell’ottenere di più con meno. In tal senso l’aumento del prezzo di un fattore di input (es. il lavoro) spinge l’imprenditore a surrogare tale input con altri. Proprio utilizzando la TFP è possibile far emergere alcune buone notizie fra cui:
il fatto che dal 1961 al 2009 l’output agricolo globale è triplicato e che solo il 60% di tale incremento è attribuibile all’uso di più terra, capitale, lavoro e materiali mentre il resto si deve alla crescita della TFP (= uso più efficiente di terra, capitale, lavoro e materiali)
il fatto che, sempre dal 1961 al 2009, il contributo della TFP è via via crescente, tanto che nella decade 2000-2009 l’incremento della TPF è stoto responsabile dei tre quarti dell’incremento annuo della disponibilità globale di cibo.
Gli agricoltori accrescono la TFP divenendo più precisi nell’applicare gli input (e qui si possono citare tecniche innovative – su cui lo speciale IEEE si dilunga – quali la precision farming, il minimum tillage, il sod seeding o la selezione di razze animali più efficienti nel trasformare gli alimenti zootecnici).
Elementi critici su cui riflettere
Un primo elemento di riflessione si lega al fatto che la produzione mondiale del mais cresce del 2% l’anno mentre quella degli altri cereali cresce a ritmi inferiori (1% per riso e frumento) il che viene da alcuni interpretato come sintomo dell’avvicinarsi di epoche di vacche magre. E qui si deve notare che il mais è il cereale su cui si è più investito in termini di miglioramento nella genetica e nelle agrotecniche, il che la dice lunga sul ritorno degli investimenti in ricerca e sviluppo per il settore agricolo. Ulteriore elemento critico può essere costituito dalla tendenza dell’offerta di mezzi tecnici (sementi, concimi, ecc.) a concentrarsi nelle mani di un ridotto numero di ditte multinazionali, il che può andare a detrimento della capacità innovativa insita in un sistema concorrenziale (anche su questo tema lo speciale di IEEE si dilunga). Altro elemento su cui riflettere è costituito dall’incremento nell’alimentazione a base di carne, verso cui stanno muovendosi in modo assai deciso nazioni come la Cina che prima privilegiavano l’alimentazione basata sui vegetali. Il sempre più deciso prevalere dell’alimentazione a base di carne potrebbe rivelarsi problematica alla luce del fatto che per fare un kg di carne occorrono 7 kg di cereali per il manzo e 4/5 kg per polli e maiali. A tale riguardo occorre intraprendere campagne che promuovano un’alimentazione equilibrata senza tuttavia demonizzare la carne, la quale è fonte di proteine nobili e importanti per lo sviluppo. Circa la carne e gli altri prodotti zootecnici (latte in primis) occorre per inciso considerare che il pascolo del bestiame è l’unico modo per sfruttare i 3.5 miliardi di ettari di pascoli disponibili a livello mondiale e per valorizzare una gran massa di sottoprodotti dell’industria agro-alimentare. Da segnalare infine che il progresso tecnologico incessante vissuto dal sistema produttivo agricolo mondiale negli ultimi 100 anni non è stato indenne da effetti collaterali negativi legati ad esempio all’irrazionale utilizzo dei concimi azotati con inquinamento delle falde o all’irrazionale utilizzo degli agrofarmaci (diserbanti, pesticidi, anticrittogamici), anche qui vi è spazio per grandi incrementi d’efficienza.
Conclusioni
Quel che emerge dallo speciale di IEEE è la fiducia nel progresso tecnologico in agricoltura, progresso che ha risulto i problemi del passato allontanando le più oscure prospettive maltusiane e che è ancor oggi la chiave per affrontare con speranza di successo i problemi del futuro, legati in particolare all’aumento delle popolazione mondiale. Tale fiducia non può essere tuttavia disgiunta dalla consapevolezza che il problema sta oggi non tanto nella capacità innovativa della scienza quanto nella volontà della società di credere nell’innovazione e nell’appoggiarla, economicamente ma prima ancora culturalmente.
E qui l’ottimismo cala un po’, scrive Fuglie nella chiusa del suo articolo…
da questo sito che trovo sempre scientificamente molto valido
http://www.climatemonitor.it/?p=32878
kursit, hai ragione. i giornali italiani, quelli grossi sono immondizia pura. inutile leggerli meglio che li risparmi quei soldi. pensa che sono tutti falliti sti giornali, sono tutti dei mantenuti. ci costano 1 miliardo l’anno che paga il popolo x tenerli in vita. perchè? per quale scopo? se non sono nemmeno capaci di fare vera informazine. ma non è quello il loro vero scopo. il vero scopo è fare gli omertosi. solito discorso. c’è una precisa volontà dettata dall’alto, banchieri, che gli dice: il popolo DEVE assolutamente restare ignorante, non dovere dirgli nulla di importante, di utile x lui. dovete riempire le pagine dei giornali solo di stupidaggini e di gossip. l’italiano non deve pensare. non deve ragionare. non deve sapere tutta la verità.
vi dò una informazione di servizio, credo utile. stasera guardate la gabbia di paragone, su la7 dopo le 21. dura ben 2 ore. è l’unica trasmissione seria che parla a muso duro contro questi bocconiani esaltati amanti di questa euro fogna. ahh mercoledi’ scorso c’era fassina. ha fatto una figura di m… .. ha deto che voleva dimettersi. allora uscimao dall’euro ha detto disperatro. poi vedrete catastrofi immani, dice lui. si si eppoi arriva anche Noè.
a proposito di torino e commercianti. hanno fatto bene a mettersi sui binari. ora è arrivta pure a me la bolletta del mio comune sull’immondizia. altra botta. siccome non ho più lavoro, ora alè arriva pure una bolletta maggiorata. leggo voce tares, poi tassa nuova governativa. insomma 50 euro in più dell’anno scorso. vivo da solo, non consumo, diciamo poco, faccio poco scarto, eppure loro se ne fregano e giù botte di tasse. sono proprio dei geni a roma. viva saccomanni. viva i saccheggiatori. a quando la rivoluzione?
ricordate stasera guardate la7 e la gabbia.
by DORF
Non metto in dubbio che quanto scritto nell’articolo sia vero ed anche necessario (ci ho messo del TEMPO…..per leggerlo hehehe), se si vuole produrre cibo per 7-8 miliardi di persone sicuramente non puoi farlo con i metodi biologici di 100 anni fà. Basta provare a farlo per comprenderlo.
Ma…….probabilmente è un mio “difetto” (più di qualcuno lo pensa) vedere le cose da un altro punto di vista. Non lo sò se hai mai avuto la fortuna di assagiare questi alimenti………nascono nel giardino e sono erbe infestanti……………per chi? probabilmente per la Monsanto & C.
http://it.wikipedia.org/wiki/Papaver_rhoeas
http://it.wikipedia.org/wiki/Silene_vulgaris
http://it.wikipedia.org/wiki/Taraxacum_officinale
http://it.wikipedia.org/wiki/Fragaria_vesca
Oppure un metodo per arricchire il terreno (i semi bisogna comprarli)
http://it.wikipedia.org/wiki/Sovescio
SD
Quante parole inconcludenti. Come mi manca John ludd ……. penso invece sia illusorio: che scienza e tecnologia da sole possano risolvere i nostri problemi; idolatrare l’una e l’altra è solo una forma moderna e pseudo razionale di religione assolutistica. A chi interessa un ripasso http://icebergfinanza.finanza.com/2013/10/15/legge-di-stabilita-il-canarino-nella-miniera-50-dei-risparmi-bruciati/
Il problema della sovrappopolazione non è solo una queestione di numeri, ma sopratutto di consumi. Il pianeta forse, pùo nutrire 10 miliardi di persone, ma può reggere 5 miliardi di automobili? O 10 miliardi di vani? Questa è la domanda a mio parere, non sono 10 miliardi di persone che consumano, ma 10 miliardi che consumano TROPPO.
Caro Dorf, ieri ho visto la gabbia, bella trasmissione, anche se non sono sempre d’accordo sulla linea però almeno da la possibilità a tutti di dire la loro, anche se in tempi limitati. So che sarebbe telesivamente noiosa, ma mi piacerebbero meno ospiti, e con più tempo per esporre le proprie tesi, in modo più esaudiente, non solo pochi dati disarticolati ( esempio classico il fatto di parlare sempre di stipendi lordi, mia moglie è rimasta stupita quando gli ho fatto notare quanto bello era il suo stipendio lordo annuale) e slogan. Rimpiango un pò le antiche tribune politiche, con un politico e 6 giornalisti che gli fanno domande, e il tempo di rispondere. So che adesso scatenerò l’iradiddio, ma ho apprezzato, e molto, il tedesco.
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Ciao Andrea, ciao a tutti del Blog..
oggi leggo sul sole 24 ore che la Grecia è in deflazione … “ma è un caso isolato” … ahahahaha .. che cosa credevano ? ciarlatani, psicopatici, incompetenti.. ma cosa vogliono farci credere ? che è una situazione isolata ? tra l’altro Atene sta prendendo dei provvedimenti rispetto all’ordine pubblico ed anche ai reati di opinione ( http://testelibere.it/blog/reato-penale-di-opinione-anti-ue-grecia ) che è degna del peggior nazionalsocialismo degli anni 30…
Grecia … stay tuned perchè purtroppo è un termometro – laboratorio di come si muoveranno rispetto a un popolo che non ha nessuna intenzione di genuflettersi ulteriormente ai diktat della troika …
purtroppo la situazione è in evoluzione … buona consapevolezza a tutti
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-11-05/la-grecia-entra-deflazione-ma-ue-precisa-atene-e-caso-particolare–175524.shtml?uuid=ABQZigb