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ITALY & AMERICA …SHUTDOWN!

Scritto il alle 09:17 da icebergfinanza

Silvio entra in un’osteria e si siede a tavola e dopo aver chiamato l’oste gli racconta l’ennesima barzelletta tratta dal libro… “metodo boffo” ops scusate “buffo” … “Mi dicono che il Toni avrebbe chiesto “la sentenza prima che venisse pubblicata”, per poi forzare “la riapertura della camera di consiglio” …povero Silvio, suvvia un bicchierino e si dimentica tutto.

Anche Angelino e i suoi compari si indignano quando leggono le barzellette sul giornale del metodo buffo e via dicendo, ma solo quando li riguardano direttamente, questa è l’Italia, un Paese dove si fanno verifiche parlamentare in cui uno solo parla e altri ascoltano in religioso silenzio e chi si è visto, si è visto, tranne suggerire di abolire IMU, IVA, luce, gas, acqua e restituire l’Irpef agli italiani, con qualche bonus bebè in mezzo e poi si torna a votare, fantastic!

Tra sabato e domenica sera è stato tutto un gioco a chi la sparava più grossa sulle conseguenze della crisi di governo, guarda che arriva l’uomo nero mercato, spread a 2000 e collasso di borse e indici vari, quando alla fine della giornata non è accaduto nulla o quasi e il nostro indice ha chiuso sopra un livello chiave. Ancora qualche ora di passione e poi … ma questa è un’altra storia.

Non ci voleva poi molto a comprendere che con il pilota automatico inserito e mezzo mondo che da tempo ha “abbassato i livelli di gestione” di quella che in molti a torto ritengono essere la spazzatura italiana preparandosi all’arrivo delle agenzie di rating, senza dimenticare che ormai almeno oltre il 75 % del nostro debito è in mano domestiche o in quello della BCE, sarebbe stato difficile assistere ad un’esplosione dello spread.

Ma andiamo avanti e diamo un’occhiata a quanto accade in America mentrea mezzanotte è iniziata la farsa del famigerato “shutdown” e c’è già chi prova a rimandarlo di una settimana …   il leader di minoranza in Senato, il repubblicano Mitch McConnell, sta cercando di capire se ci sarebbe consenso sufficiente per approvare una misura di brevissimo termine, che consentirebbe di evitare lo shutdown (la chiusura parziale delle agenzie federali) per una settimana.

Sembra che la chiusura per un giorno delle sole agenzie federali dell’area di Washington, quella a più alta densità di dipendenti pubblici compresi quelli della Casa Bianca costerà 200 milioni di dollari al giorno, affascinante…

Stati Uniti, inizia lo shutdown e già si parla del tetto del debito e di un rischio default proprio ora che l’Italia sta per fallire, senza riuscirci da ormai tre anni, roba da matti, gli americani ci riuscirebbero in qualche settimana, ma quanti polli si devono arrostire prima di comprendere questa farsa amaricana?

Lo shutdown del governo americano è iniziato, cosa che non succedeva dal 1996, quando il presidente era Bill Clinton. L’accordo tra Camera e Senato, dopo una giornata intensissima e tesa, non è stato trovato e a mezzanotte del 30 settembre, le 6 del mattino in Italia, la paralisi federale con la parziale chiusura delle agenzie governative è iniziata. Migliaia di lavoratori potrebbero essere lasciati a casa senza stipendio, con danni economici per centinaia di milioni di dollari.  Qualche minuto prima della mezzanotte, l’Office of Management and Budget della Casa Bianca aveva emesso una nota rivolta alle agenzie federali per chiedere l’avvio delle procedure per “l’esecuzione dei piani per sospendere in modo ordinato le loro attività”. Il presidente Barack Obama ha firmato un provvedimento che assicura che i militari dell’Esercito in servizio attivo e della Guardia Costiera continuino a essere pagati anche durante lo shutdown.

Il Senato nel pomeriggio di lunedì aveva respinto il testo approvato domenica dalla Camera, che finanziava le attività del governo, rinviando però di un anno l’Obamacare. A favore della bocciatura del testo della Camera si sono espressi 54 senatori, mentre i contrari erano 46.

Nella serata di lunedì il provvedimento è tornato dunque alla Camera, che ha approvato con 228 voti favorevoli e 201 contrari un testo che avrebbe evitato lo shutdown, ma reintroduceva il rinvio di un anno di alcuni punti cruciali dell’Obamacare, come l’individual mandate, che obbliga tutti gli individui – tranne gli esentati per motivi economici o religiosi – a stipulare un’assicurazione sanitaria entro il primo gennaio 2014.

Il Senato, con un voto rapidissimo arrivato meno di un’ora dopo di quello della Camera, ha nuovamente respinto il testo con 54 voti favorevoli e 46 contrari, rispedendolo indietro per l’ennesima volta senza la parte che riguarda l’Obamacare. A quel punto la Camera ha rinunciato a mettere ai voti nuovamente un testo analogo ai precedenti, di fatto spianando la strada allo shutdown.

La riforma sanitaria entra in vigore l’1 ottobre e sia il presidente Barack Obama che i democratici hanno sottolineato più volte di non volersi fare ricattare dal Grand Old Party che propone l’approvazione della finanziaria in cambio del naufragio dell’Obamacare.

Ma la paralisi dei finanziamenti è solo la prima battaglia in vista tra Camera e Senato. L’amministrazione Obama dovrà ottenere l’ok dal Congresso sull’innalzamento del tetto al debito, fermo a 16.700 miliardi di dollari. In questo caso la mancata approvazione potrebbe portare gli Stati Uniti verso il default, visto che non sarebbero più in grado di far fronte ai propri obblighi con i creditori.

La scorsa settimana il Tesoro statunitense ha fatto sapere che esaurirà i fondi e le manovre contabili straordinarie il 17 ottobre. Anche in questo caso l’amministrazione Obama e i democratici sono tenuti in scacco dai repubblicani: l’intesa arriverebbe a patto di tagli alla spesa, a cominciare dalla cancellazione dell’Obamacare. Il presidente ha avvertito più volte che non intende negoziare sul tetto al debito, soprattuto se la posta in gioco è la riforma sanitaria. ( America24) Stati Uniti, inizia lo shutdown

Sono a rischio oltre 700 mila posti di lavoro proprio ora che l’occupazione in America tira che è una meraviglia immaginaria, tra disoccupati scoraggiati che lasciano la forza lavoro, lavori a tempo determinato per qualche giorno e milioni e milioni di part-time che sostituiscono il tempo indeterminato e ciliegina sulla torta dai 35 anni in su dall’inizio della ripresa, sottolineo ripresa si sono persi oltre DUE MILIONI di posti di lavoro.

Venerdi avremo il nuovo rapporto occupazionale americano, il paese delle meraviglie, dove può accadere di tutto e più.

Un suggerimento, chiamate zio Ben e ditegli di rimettere in moto la stamperia altro che tapering!

Mentre i polli allo spiedo girano leggendo e bevendo le notizie che arrivano dall’America, noi cerchiamo di essere più pragmatici in un mondo nel quale si sono cambiate spudoratamente le regole contabili per salvare mezzo sistema finanziario fallito e diamo un’occhiata al nostro pilota automatico, un pilota automatico imposto dalla Troika, mentre un manipolo di inutili e perfetti idioti in Parlamento, sottoscriveva e firmava senza fiatare pareggi di bilancio e fiscal compact vari, forniti con pacchetti, two pack e contropacchetti vari…

Crisi governo. De Nardis (Nomisma): “Sui conti drammatizzazione per calcoli politici

Calma e sangue freddo. La crisi del governo non mette a rischio i conti pubblici. Anzi. “A legislazione vigente se non ci fossero ulteriori interventi di politica economica ci sarebbe un miglioramento dei conti sul 2014”, dice senza mezzi termini Sergio De Nardis, capo economista del centro di analisi Nomisma.

Insomma dottor De Nardis, spread, borse che calano, allarmi a destra e manca. Tanto rumore per nulla?

C’è il rischio che i calcoli politici drammatizzino oltre il dovuto una situazione che non merita di essere drammatizzata per quanto riguarda le tendenze dei conti pubblici.

Le pubbliche finanze sono quindi in ordine?

Così è scritto nel Def, il Documento di economia e finanza. Nel 2014 senza interventi il deficit va verso il 2,3%. Sul 2013 servirebbe una mini correzione per riportarlo dal 3,1 al 3%, ma è una manutenzione che è benissimo in grado di fare un governo di ordinaria amministrazione. Si può fare con spostamenti di entrate e uscite da un anno all’altro, una banale manutenzione.

… il resto andate avanti Voi, leggetevelo Voi che a me mi vien da ridere purtroppo!

Chiudo con l’ultima barzelletta questa volta tutta italiana che si racconta tra un’ INTESA e l’altra, un uomo solo  dopo essere stato assunto per condurre una banca intera ops scusate intendevo barca, dopo soli due anni viene cacciato dal timone con SETTE MILIONI SETTE SETTE SETTE SETTE MILIONI di auguri, di trattamento di fine rapporto, di buona uscita, chiamatela come volete. BAU BAU SETTETE!

Mi raccomando mica è un problema di iniquità nella distribuzione della ricchezza è solo questione di IMU, IVA o CUNEO si quello che … va beh mi fermo qui perchè non so sove arriverei.

Nel frattempo non perdetevi ” Machiavelli, sbarca in America la nuova terra promessa”  per tutti coloro che hanno contribuito o vogliono liberamente contribuire al nostro viaggio.

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8 commenti Commenta
luigiza
Scritto il 1 Ottobre 2013 at 10:45

Andrea noto che le immagini che scegli a corredo dei tuoi post si stanno allineando con la realtà.

Bravo, bravo.
Avrei voluto che fossi tu ad aver ragione ma i fatti mi inducono a pensare che avevo ed ho ragione io. Purtroppo. 🙁
Quelli non mollano, non indietreggiano di un millimetro, quale che sia l’esito finale per la collettività tutta.
Sono casi clinici.

thundermarc
Scritto il 1 Ottobre 2013 at 13:11

e l’ultimo spenga la luce

Coldiretti: disoccupazione record, 400mila laureati italiani scappano all’estero

Il tasso record di disoccupazione giovanile ha spinto più di 400mila laureati italiani, dottorandi inclusi, a scappare all’estero. Lo segnala Coldiretti, in un’analisi elaborata su dati Ocse. Quasi l’8% dei “cervelli” intervistati, sottolinea lo studio, ha scelto l’emigrazione sulla scia delle «opportunità lavorative che l’Italia non offre più». Ma il bilancio potrebbe peggiorare: il 59% dei giovani studenti si è dichiarato pronto a espatraire per la stessa ragione.
Coldiretti evidenzia i rischi del fenomeno: inceppamenti nel ricambio generazionale e rallentamento della ripresa. Zavorre in più su un paese che è «nelle mani di una classe dirigente impegnata nella politica, nell’economia e nella pubblica amministrazione con una età media di 58 anni: la più alta tra tutti i Paesi europei».
Il “record del record” si registra nel mondo economico. Il primato per anzianità media va agli istituti di credito, dove l’età media dei presidenti e degli amministratori delegati dei principali gruppi bancari italiani sfiora i 70 anni. Una vecchiaia non solo anagrafica: secondo lo studio, uno scarso afflusso di giovani rende «datate» le strategie di ripresa. Dirottando l’aria fresca tra le università, e le imprese, straniere.

7voice
Scritto il 1 Ottobre 2013 at 16:19

comunicato ism manifatturiero americano oltre 56 pt ??? ah ah ah sti pezzenti non hanno i soldi x pagare il raccogli monnezza !E’ UNA PORCHERIA QUESTA STORIA CON DATI APPEZZOTTATI DA LADRI CHE DISTORCONO LA VERITA’ REALE SULL’ECONOMIA AMERICANA ! PRENDESSERO A PEDATE PRIMA L’ABBRONZATO CON TUTTA LA SUA CRICCA DI CONTA PALLE!

sd
Scritto il 1 Ottobre 2013 at 23:19

Buona sera

Questo è l’uomo, questo è l’Homo Sapiens Sapiens che vi piaccia o no sarete costretti ad accettarlo e …..capirlo.

Riguardo al LAVORO se sperate che l’attuale società possa dare un REDDITO a tutti attraverso un lavoro degnamente retribuito……………..Buona fortuna.

SD

ilribassista
Scritto il 2 Ottobre 2013 at 17:30

far finta di far cadere il Governo per non bloccare l’aumento dell’iva.
A tanto sono arrivati.
Sempre più in basso .. al peggio non v’è mai fine!!

thundermarc
Scritto il 2 Ottobre 2013 at 17:53

alla fine si arriva sempre a queste cose

Siemens guarda agli asset greci

+ Amazon prepara la fuga dalla Germania e punta sull’Est per dribblare i sindacati francesco semprini

Il colosso tedesco interessato
alla privatizzazione della società ellenica di servizi ferroviari Rosco con un tandem composto dalla francese Alstom e Damco Energy, e con la greca Gek Terna in cooperazione con la russa Rzd
matteo alviti
berlino

Prima la guerra al vertice nel pieno di una crisi aziendale, finita con il licenziamento del presidente Peter Löscher e la sua sostituzione con Joe Kaeser. Poi l’annuncio, domenica, del taglio di 15mila posti entro l’autunno del 2014. Uno choc per i dipendenti. Ora la multinazionale Siemens starebbe guardando con interesse, prima grande azienda in Germania a farlo, al processo di privatizzazioni in corso in Grecia.

Lo riporta il sito del quotidiano Die Welt, secondo cui il colosso tecnologico di Monaco di Baviera è interessato all’acquisto della società ellenica di servizi ferroviari Rosco, attualmente di proprietà pubblica. Stando a quanto riferito alla Reuters da una persona informata sulla trattativa, Siemens si disputerebbe l’acquisizione di Rosco – azienda specializzata nella manutenzione di vagoni ferroviari – con un tandem composto dalla francese Alstom e Damco Energy, e con la greca Gek Terna in cooperazione con la russa Rzd. Nonostante i tentativi di mediazione del ministro tedesco dell’Economia Philipp Roesler (oggi a fine mandato dopo la scomparsa dal parlamento del suo partito Fdp), finora le aziende avevano mostrato scarso interesse per la vendita degli asset ellenici in mano pubblica. Fa adesso eccezione Siemens, che proprio in Grecia era stata in passato travolta da numerosi scandali per corruzione.

Oggi, intanto, il nuovo presidente Kaeser ha diffuso una lettera in cui cerca di tranquillizzare i dipendenti, dopo le notizie sui licenziamenti diffuse domenica. “Tutte le misure sono state concordate con le unità coinvolte e già in corso. Non ci sono ulteriori piani oltre quelli accordati”, ha scritto Kaeser. Domenica un portavoce dell’azienda aveva creato non pochi malumori per aver reso nota l’intenzione della dirigenza di voler cancellare 15mila posti entro il 2014. Il piano “Siemens 2014” è in realtà già in corso da due anni, ma fino a domenica non era mai stata determinata con precisione l’entità dei tagli.

La metà dei 5mila posti che andranno complessivamente persi in Germania, per esempio, è già stata tagliata, ha spiegato la compagnia. L’azienda di Monaco di Baviera – per via di un accordo con il sindacato dei metallurgici tedeschi IG-Metall e i rappresentanti dei lavoratori interni – ha inoltre assicurato che non ricorrerà a licenziamenti, almeno in Germania. Per ridurre il personale ci si servirà di part-time in uscita, spostamenti interni e incentivi per l’uscita dal lavoro. Attualmente Siemens impiega in tutto il mondo circa 368mila persone.

thundermarc
Scritto il 2 Ottobre 2013 at 17:54

Amazon prepara la fuga dalla Germania e punta sull’Est per dribblare i sindacati
REUTERS

Amazon medita la fuga dalla Germania. Stanca delle continue proteste sindacali e delle dispute lavorative, il colosso americano sta pensando di ridurre ai minimi termini la propria presenza nel Paese e spostarsi un po’ più ad Est, dove il costo del lavoro è inferiore, i vincoli burocratici meno pesanti e, soprattutto, dove le associazioni di categoria sono meno ingombranti. La notizia è giunta poco dopo che diverse centinaia di impiegati tedeschi avevano incrociato le braccia nei giorni scorsi come segno di protesta contro il mancato adeguamento di salari e stipendi al livello previsto per il settore della distribuzione. La protesta ha fatto seguito a quelle avvenute già a maggio e giugno.

Una situazione divenuta insostenibile per il neoproprietario del Washington Post, che ha deciso così di scommettere sulle vicine Polonia e Repubblica Ceca, aprendo nuovi centri. Saranno grandi circa centomila metri quadrati, e avranno un costo compreso tra i 50 e 60 milioni di euro, secondo quanto riportato dal giornale Puls Biznesu. Fonti vicine ad Amazon rivelano che due strutture potrebbero aprire Wroclaw, e un’altra a Poznan, per un totale di 6 mila lavoratori. Altre due invece saranno aperte nella Repubblica Ceca, una delle quali nei pressi dell’aeroporto di Praga. Il primo hub nell’Est europeo potrebbe essere già operativo dal prossimo anno. Attualmente Amazon impiega 9 mila persone in Germania, distribuite in otto centri logistici, due centri per l’assistenza ai clienti, e il quartier generale di Monaco.

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