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MONTI, LIBERALIZZAZIONI e AD PERSONAM: LA SCONFITTA DEL PROFESSORE!
Thomas Jefferson amava ricordare che non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli e che il più grande errore è aver bisogno del sostegno del governo. La verità può esistere da sola
” Al netto di ogni possibile opinione sulla manovra finanziaria annunciata dal governo Monti, necessariamente frutto di mediazioni e compromessi con forze politiche molto eterogenee, c’è un punto di oggettiva delusione che esce fuori dal testo su cui verrà data la fiducia entro domani in Parlamento, ed è il capitolo del decreto riguardante le liberalizzazioni. La retromarcia su tassisti e farmacie, e lo spostamento nel tempo di un’eventuale deregulation sugli ordini professionali, secondo molti opinionisti
improcrastinabile, sono il segno di una sconfitta per quei tecnici chiamati a compiere le tanto auspicate ‘scelte coraggiose’ che la politica non è in grado di fare, per motivi opportunistici e debolezza congenita del sistema.
Sia chiaro, la causa di questa sconfitta non è volontà del governo, ma di pezzi del Parlamento, soprattutto del Pdl ma anche di altri partiti, che si sono erti paladini delle lobby italiane: tuttavia da un governo che vanta come primo ministro l’ex commissario europeo antitrust che comminò una multa salatissima a Microsoft, l’azienda monopolista per eccellenza dei nostri tempi, e che ha in squadra l’ex presidente dell’autorità per la
concorrenza Antonio Catricalà, era doveroso aspettarsi più coraggio e una capacità di sfidare apertamente quei partiti che avallano, di fatto, la stagnazione della nostra economia difendendo interessi particolari e non più sostenibili nella nostra situazione.
Se la deregulation per gli orari degli esercizi commerciali e il potere dato all’antitrust di impugnare le delibere degli enti locali, riguardo al tema dell’affidamento dei servizi pubblici, sono certamente un bel passo avanti, le liberalizzazioni rinviate risultano un
freno a quella crescita su cui il governo sarà chiamato a legiferare immediatamente dopo aver archiviato la manovra: come potrà farlo se ostaggio di lobby in grado di intessere rapporti di scambio elettorale con quote determinanti di parlamentari? (AP/LaPresse)
Un’occasione persa professor Monti, un’occasione in più per tacere, soprattutto di fronte ad una persistente ed inesistente dichiarazione di equità della sua manovra! Di Equità, neppure l’ombra se non nelle virgole e nei punti interrogativi!
Ma diamo un’occhiata alla metastasi che sta distruggendo questo Paese, senza dimenticare che caste, privilegi e corporazioni sono infinitamente più capillari di quello che ognuno di Voi è disposto a credere…
Liberalizzazioni osteggiate, ecco chi protegge gli interessi dei farmacisti … Il fatto quotidiano
Lo avevano già fatto nel 2006 ai tempi delle lenzuolate di Pier Luigi Bersani: una serrata dei punti vendita per protestare contro il piano di parziale liberalizzazione del settore. E anche questa volta la lobby dei titolari di farmacia ci riprova, per scongiurare le intenzioni del governo Monti in materia di farmaci di fascia C (con ricetta del medico e costo a carico dell’utente). Il tentativo di distribuire con maggiore semplicità certi prodotti, con conseguente aumento di posti di lavoro e calo di prezzi, viene bocciato dalla lobby con la spiegazione che i cittadini non sarebbero adeguatamente tutelati, che nelle farmacie 18mila attuali dipendenti potrebbero perdere il lavoro e che molte farmacie tradizionali verrebbero messe in difficoltà fino alla chiusura nei piccoli comuni.
La serrata è stata minacciata per impedire che altri farmacisti, attivi nelle parafarmacie e nei corner degli ipermercati, possano vendere prodotti finora monopolio delle farmacie tradizionali. Per queste ultime la lobby è formata dalla Fofi (Federazione degli ordini dei farmacisti italiani), che in teoria dovrebbe muoversi a nome di tutti gli iscritti all’albo (circa 80mila) e non solo dei circa 17 mila titolari di punti vendita, e dal sindacato Federfarma. La prima è guidata dal brianzolo Andrea Mandelli, ex candidato parlamentare con Forza Italia, la seconda dalla milanese Annarosa Racca, ora scatenata contro la manovra del premier Mario Monti. E’ Federfarma che a inizio dicembre ha fatto pubblicare a tutta pagina sui principali quotidiani inserzioni a pagamento per respingere le intenzioni del governo, ed è ancora Federfarma che adesso ha ipotizzato di organizzare la serrata. Secondo le principali associazioni dei parafarmacisti, come Il Movimento nazionale liberi farmacisti (Mnlf) e l’Associazione nazionale parafarmacie italiane (Anpi), le accuse per impedire la vendita diffusa dei farmaci di facia C sono «menzogne», al punto di aver incaricato alcuni avvocati per valutare gli estremi di «procurato allarme, falso ideologico e diffamazione».
La lobby ordinistica e sindacale dei titolari di farmacia (spesso figli o parenti di altri titolari) conta da sempre rappresentanti in Parlamento. Oggi la punta ha il nome del senatore pdl Luigi D’Ambrosio Lettieri, contemporaneamente presidente dell’Ordine dei farmacisti di Bari e vicepresidente della Fofi. Negli ultimi anni, come segretario della commissione Igiene e sanità al Senato, D’Ambrosio Lettieri ha gestito il percorso politico del progetto di legge Gasparri-Tomassini il cui (vano) obiettivo è stato quello di ridimensionare la portata della lenzuolata di Bersani, ovvero il poter vendere farmaci da banco (senza ricetta) anche fuori dalle farmacie tradizionali. Durante l’ultimo governo Berlusconi, sono stati vari i tentativi parlamentari a favore del ritorno dello status quo inseguito dalla lobby: un bersaglio mancato solo per poco.
Con l’avvento di Monti, per Fofi e Federfarma è tornato l’incubo. A fronte di un primo testo di decreto in cui il governo tecnico ha aperto il mercato dei farmaci di fascia C, la lobby ha fatto sentire il proprio peso. Subito, diversi sono stati (una trentina) gli emendamenti di parlamentari di vari partiti. In cinque casi si tratta di interventi soppressivi (addio libera vendita di farmaci), in 24 casi di interventi correttivi. Per esempio cercando di modificare i parametri demografici di riferimento per poter aprire una farmacia: un punto vendita non più ogni 5 mila abitanti ma ogni 3.500 (nei comuni fino a 12 mila residenti), in modo da sottrarre spazio alle parafarmacie; oppure chiedendo di predisporre degli elenchi di fascia C esclusi dalla liberalizzazione, anche qui riducendo il business dei nuovi entranti. A favore dei camici bianchi tradizionali si è schierato il Pdl, sia pure con alcune eccezioni contrarie (come nel caso di Enrico Costa, favorevole a una liberalizzazione ancor più spinta). Quindi è stata la volta di Lega e del Fli (con l’eccezione di Angela Napoli), compatti nel voler dare ascolto alla lobby dei farmacisti. Sul fronte opposto, a sostegno della spinta del governo Monti, si sono esposti esponenti di Udc e Pd. Ma la situazione appare comunque incerta, ed ecco la serrata.
Le ricostruzioni contenute in questo articolo sono tratte dal libro I veri intoccabili, di Franco Stefanoni (edizioni Chiarelettere)
E non finisce qui perchè all’improvviso in una notte di fine autunno…
Il trattamento economico per i rapporti con la pubblica amministrazione “ripensato” dall’esecutivo.
Una norma ad personam, la chiama il Fatto Quotidiano. Che servirà a cambiare, in qualche modo, il giudizio sul governo Monti. E far pensare qualcuno che tutto spesso cambia perché poco o nulla cambi. Ne parla Caterina Perniconi:
Nella manovra, infatti, è previsto che con un decreto del presidente del Consiglio, (ricevuto il parere delle Commissioni parlamentari) venga ridefinito il trattamento economico dei rapporti di lavoro dipendenti o autonomi con le pubbliche amministrazioni, stabilendo come parametro massimo per i dirigenti lo stipendio del presidente della Corte di Cassazione. Nello stesso articolo, il 23 ter, è sancito inoltre che i dipendenti pubblici chiamati a funzioni direttive nei ministeri o nella P.A. abbiano un’indennità pari al 25% del trattamento economico percepito. Cioè che prendano uno stipendio e un quarto anziché due stipendi interi. La norma, a quanto pare, ha fatto infuriare i “papaver i” della Pubblica amministrazione che hanno infuocato i telefoni dei colleghi tecnici di governo per tutta la serata di martedì.
La Commissione bilancio è stata costretta a una pausa per ascoltare le innumerevoli proteste:
Il doppio stipendio pubblico riguarderebbe i ruoli di vertice, come quelli dei ministri, da Antonio Catricalà, magistrato e membro del governo, a Corrado Clini, dirigente ministeriale e ora a capo del dicastero dell’Ambiente, fino al ministro che guida proprio la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, anche lui magistrato fuori ruolo. Poi c’è Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, e ora viceministro, che ha già annunciato la rinuncia al 70% della retribuzione e dovrà lasciarne almeno un’altra piccola parte. Ma la norma coinvolgerebbe anche i sottosegretari e soprattutto l’esercito di tecnici pubblici che riceve incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei ministeri, o cariche in enti pubblici diversi da quello di provenienza.
Come quella di Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, che oltre ad essere magistrato fuori ruolo è capo dell’Ufficio legislativo del ministro della Giustizia, Paola Severino:
Anche lei nei corridoi della Camera martedì sera, costretta ad attendere il verdetto sul suo secondo stipendio. Le lamentele dei dirigenti, a quanto pare, hanno fruttato una soluzione ad personam per la categoria: al comma 3 dell’articolo 23 ter è stato previsto che col decreto del presidente del Consiglio (citato al comma 1, quindi quello di revisione degli stipendi) si possano prevedere “deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni”. Ovvero si possa concedere agli “eletti” di mantenere il doppio stipendio. Nello stesso decreto verrà stabilito inoltre un tetto massimo per i rimborsi spese, che naturalmente andranno ad aggiungersi ai doppi compensi. Cifre che, cumulate, non scendono mai sotto i duecentomila euro e fanno impallidire anche i parlamentari e i loro diecimila euro al mese. GIORNALETTISMO
Tutto bene quel che finisce bene, comunque vada è stato un successo…quanto tempo ancora manca prima che….
Chissà se alle prossime elezioni noi comuni cittadini ci ricorderemo che alle volte è meglio votare un signor nessuno, senza etichetta, senza alcun sporco interesse personale da proteggere, uno qualunque venuto dal popolo, che ama il bene comune, nessun privilegiato o servo di partito, gente normale, gente di tutti i giorni anche se alcuni ridono pensando alle utopie!
Dice bene il buon Giulio Sapelli… Guardo all’Italia e penso a quello che scriveva Antonio Gramsci sul “sovversivismo delle classi dirigenti imprenditoriali” e sul “ribellismo delle classi popolari”. Per anni, in questa Italia del Dopoguerra, questo sovversivismo e questo ribellismo sono stati limitati, contenuti, limati dalla capacità dei partiti di interpretare politicamente risentimenti e malessere sociali. Ora i partiti non esistono più…
Il resto lo lascio alla Vostra immaginazione!
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Ci andrei piano sulla riforma del sistema italiano della distribuzione del farmaco (probabilmente il migliore del mondo) per avvicinarci ai nefasti modelli britannici e americani e per favorire le coop….
Cerchiamo di non fossilizzarci dietro i dettagli non guardiamo sempre al puntino nero dimenticando la pagina…suvvia Cassandra, facciamo uno sforzo!
http://blog.ilgiornale.it/foa/2011/12/17/ma-perche-monti-se-la-prende-con-i-piccoli/
Articolo illuminante….
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Andrea , vogliamo gente come te al prossimo voto
persone che sanno stare dalla parte dei piu deboli….
persone che sanno battersi….
dobbiamo sapere cosa fare se ci è data un’altra possibilità
we do it