OBAMA CONTRO ROMNEY NELLA TERRA DEI DESAPARECIDOS!

Scritto il alle 08:15 da icebergfinanza

Nella terra del sogno americano secondo l’ultimo censimento il popolo americano equivale a circa 309.000.000 di anime sparse su un suolo grande 140 volte il nostro paese!

Ieri Obama ha vinto lo scontro con Romney non è poi cosi difficile con una simile macchietta, ma lo ha vinto nella terra dei desaparecidos, termine spagnolo che identifica le persone fatte scomparire, direi adatto per una nazione nella appena più di un terzo va a votare e buona parte della popolazione in questi anni è scomparsa dalla forza lavoro, stanca e sfiduciata.

Nello scorso aprile, ad un anno dall’ultimo conteggio censuario, il Census Bureau degli Stati Uniti ha reso pubblici i risultati preliminari [1]. Gli americani sono 308,7 milioni, 10% in più rispetto al 2000, e gli Stati Uniti sono il terzo paese al mondo per numero di abitanti (con largo distacco dietro Cina e India e seguiti, con 240 milioni, dall’Indonesia) e quello demograficamente più dinamico rispetto ai grandi paesi occidentali,  una popolazione centuplicata in due secoli e mezzo. Fonte Aspenia

Di queste oltre 308.000.000 di anime 9 milioni hanno perso la casa, 12 rischiano di perderla, 29 sono sottoccupati, 46 circa vivono di sussidi, food stamps e 9 hanno perso il diritto all’assistenza sanitaria.

Quindi quasi un centinaio sono ai margini del sogno americano ma soprattutto ascoltate qui per coloro che guardano ad un modello di libertà che fa acqua da tutte le parti…

Si parla di 90 milioni. Novanta milioni di cittadini americani molto probabilmente non andranno a votare, non si avvarranno del diritto politico supremo per decidere in mano a chi mettere questo paese. Cosi dicono i sondaggi più recenti. Novanta milioni sono proprio tanti… pensate che Obama nel 2008 di milioni di voti ne raccolse poco più di sessantanove.

Perchè? Cosa pensano questi 90 milioni di persone? Non hanno a cuore il loro paese? Non credono che un Presidente possa fare la differenza? E l’attaccamento al Partito?

Verrebbe istintivo dire che a queste cose tengono solo i 135 milioni o poco più che voteranno. Ma dobbiamo provare a rispondere ragionevolmente perché chiunque capiti qua capisce benissimo che gli Americani al loro paese ci tengono, e tanto.

Possiamo cominciare a rispondere stilando una lista nuda e cruda di fatti:

Si vota di Martedi (il Martedi dopo il primo Lunedi di Ottobre, cosi stabilisce la legge della “General Election of Public Officials”). E il Martedi la gente normale lavora. Votare in un Martedi di Novembre ha le sue ragioni storiche, ma oggi appare chiaramente anacronistico. Comunque, cosi è, e trovare tempo per andare al seggio si fà complicato.

La legge è tale per cui  il candidato che ottiene la maggioranza in uno Stato si porta a casa tutti i voti elettorali a disposizione. Ora, un gran numero di Stati ha una connotazione partitica ben definita, cioe si sa benissimo che la maggioranza di quelli che di solito votano appoggiano un certo partito. Quindi se un Mr. Smith, di idee repubblicane, è chiamato a votare, ad esempio, a New York, in California o in Pennsylvania (Stati a schiacciante maggioranza Democratica), costui sa benissimo che il suo voto sarà irrilevante, e può evitarsi lo scomodo di una corsa al seggio. Stesso discorso per Mr. Jones, di pensiero democratico, che vive in Texas, Mississippi o Alabama.

Per votare occorre essere “registered”, iscritti agli appositi elenchi elettorali. Non che sia una gran manovra, basta farlo una volta nella vita, ma bisogna farlo, non è automatico. Si compila e si spedisce un “form”, o ci si iscrive “online”, ma devi agire tu, perchè l’America non ti registra da sè, l’America non fà (quasi) niente per te; sei tu che devi fare per l’America.

Possiamo proseguire con una seconda lista, quella di “pensieri comuni alla gente comune”:

1) Ci sono due Partiti, ma non si vedono differenze sostanziali;

2) Un Presidente vale l’altro. È vero che l’attuale non ha fatto granchè, ma il prossimo farebbe meglio?

3) Io ho da fare, devo lavorare, non ho tempo nè interesse per la politica.

E l’attaccamento al partito? Capisco che quando vediamo immagini delle “Conventions”, con tutta quella gente bardata con cotillions, bandierine, cappellini, oltre a venirci da sorridere, ci viene anche da pensare che – sebbene altamente folkloristico – l’amore per il Partito è cosa diffusa. Beh, non lo è. Certo, ci sono attivisti e volontari, soprattutto sotto elezioni, ma è molto più probabile che un Americano si definisca “Liberal” o “Conservative” piuttosto che “Democratico” o “Repubblicano”. Si guarda al Presidente come si guarda ad un allenatore: funziona? Si va bene? Confermiamo! Sennò’ si cambia, e non è che tradisco qualcuno, voglio cambiare. Pensate che una città “liberal” come New York elesse due volte un Repubblicano come Giuliani (repubblicano e “liberal”), e dopo di lui Bloomberg (stessa storia). Per chi non lo sapesse, Abraham Lincoln, quello che tutti ricordiamo come l’uomo dell’abolizione della schiavitù era repubblicano. “Liberal”? Fate voi, ma repubblicano lo era di sicuro.

Sapete come ci si iscrive ad un partito in America? Io l’ho scoperto quando sono diventato “citizen”. Tra le carte che ti danno da sottoscrivere c’è n’è una in cui devi indicare la tua scelta: democratico, repubblicano o indipendente. Questa scelta ti dà diritto ad esprimerti durante le “primarie”, quella fase elettorale in cui ogni partito sceglie il suo candidato. “That’s it”, tutto qui il livello di affiliazione.

Così funziona nella “terra dei liberi”. IlSussidiario

Mi raccomando non dimenticate l’operazione ” Onda d’urto”, condividere la nostra avventura con i pulsanti Facebook e Twitter , nei forum e nei quotidiani on line in giro per il Paese!

Vi aspetto tutti a Castelnuovo Scrivia e in altre città italiane, non mancate saranno fuochi artificiali!

3 commenti Commenta
stefano
Scritto il 19 Ottobre 2012 at 16:29

ok, il sistema elettorale amerikano non piace. ma qual’è l’alternativa? non so se i sistemi elettorali europei hanno prodotto buoni risultati negli ultimi cento anni in germania, in spagna, in francia, in italia (o nelle repubbliche ex-socialiste).
personalmente io sono a favore in italia dell’introduzione del modello amerikano per il sistema elettorale. soprattutto sarebbe bene che che ri-prendesse il dibattito che ai primi del 1990 aveva portato ad un referendum stravinto a favore del maggioritario secco e poi tradito con mattarellum prima e porcellum poi.
non so se questo voglia dire che io sia ideologicamente schierato a favore di questo modello. se fossi in USA probabilmente sarei favorevole ad adottare per alcuni anni il sistema elettorale proporzionale per ri-mescolare le carte, dal momento che il lobbismo ha determinato negli ultimi 10 anni un declino molto grave per molti aspetti. Tuttavia questa degenerazione del modello amerikano non mi sembra paragonabile agli abissi che ha sperimentato l’europa nell’ultimo secolo.

icebergfinanza
Scritto il 19 Ottobre 2012 at 16:55

stefano,

Io sono per un maggioritario a doppio turno alla francese!

stefano
Scritto il 19 Ottobre 2012 at 18:00

Quando i referendari vinsero il maggioritario ‘secco’ il risultato venne ‘annacquato’ con il famigerato ‘mattarellum’ ed infine distrutto … spero che nel caso di vittoria della proposta del maggioritario a doppio turno alla francese (per cui io sono favorevole, anche se preferirei il sistema amerikano) il risultato ottenuto non sia a sua volta ‘annacquato’ portando ad un ulteriore compromesso ‘al ribasso’.

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