NAZIONALIZZANDO …UN’ITALIA PIU’ TEDESCA!

Scritto il alle 13:14 da icebergfinanza

 

Un ispirato Mario Seminerio sul Suo Phastidio sintetizza magistralmente due argomenti che abbiamo spesso trattato in questa crisi, evidenziando sin dalle sue origini la necessità di nazionalizzare buona parte del sistema finanziario mondiale come messaggio unico della storia e come dice lui …” se credete che gli italiani siano effettivamente un popolo di ladri, malati di anarchismo individualistico e di una inquietante tendenza a fare i liberisti ed i sostenitori della sussidiarietà con le tasse degli altri, oltre a svendere asset pubblici agli amici degli amici, non aspettatevi che il paese si liberi tanto presto dello spread, anche nell’improbabile ipotesi che il medesimo venga spazzato da un’ondata di cosiddetto liberismo. “

Ovviamente come dice l’ex ministro Antonio Martino, nazionalizzare significa rubare…(sic)!

Moody’s ha appena fatto uscire un report nel quale sussurra che Italia, Spagna e Portogallo potrebbero uscire dalla crisi nel 2013 sempre che…Fitch dice che l’Italia è credibile ma ritoccare il rating no vero!

La chicca sta tutta nel riferimento alla crisi svedese che i lettori di Icebergfinanza ben conoscono dove Moody’s ricorda le riforme varate dai paesi nordici che dimostrano il successo possibile purchè vi sia l’impegno e la determinazione necessarie, tra cui la NAZIONALIZZAZIONE delle banche.

Ma la perla arriva quando si ricorda a tutti che i paesi nordici hanno avuto un sensibile aiuto dalla svalutazione valutaria che guarda caso noi non possiamo avere…chi ha orecchie per intendere intenda gli altri tutti sotto la gonna di Angelina e dell’ euro fine a se stesso.

Non sono forse i promotori dei manifesti liberali all’amatriciana dell’ultima ora quelli che lodano la Crande Gemania, si quella che ha ormai quasi nazionalizzato ben otto banche durante la crisi, oche giulive finanziarie che hanno ingurgitato ogni spazzatura subprime in circolazione, un sistema finanziario quello tedesco che come abbiamo visto è in gran  parte statalista…

La seconda sorpresa arriva dai dati sul debito pubblico tedesco. Tra i fattori che hanno contribuito al peggioramento dei conti pubblici, si distingue un carico di quasi 15 punti di Pil speso per sostenere il settore finanziario tedesco. Che il sistema dei Landesbank non se la passasse bene, non è certo una novità. Ma 15 punti di Pil sono un vero e proprio bail-out. Un paio di numeri aiutano a capire perché: dal 2007 a oggi, il solo Bayerische Landesbank ha subito perdite per 13 miliardi e mezzo di euro.

Ed è in buona compagnia: il Landesbank Baden-Wurttemberg, il Landesbank Sachsen, NORD/LB, WestLB, Deutsche Postbank e il Landesbank Hessen-Thueringhen hanno accumulato un rosso di altri 13 miliardi di euro (fonte Bloomberg). E guardando oltre al sistema bancario regionale (di proprietà pubblica), la situazione non migliora di certo: Bank, che a gennaio 2009 ha negoziato un prestito ponte con il governo tedesco per 18,2 miliardi di euro, nel periodo preso in esame dal (2007-2011) ha accumulato perdite per 12 miliardi di euro. Ciliegina sulla torta: a completare la lista di fattori che hanno incrementato il debito pubblico tedesco, figurano cinque punti percentuali di Pil spesi in stimoli fiscali. Ovvero, sostegno alla crescita economica attraverso la spesa pubblica.

Insomma, il governo di Berlino impone all’Europa la linea del rigore e si capisce perché: una volta spenti i riflettori sui summit di Bruxelles, dalle parti di Postdamer Platz si spende e si spande. Perché se lo possono permettere, si dirà. Forse, ma una cosa è certa: messi in dieta forzata i bilanci degli altri, stimolare l’economia a colpi di deficit è più facile e il conto si divide tra tutti i paesi dell’Unione. Germania crack Commerzbank

Senza dimenticare che in Germania le banche di proprietà pubblica fanno parte di un modello economico che ha finanziato lo sviluppo economico.

Ovviamente il tutto in attesa della madre di tutte le nazionalizzazioni!

Ma andiamo avanti e sentiamo cosa ci racconta Seminerio…

È giusto usare anche la Cdp per fare politica industriale? E con che ambiti? «Credo sia utile come riferimento nelle società delle reti e va bene il volano per le infrastrutture. Ma io sarei più ambizioso nel riconsiderare questo fondo strategico che non si capisce bene cosa faccia. Noi abbiamo un sistema di medie imprese, quelle che innovano, investono, si internazionalizzano, che adesso sono piene di impegni con le banche. Allora io dico: con partecipazioni minoritarie, in modo selettivo, è inimmaginabile un fondo misto di partecipazione dove transitoriamente Cdp, le banche trasformando temporaneamente i loro crediti, siano impegnati in operazioni non di salvataggio, ma di supporto?»

Enorme sdegno e scandalo tra gli abitanti dell’agorà elettronica, dove fioriscono rigogliose ambizioni politiche che la realtà si incarica di stroncare alla prima occasione utile, e dove in molti si sentono un ibrido tra editorialisti e uomini del Destino, se non proprio della Provvidenza. Eppure, basterebbe andare a controllare gli ambiti di intervento della cugina tedesca della Cassa Depositi e Prestiti, la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW, vedi anche qui), per scoprire che la partecipazione pubblica al capitale delle piccole e medie imprese è già realtà, in Germania, secondo modalità molto innovative, incluso l’affiancamento/finanziamento al private equity ed ai business angels, per imprese in startup ma non solo, perché KfW dispone di una divisione PMI, la Mittelstandsbank, che eroga non solo prestiti ma anche capitale azionario e mezzanine financing.

Come commentare, quindi? Che il “modello tedesco” prevede un sostegno attivo del pubblico al settore privato, ma questo non lo scopriamo oggi. Se questa sinergia funziona egregiamente, occorre chiedersi perché da noi non sia possibile fare lo stesso. Domanda retorica e probabilmente molto naïf, ma la cui risposta ci servirebbe per comprendere cosa ci differenzia realmente dai tedeschi. Se tendete a rispondere con un “semplice, gli italiani sono essenzialmente un popolo di ladri, che eleggono altri ladri a propri rappresentanti”, fate benissimo ad esecrare l’idea di Bersani e a dargli di comunista riverniciato. Ma se credete che gli italiani siano effettivamente un popolo di ladri, malati di anarchismo individualistico e di una inquietante tendenza a fare i liberisti ed i sostenitori della sussidiarietà con le tasse degli altri, oltre a svendere asset pubblici agli amici degli amici, non aspettatevi che il paese si liberi tanto presto dello spread, anche nell’improbabile ipotesi che il medesimo venga spazzato da un’ondata di cosiddetto liberismo.

E ancora a proposito delle nazionalizzazioni…

…La difficile condizione degli istituti di credito sta contribuendo in modo rilevante all’aggravamento della crisi economica attraverso sensibili restrizioni all’erogazione di prestiti. Ci sono vie di uscita, nel breve e nel medio termine? La risposta breve è no. Quella lunga è qui sotto…

E quindi, che fare? Se si ritiene che sia prioritario “costringere” le banche a prestare a imprese e famiglie, cioè se si è deciso che il credito debba continuare ad affluire a debitori operanti in un paese sottoposto ad una terrificante stretta fiscale e le cui prospettive di reddito (cioè di rimborso del credito ottenuto) sono eufemisticamente incerte, e se si pensa che il problema siano i gruppi di controllo ed il loro braccino corto, in completa assenza di compratori esteri (punto che i “risolutori logici” tendono ad omettere, di solito), c’è una sola via: nazionalizzare il sistema bancario, come accaduto in Svezia negli anni Novanta. Come dite? Troppo drastico? Forse sì, ma esiste una non marginale probabilità che ciò possa accadere, in un futuro nemmeno troppo lontano. La stessa evoluzione del fondo salvastati ESM, prevista nel Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, prevede che questa entità sovranazionale pubblica divenga azionista delle banche, sia pure dopo che la Bce sia divenuta regolatore unico del credito europeo.

La soluzione, quindi, qui ed ora (dato il contesto congiunturale, le condizioni non floride o di quasi-dissesto delle banche, ed il correlativamente elevatissimo costo del capitale) è la mano pubblica, se si ha fretta che le banche tornino a prestare. Ma poi non ci si lamenti che servono privatizzazioni, mi raccomando. Perché l’economia è la scienza dei tradeoff, anche se il suo recente imbastardimento con la politica tende a pretendere botte piena e moglie ubriaca. Che non a caso è l’acerrimo nemico dei tradeoff, cioè della realtà. Phastidio

Direi che abbiamo ormai tutti gli ingredienti per comprendere come la storia sia maestra indiscutibile soprattutto in campo economico. Peccato che ci sia un’abbondanza di asini, che spesso e volentieri volano!

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9 commenti Commenta
italiapersempre
Scritto il 21 Agosto 2012 at 16:44

Scusa Mazzalai, a volte scrivi dei bei post, ma a volte metti su delle autentiche cazzate. Ma questo tizio qua che citi dove vive? Non lo sa che ogni mese per le imprese start up di ogni regione italiana e di ogni camera di commercio ci sono bandi pubblici a fondo perduto, o con interessi risibili dello 0,5%, per le imprese che internazionalizzano ci sono voucher che coprono fino al 70% di spesa, e non lo dico io, basta andare sul sito della regione Lombardia, per vedere che chi investe nel manifatturiero ha delle agevolazioni pubbliche notevoli, un mese fa chi apriva una start up nella moda aveva il tutto a fondo perduto, certo bisogna fare domanda per concorrere. E nella Regione Lazio chi apre start up di aziende di servizi, specie per l’ estero, ha una quantità enorme di occasioni a fondo perduto. Non si dica che l’ Italia non dà incentivi pubblici all’ impresa, perché basta andare sul sito del Ministero dello Sviluppo e vedere quanti contributi, a fondo perduto e non, ma con tassi molto molto bassi, Passera ha destinato alle imprese che producono innovazioni tecnologiche o alle aziende agricole.

Sto qui che scrive è uno che non è mai entrato in una Confindustria, o in un’ Apindustria per le PMI, e guarda che non è che lo facciamo da adesso perché siamo ‘più tedeschi’, anzi, lo facciamo da sempre, negli anni 80 poi era una prassi chiedere incentivi alla regione, ci fu un momento in cui davano a fondo perduto per l’ imprenditoria femminile in qualunque campo, e siamo sempre stati italiani, non è un’ invenzione tedesca quella di dare un po’ di facilities per chi comincia o per chi internazionalizza o per chi deve innovare.

O questo qui pensa che solo la Fiat abbia ricevuto aiuti di Stato ( senza però mai innovare un tubo, mentre gli altri innovano, eccome. E sennò come mai saremmo così chiamati in Russia e altrove per costruire infrastrutture, soprattutto? )

icebergfinanza
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:36

italiapersempre@finanza,

Grazie della precisazione in effetti hai ragione, ma io cerco di pubblicare tutte le opinioni poi ognuno di Voi si fa un’idea di quello che accade e dei vari punti di vista. Andrea

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:48

icebergfinanza,

ottimo post su cui riflettere. 😉

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:50

i Crucchi assieme al Papa nero per dar vita al Nuovo Sacro Romano Impero Germanico, devono rafforzate strutture sovra-nazionali, non democratiche, come BCE e ESM. :mrgreen: 😈

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:52

Nein nein controllo delle Sparkasse crucche alla BCE. Nein nein….non sono miche italiane o spagnole. :mrgreen: 😈

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:54

il Governo di Roma e Madrid non devono mica rubare le banche private con la Nazionalizzazione. ! mannaggia… :mrgreen: 😈

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:55

invece il fantastico ESM interverrà nel capitale sociale delle banche spagnole ed italiane…e chi controllerà l’ESM ? :mrgreen: i Crucchi, via BCE e BUBA. 😈

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:56

che delusione sono sti crucchi 😡

giobbe8871
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:57

… è per questa arroganza mista ad incompetenza e perfidia che hanno sempre PERSO PERSO TUTTE LE GUERRE. :mrgreen:

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