LA LEGGENDARIA SCUOLA DI CHICAGO!

Scritto il alle 09:20 da icebergfinanza

 

Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere la risposta del professor Bisin, ad un articolo apparso su Linkiesta nel quale si chiedeva agli economisti della scuola di Chicago di riconoscere alcuni errori nella loro concezione del mercato.

Ma prima di avventurarci in questa interessante discussione provinciale una premessa è fondamentale.

Come ho già scritto, quando ironicamente accenno ai bocconiani all’amatriciana o ai canederli di Chicago, non significa necessariamente che da quelle Università non escono contributi importanti per il mondo dell’economia, anzi qua e la ci escono delle autentiche perle,  ma che talvolta si da troppo credito ad un manipolo di ideologie fallite che hanno contribuito a creare questa crisi.

Ha ragione il professor Bisin quando dice che la Scuola di Chicago e le persone che vi insegnano non vanno identificate con una squadra di calcio o una maglietta, anche perchè Richard H Taler uno dei massimi esperti di Finanza Comportamentale e psicologia dei processi decisionali che insegna da anni a Chicago sta quotidianamente mettendo in discussione la demenziale ipotesi frutto di alcuni economisti di Chicago che gli agenti economici sono esseri razionali ed operano razionalmente sui mercati.

 “Le persone spesso fanno scelte sbagliate – facciamo questo perché in quanto esseri umani, siamo tutti sensibili a una vasta gamma di distorsioni cognitive che possono portare ad una serie di errori imbarazzanti in materia di istruzione, finanza personale, assistenza sanitaria, mutui e carte di credito, la felicità, e anche il pianeta stesso.”

Detto questo è importante non dimenticare che gli economisti,  sono persone come tutte le altre, anche se la maggior parte di loro vivono su Marte e ben poco sanno di quello che accade sulla Terra, ovviamente non tutti.

Ma prima di occuparci della risposta di Bisin diamo un’occhiata a quello che ha ironicamente affermato lo scorso anno il professore Brad de Long a proposito di alcuni economisti che …

scelgono, per ragioni non economiche e non scientifiche, un orientamento politico e una serie di alleati politici, e girano e regolano le loro ipotesi fino a giungere alle conclusioni che meglio si adattano al loro orientamento e che possono compiacere gli alleati.

Il riferimento a Bernanke calza a pennello, uno che era considerato il massimo esperto della Grande Depressione del ’29 e della doppia “lost decade” giappone, si è fatto sorprendere dalla tempesta perfetta che presentava tutti i sintomi identificativi delle precedenti crisi.  Ma quello che è più importante è che …

(…) Mi sorprende l’entità della catastrofe, ma quello che mi sorprende ancor di più è l’apparente fallimento degli economisti accademici nel prepararsi per il futuro.  Sulla scia della crisi mi aspettavo che i dipartimenti economici di tutto il mondo affermassero che bisogna cambiare i modelli impiegati.

Il fatto è che abbiamo bisogno sempre meno di teorici di mercati efficienti e sempre più di persone che lavorino (…) sui pregiudizi nozionistici. (…) Abbiamo bisogno di più storici delle politiche monetarie ed economiche e meno ideatori di modelli.

Come ho più volte sottolineato mettiamo insieme il meglio delle varie scuole accademiche, le migliori proposte, quelle sostenibili e praticabili e chissenefrega se provengono dai keynesiani, da Chicago o dalla scuola austriaca, purchè come diceva uno dei figli prediletti della stessa scuola di Chicago, non si tratti del contagio ciò che conta rispetto alla validità di un’idea, di una proposta.

Utopia pura, si scannerebbero sul campo da calcio, scenderebbero in campo con l’elmetto!

Detto questo vediamo cosa ha scritto Bisin una nostra vecchia conoscenza soprattutto per la sua ironia sulla cooperazione, tralasciando il riferimento al simbolo per eccellenza del fallimento accademico in questa crisi,  Larry Summers, l’idolo di Fassina si, il responsabile economico del PD (sic) e la leggenda metropolitana sul nozionale dei derivati che si annullano a vicenda.

Se qualcuno di voi non lo sa, l’economia mica è un campo da calcio nel quale si affrontano varie squadre o varie ideologie come dice Bisin, purchè dall’altra parte non vi siano keynesiani visto che sono stati travolti come un tornado dalla leggendaria Scuola di Chicago e dal suo bomber Friedman, Milton per gli amici, lasciandoli con   «…le balle che ancora gli girano» come direbbe Paolo Conte, senza terra sotto i piedi.

Questo metodo, che richiede di studiare economie popolate da agenti  razionali in equilibrio dinamico (lo sappiamo che la parola “razionale” e la parola “equilibrio” possono facilmente essere esposte a ludibrio dal  lettore – o commentatore – non avvezzo alla loro accezione gergale in economia;  ma il lettore si risparmi la battuta ed eviti così una brutta figura)… ( Ndr…soave olezzo di superiorità accademica aggiungo io, tu lettore che non capisci nulla della scienza triste …)

…è a sua  volta diventato dominante, non solo per la sua superiorità logica ma soprattutto  per la sua solidità empirica. Il metodo però, è diventato dominante, non i  risultati.

Santo cielo, superiorità logica, solidità empirica, il metodo è diventato dominante! Bene facciamo un passo in un’altra direzione!

Io la brutta figura la voglio fare e siccome sono un amante dell’analisi empirica sono interessato a scoprire la solidità empirica di economie popolate da agenti razionali in equilibrio dinamico, accezione gergale compresa.

Senza nessun intedimento particolare e ricordando che qualsiasi riferimento è puramente casuale,  sentiamo cosa ci racconta John  Perkins, un economista al servizio del destino manifesto,  un sicario dell’economia…

” … scoprii che le statistiche sono manipolabili in modo da produrre una grande varietà di conclusioni, comprese quelle a sostegno delle preferenze dell’analista.”

Continua Bisin… Economisti neo-keynesiani hanno sostituito i loro padri  intellettuali, che non si sono mai ripresi dalla batosta, hanno  accettato il nuovo metodo e ora popolano l’accademia, incluso la University of  Chicago.

Capito l’antifona, ora capisco perchè Gary Becker, altro economista con tanto di Nobel, dichiarò che si sentiva un guerriero in battaglia insieme alla scuola di Chicago, contro la maggior parte dei suoi colleghi.

Tutto questo non per dire che non vi è distinzione alcuna tra  economisti, che sono tutti d’accordo su tutto, e che Chicago non abbia  ancora una sua peculiarità nel modo di intendere l’economia. È che l’economia  come è concepita in Italia, dibattito tra scuole ideologiche contrapposte, non  esiste (da molto ma molto tempo). L’economia è un metodo comune con diverse  applicazioni (modelli): gli economisti discutono modelli diversi e quanto questi  si avvicinino alla realtà dei dati – basta esser stato ad un seminario in un  buon dipartimento per accorgersi che le discussioni sono spesso vivaci, ma mai  tra “scuole” che parlano linguaggi diversi.

In 20 anni di onorata carriera non ho mai sentito nessuno tacciato di “liberismo”, “mercatismo”, o altri inutili neologismi (al di fuori  dell’Italia, si intende). Ho sentito invece centinaia di discussioni teoriche ed  empiriche sugli effetti della regolamentazione in finanza o in altri mercati,  per usare gli esempi nel post; modelli con implicazioni diverse (anche opposte)  sugli effetti della regolamentazione, dati che possono (e spesso sono)  interpretati in modo diverso (anche opposto). Analisi che trasudano impostazioni  ideologiche spesso (anche gli economisti sono uomini), ma contrapposizioni  ideologiche mai.

Insomma, l’economia è una disciplina con pregi e difetti  discutibilissimi, Chicago è una grande università con un dipartimento  di economia che ha fatto e continua a fare la storia dell’economia, le “scuole” come approcci ideologici distinti sono una finzione che non rappresenta la  disciplina. Quelle che in Italia sono considerate “scuole” alternative, dai  neo-marxisti ai keynesiani vecchio stampo, passando per gli sraffiani sono  approcci sconfitti che oggi sopravvivono in riserve indiane – parte  dell’università italiana ne è un esempio.

Se volete capirne di più di questo linguaggio esoterico e raffinato vi consiglio questo articolo

Questo non significa affatto che non possano risorgere, ma per farlo  hanno bisogno di molto più dell’esegesi simil-biblica a cui da tempo si  esercitano o di analisi ridicolmente superficiali tipo crisi finanziaria=crisi  della finanza come disciplina. Nuovi (non vecchi, nuovi) metodi, diciamo pure “scuole”, si fanno strada nella disciplina (come lo ha fatto la “scuola” di  Chicago negli anni 70). Ad esempio, l’economia comportamentale, che introduce  concetti ed analisi dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze per  ri-calibrare e superare l’ipotesi di razionalità, imponendosi con successo negli  ultimi 10-15 anni. Lo sta facendo attraverso nuovi modelli e soprattutto nuovi  dati, con cui tutti gli economisti oggi si confrontano, Chicago o  non-Chicago.(…) Leggi il resto: Linkiesta

Si qui tutto bene abbiamo compreso che è un problema di modelli e di dati, nessuna ideologia ovviamente se non che a Trento durante il Festival dell’Economia lo stesso Bisin…

 “Gli economisti si sono occupati da tempo di capire qual’è il sistema economico migliore, ovviamente esso dipende da molte varianti, ma per la maggior parte delle ipotesi quello migliore è il sistema di mercato. E se è vero che l’uomo tende a cooperare, è anche vero che lo fa in determinate situazioni. Ad esempio lo abbiamo visto per il terremoto in Emilia, quando succede qualcosa di drammatico le persone cooperano ma poi, lentamente, il fenomeno cala di intensità. Quindi affermare che davanti ai problemi economici gli uomini cooperino sempre è una scorciatoia intellettuale, se così fosse sarebbe tutto perfetto ma non è così.

Figurarsi una scorciatoia intellettuale! Chissà come si dovrebbe invece definire il cammino intellettuale di coloro che da trent’anni portano avanti la teoria del contagio di un’idea per certi versi fallimentare basata sull’utilitarsimo, sul bene assoluto e sulla leggenda del mercato popolato da agenti razionali in equilibrio dinamico…(sic)

Hei ragazzi, tempo scaduto, fine delle trasmissioni. Avete avuto 30 anni per dimostrare che il vostro è il miglior sistema. Il fallimento è evidente, sotto gli occhi di tutti, non tutto è da buttare insieme al bambino ovviamente ma un minimo di autocritica è necessaria.

E invece no dai media ai think tank, dai numerosi blog disseminati per la rete, dalle università alle scuole di manager, il fallimento del mercato viene presentato come il fallimento dello Stato.

Chiariamo un punto! In questa crisi sono fallite tutte le panzane sulle teorie delle aspettative razionali, tutte le barzellette sulla deregulation, quelle sulle capacità divinatorie di autoregolamentazione del mercato e allo stesso tempo è fallita la capacità di regolamentazione dello Stato e una concezione equilibrata di economia sociale di mercato.

Prosegue Bisin…

L’idea di costruire sopra questo concetto un sistema economico mi lascia perplesso”. Se diversi sono i sistemi finanziari fra i vari paesi, e in particolare fra Usa e Europa, uguali sono i risultati: “Negli Stati Uniti la finanza è lasciata al mercato, ovvero alla grandi lobbies, molto più che in Europa, dove è invece la politica a controllare la banche. Ma il risultato è lo stesso, ovvero il sistema finanziario è gestito in maniera inefficiente ovunque: che siano lobbies o politica il sistema finanziario sfugge comunque al controllo”.

Vero è però che il sistema cooperativo del Trentino è davvero efficiente: “Le cooperative qui sono un sistema di governance dell’impresa, si tratta di uno dei casi più interessanti – ha proseguito Bisin -. In Trentino le cooperative funzionano ma per una tradizione storica diversa, per un substrato culturale favorevole e per peculiari condizioni geografiche, visto che il territorio è montuoso, fatto a valli isolate dal punto di vista delle comunicazioni”.

Apriti cielo, la cooperazione funziona solo perchè il territorio è montuoso e fatto di valli isolate dal punto di vista della comunicazione. Bene allora finiamola con la globalizzazione e isoliamoci ognuno nella propria tradizione.

Se c’è una tradizione storica diversa non vedo per quale motivo non possa essere condivisa con altre realtà che hanno conosciuto solo il contagio del capitalismo unico e puro per la felicità di alcuni.

Come ricordava Michele Dorigatti della Federazione Trentina della Cooperative peccato che nel mondo vi siano oltre un miliardo di cooperatori e solo in America la stessa America dove Bisin lavora sono oltre 120 milioni di soci cooperatori e che forse grazie alla cooperazione l’America non si trova in condizioni ancora più disastrose delle attuali.

Ragazzi se vedete Peter fatemelo sapere abbiamo ancora tanto bisogno di lui e del suo principio…

“In una gerarchia, ognuno tende a salire fino a raggiungere il proprio livello di incompetenza”.

Secondo Sutton serve a illustrare l’ascesa al potere della Superclasse che governa il capitalismo mondiale. “Avendo conquistato posizioni nelle quali sono destinati a fallire – sostiene Sutton – cominciano a usare un arsenale di tattiche per dissimulare la loro incompetenza.

Distraggono l’attenzione dai loro errori spostando sistematicamente la colpa su altri.

L’inganno diventa lo strumento per creare l’illusione di un progresso.

Oggi noi siamo sommersi da una marea di imposture, create da quel modo di pensare e di agire”.

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3 commenti Commenta
deportivotralarala
Scritto il 16 Agosto 2012 at 22:12

Post superlativo Andrea. Tutta la mia stima e ammirazione. Raffaele.

paolocogorno
Scritto il 18 Agosto 2012 at 02:03

Complimenti Andrea, mi associo alle righe sopra… è chiarissimo e quasi semplice capire in quali mani è l’economia pseudo-accademica… anche in Italia

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