GRECIA: VERSAILLES E IL FANTASMA DI TOM JOAD!

Scritto il alle 14:02 da icebergfinanza

Probabilmente in molti non conoscono quello che in realtà accade alla fine della prima guerra mondiale, una dinamica che riporta oggi alla memoria quello che sta accadendo alla Grecia anche se le dinamiche sono completamente diverse.

Su WIKIPEDIA troverete una sintesi dell’avvenimento in questione ma a noi interessa dmprendere quali furono le conseguenze del trattato di Versailles e soprattutto le imposizioni che portarono la Germania ad una devastante iperinflazione seguita poi dalla follia del nazismo.

(…) I cosiddetti “quattro grandi” sapevano ancor prima di incontrarsi di voler punire la Germania. La Francia voleva vendetta, il Regno Unito voleva una Germania relativamente forte economicamente per controbilanciare il predominio continentale della Francia, gli Stati Uniti, invece volevano la creazione di una pace permanente il più in fretta possibile, così come la distruzione dei vecchi imperi, mentre l’Italia era desiderosa di poter ampliare i propri possedimenti coloniali e completare, finalmente, l’opera risorgimentale con l’annessione delle terre italiane sotto il dominio Austroungarico. Il risultato fu un compromesso che non lasciò nessuno soddisfatto.(…)

Al di la della superficialità con cui sto trattando l’argomento sarebbe interessante andare in profondità su quanto avvenne in quei giorni e mesi a Versailles. Un ufficiale francese un certo Ferdinand Foch arrivò a suggerire che quella non era una pace ma un armistizio per vent’anni, un pò quello che attende il popolo greco che seguirà la strada imposta dalla comunità europea.

Gli osservatori più acuti, come l’economista britannico John Maynard Keynes, criticarono duramente il trattato: non prevedeva alcun piano di ripresa economica e l’atteggiamento punitivo e le sanzioni contro la Germania avrebbero provocato nuovi conflitti e instabilità, invece di garantire una pace duratura. Keynes espresse questa visione nel suo saggio The Economic Consequences of the Peace (Le conseguenze economiche della pace).

Ma attenzione, facciamo  un passo indietro nella storia! Come ricorda Luciano Gallino di Repubblica…

Nel 1920 il giovane Keynes un´idea ce l´aveva. In merito alle riparazioni follemente punitive imposte alla Germania con il trattato di Versailles del 1919, scriveva in Le conseguenze economiche della pace: “La politica di ridurre la Germania alla servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare della felicità un´intera nazione dovrebbe essere considerata ripugnante e detestabile… anche se non fosse il seme dello sfacelo dell´intera vita civile dell´Europa” (enfasi di chi scrive).Keynes era rimasto colpito durante le trattative, cui aveva partecipato, dall´ottusa incapacità dei governanti delle potenze vincitrici di ragionare sulle conseguenze di misure che strappavano la sovranità economica a intere nazioni. I governanti di oggi non sembrano mostrare una maggiore lungimiranza di quelli di ieri, permettendo alle destre di guadagnare un crescente favore popolare al grido di “l´austerità uccide l´economia” (lanciato tra gli altri da Antonis Samara, leader della destra greca). Un grido destinato a far presa, perché coglie il nocciolo della questione, sebbene provenga paradossalmente dalla parte politica che reca le maggiori responsabilità della crisi.

Che accadrà se l’estrema destra vincerà le elezioni di aprile, che accdrà se come è facilmente presumibile, estremismi e nazionalismi trionferanno al di la di possibili brogli per la causa suprema della comunità europea che probabilmente si precipiterà ai seggi per controllare il regolare svolgimento delle elezioni (sic)!

Abbiamo bisogno di atti rivoluzionari, un atto rivoluzionario in tempi da brividi come ci ricoda il fantasma di Tom Joad, la canzone del grande Bruce Springsteen un fantasma ancora presente nell’America di oggi, come se sessant’anni dopo, ben poco fosse cambiato.

Dopo Versailles non dimentichiamo l’America e il messaggio della Grande Depressione del ’29!

Dice oggi Bruce Springsteen:  “La maggior parte delle cose che ho scritto riguarda l’America di oggi, anche se trovano le loro origini nel passato. Anche la canzone di Tom Joad non è storica, ma è sull’America degli anni ’90…”  e quella attuale aggiungo io, un’ America non molto lontana dalla condizione della classe media italiana.

Era il maggio dell’ormai lontano 2009, quando scrissi un post intitolato L’ultimo-treno nel quale evidenziai come Alan Blinder ex vice governatore della Federal Reserve,  sul New York Times condivise come il 2009 non assomigliasse affatto al 1930 ma quello che dobbiamo evitare è che il 2010 e il 2011 diventino un altro 1936.

Una incredibile crescita dell’economia tra il 1933 e il 1936 e la banca centrale americana, esamina il grande volume di riserve in eccesso accumulate dal sistema bancario ( come avviene oggi) e conclude che quella montagna di liquidità avrebbe foraggiato l’inflazione futura e quindi si mise a aspirarla. Il tutto prosegui nel 1937 attraverso una contrazione della politica monetaria.

Ma contemporaneamente Roosevelt, il presidente americano del New Deal, da un’occhiata al bilancio federale che sembrava essere enorme e conclude che è arrivato il momento di aumentare le tasse e ridurre la spesa pubblica.

Torno a rileggermi l’ultimo pezzo del mio libro nel capitolo sulla Grande Depressione e sono di nuovo brividi…

«Per secoli l’astenersi dal contrarre prestiti aveva protetto la gente dalla negligenza e dalla temerarietà nell’amministrazione della cosa pubblica. I custodi dei pubblici averi negligenti o incauti avevano spesso elaborato complicati argomenti per dimostrare che il pareggio tra entrate e uscite non era segno di virtù. L’esperienza aveva invece dimostrato che, per quanto opportuna sembrasse tale idea al momento immediato, alla lunga intervenivano le difficoltà e il disastro. Quei semplici precetti di un mondo semplice non resistettero in mezzo alle crescenti complicazioni dei primi anni Trenta. La disoccupazione di massa, in particolare, aveva alterato le regole. Gli avvenimenti avevano giocato un pessimo tiro alla gente, ma quasi nessuno tentò di affrontare il problema in modo nuovo» (John Kenneth Galbraith).

Alle prossime elezioni greche porbabilmente trionferà l’estremismo sarà la fine della PACE europea? Strano che la Merkel abbia dichiarato “Se cade l’euro cade l’Europa. Nessuno prenda per garantiti altri 50 anni di pace in Europa”. Si nonna Merkelto soprattutto se si barattano aiuti per due sommergibili o tre carri armati! Vergogna!

Greek President Papoulias Slams German ‘Insults’ as Aid Discussions Stall Bloomberg

Il presidente greco Karolos Papoulias partigiano della resistenza contro l’invasione nazista ha dichiarato:  “Non accetto insulti per il mio paese dal signor Schaeuble,” “Non lo accetto come greco. Chi è il signor Schaeuble per rendere ridicola la Grecia. Chi sono gli olandesi?  Chi sono i finlandesi?   Abbiamo sempre avuto l’orgoglio di difendere non solo la nostra libertà, non solo il nostro paese, ma la libertà di tutti in Europa “

Qualcuno dirà che non vi è stata nessuna guerra, nessun armistizio, nessun trattato ma forse dimentica che in reltà siamo in guerra, una guerra nascosta, subdola, silenziosa, finanziaria! La storia e fondamentale per cercare di comprendere gli errori del passato, la storia ha aiutato Icebergfinanza a comprendere meglio di molti altri questa immensa crisi antropologica, chiunque dimentica il suo passato è destinato a riviverlo!

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11 commenti Commenta
john_ludd
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 15:16

Ottimo come sempre. Colgo l’occasione per raccomandare ai lettori di questo blog un breve articolo del filosofo Giorgio Aganben su La Repubblica di oggi. Magistrale. E’ in sostanza il pensiero di IcebergFinanza e fa quindi piacere che sia riportato sul più importante quotidiano nazionale. Leggere, ritagliare e incorniciare.

Price Action
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 15:25

Diciamo che storicamente il più importante quotidiano italiano è il Corriere della Sera. Oggi è più venduto La Repubblica, anche se di poco, questo sì.
Comunque condivido il pensiero di questo blog.

schwefelwolf
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 16:34

Leggendo (nella sua interezza) il libro di Keynes (che era membro della delegazione britannica a Versailles, fino a quando non se ne andò per protestare contro ciò che vi stava avvenendo) si dovrebbero rilevare alcuni fondamentali punti aggiuntivi:

1) Keynes contestava (oltre alla cieca unilateralità) anche la legittimità del trattato, in quanto aperta violazione dei “14 Punti di Wilson”, che erano stati il presupposto – sottoscritto da ambo le parti – per la firma dell’armistizio.
Versailles era quindi, per Keynes, una disonorevole violazione (alleata – ma soprattutto francese) di un accordo vincolante.
2) Keynes contestava la legittimità della calusola che vedeva imputata alla Germania la “sola e piena responsabilità della guerra” (“Alleinschuld”): clausola che costituiva però il presupposto irrinunciabile per validare il carattere punitivo del trattato stesso.

La Germania si trovava quindi – secondo Keynes – a dover pagare un debito (“riparazioni”) non solo non sostenibile finanziariamente (da parte tedesca), ma neanche moralmente (da parte alleata). Ne derivava – secondo Keynes – l’inevitabile conseguenza di una nuova guerra.

Nota/curiosità al margine: in quel momento il caporale Adolf Hitler erano ancora uno sconosciuto graduato dell’esercito, appena dimesso dal lazzaretto e incaricato di seguire i fermenti politici del capoluogo bavarese Monaco.
Seconda nota/curiosità :anche quell’ufficiale francese “un certo Ferdinand Foch” (Maresciallo di Francia, comandante supremo del Fronte Occidentale, firmatario francese dell’armistizio di Compiègne) non poteva certo immaginare l’esistenza del caporale Hitler, quando, nel ’19, definí il trattato di Versailles – fresco di firma – “solo un armistizio con scadenza a vent’anni”. Evidentemente il ’39 non è stato che l’inevitabile “conseguenza/continuazione” del ’19. Indipendentemente da singoli personaggi storici.

Mi sembra abbastanza arbitrario paragonare la Germania del 1919 (enormemente solida nella sua sostanza, anche se totalmente dissestata dalla guerra e dalla sconfitta), ad una Grecia che ha vissuto per decenni delle esportazioni di uvette ed olive (una delle sue tante gravi crisi finanziarie venne determinata dall’introduzione – da parte francese – di dazi sulle uvette!) e che non è praticamente mai stata in grado di sostenere i costi della popria esistenza.

E’ inutile fare tanti paragoni storici. Gli attuali problemi della Grecia posso essere risolti solo con una nuova bancarotta – o con la disponibilità “pan-europea” di mantenere la Grecia a tempo indeterminato (come hanno fatto per i primi trent’anni di vita della rinata Grecia le tre potenze “tutelari” (Gran Bretagna, Francia e Russia).

In realtà il problema rivela solo – a mio avviso – la folle leggerezza con cui si è pensato – per quarant’anni – che l’utopia europea fosse veramente realizzabile, indipendentemente da duemila anni di Storia che dimostravano il contrario.

icebergfinanza
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 18:39

schwefelwolf@finanza,

Si può girare intorno alla sostanza disquisendo sulla presunta storica solidità della Crande Gemania tralasciando l’innato senso di onnipotenza del suo dna ma un dato di fatto è inequivocabile. La Grecia non è stata lasciata fallire prima in santa pace perchè le fallimentare banche tedesche avrebbero distrutto la presunta virtuosità teutonica. Il resto sono solo chiacchere in libertà!
Andrea

mannoz
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 18:51

schwefelwolf@finanza,

non so se Lei sia tedesco, di certo l’ultima postilla del suo post rivela certe concezioni evidentemente mai sopite nonostante il passato dell’Europa, dei suoi popoli e su presunte gerarchie nazionali.

icebergfinanza
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 19:31

Aggiungo solo che e’ ora di finirla con la storiella del rigore e della virtù teutonica per la Crande Gemania insieme alla Francia ha rinnegato per prima il patto di stabilita e senza export e consumi interni assomiglia ad un cadavere deflazionato! Andrea

giobbe8871
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 21:07

Ben detto Capitan Andrea.

giobbe8871
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 21:11

schwefelwolf@finanza,

e i media tedeschi, eccetto Bild, continuano a dire che le differenze tra Crande Germania ( post 1919 e 1945-1953) e la Grecia prevalgono sulle analogie ( leggesi Debiti ).

Vero Wolf ?

giobbe8871
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 21:13

Si può girare intorno alla sostanza disquisendo sulla presunta storica solidità della Crande Gemania tralasciando l’innato senso di onnipotenza del suo dna ma un dato di fatto è inequivocabile. La Grecia non è stata lasciata fallire prima in santa pace perchè le fallimentare banche tedesche avrebbero distrutto la presunta virtuosità teutonica. Il resto sono solo chiacchere in libertà!

…sai Andrea , cosa vanno dicendo i tedeschi a tal riguardo ?
che tutte le banche , non solo tedesche, si sono salvate dai debiti greci

ahh ahh 😆 8)

giobbe8871
Scritto il 16 Febbraio 2012 at 22:08

e lo dicono un giorno si e l’altro pure 8)

schwefelwolf
Scritto il 17 Febbraio 2012 at 18:18

mannoz@finanza,

Se per “concezioni mai sopite” Lei intende la consapevolezza dell’esistenza di culture, storie, tradizioni e identità diverse e non sempre reciprocamente integrabili, non posso che darLe pienamente ragione.

Dirò di piú: io adoro vedere una Roma italiana, una Berlino tedesca e una Parigi francese. Mi piace andare a Venezia e “repirare” storia veneziana, come ad Amburgo – dove ho vissuto a lungo – mi piaceva l’atmosfera “anseatica”.

Non amo, quindi, “respirare” Turchia a Berlino (Kreuzberg), come non mi piacerebbe respirare “Germania” ad Atene. Esistono cose, tradizioni e culture che non si possono “mischiare” – o almeno: non si dovrebbero mischiare, onde evitare di rovinare ambedue le componenti originarie.

In assoluto: non credo che una società migliori rinunciando alle proprie radici. Credo alla possibilità di un fecondo scambio fra determinate culture diverse e separate, ma non in un indifferenziato mondo multiculturale. Sarà un mio diritto?

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